Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea il requisito di residenza per gli stranieri che richiedevano il reddito di cittadinanza era discriminatorio

(Claudio Furlan /Lapresse)
(Claudio Furlan /Lapresse)

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto non conforme alle norme europee il requisito del reddito di cittadinanza – oggi abolito e sostituito con altre misure – per cui le persone straniere che volevano richiedere il reddito di cittadinanza dovevano essere residenti in Italia da almeno 10 anni, di cui 2 continuativi. Il requisito si applicava a chi era in possesso della cittadinanza di un paese fuori dall’Unione Europea: secondo la sentenza rappresentava «una discriminazione indiretta», perché molto maggiore di quello richiesto dalle leggi europee, che prevedono 5 anni di residenza in un paese europeo per ottenere un permesso come soggiornante di lungo periodo, e quindi poter accedere alle prestazioni assistenziali come i cittadini comunitari. Alla Corte di Giustizia si è rivolto il tribunale di Napoli, nell’ambito di una causa contro due donne accusate di aver falsificato il requisito della residenza per poter ricevere il sussidio.

Già al momento dell’introduzione del reddito di cittadinanza nel 2019 molti esperti ritennero il requisito non solo discriminatorio, ma anche controproducente per una misura che puntava a combattere la povertà: riduceva di fatto la platea delle persone che potevano fare domanda, e lo faceva per quella parte di popolazione che più frequentemente si trova in una condizione di indigenza. Fu però molto voluto dalla Lega, che allora era al governo con il Movimento 5 Stelle.

Come detto il reddito di cittadinanza non esiste più, ed è stato sostituito dall’Assegno di inclusione e dal Supporto per la formazione e il lavoro, che hanno corretto questa stortura: il requisito per la richiesta da parte di persone con cittadinanza fuori dall’Unione Europea è ora di cinque anni, di cui due continuativi.

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