Nel carcere di Prato c’è stata una protesta e poi un detenuto si è suicidato

È stato il 60esimo suicidio di un carcerato in Italia dall'inizio dell'anno

Le mura di un carcere, in questo caso di Civitavecchia (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
Le mura di un carcere, in questo caso di Civitavecchia (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
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Sabato sera un detenuto di 27 anni si è suicidato nel carcere “La Dogaia” di Prato, in Toscana, dove nella notte tra venerdì e sabato una ventina di carcerati del reparto media sicurezza aveva organizzato una protesta. È il sessantesimo suicidio in carcere del 2024 in Italia, ha detto il segretario generale del sindacato Uilpa Polizia Penitenziaria, Gennarino De Fazio. Anche la protesta è stata l’ultima di una serie che ha interessato varie carceri italiane questo mese, in cui le alte temperature hanno peggiorato le condizioni di detenzione già critiche in molte strutture: ce n’è stata una nel carcere di Sollicciano (Firenze), una in quello di Viterbo e una in quello di Trieste.

Il detenuto che si è ucciso era italiano e stava scontando una pena definitiva che si sarebbe dovuta concludere tra otto anni, nel 2032. Si è impiccato nella sua cella: è stato immediatamente soccorso e portato in ospedale, dove è morto poco dopo. Non si sa se fosse tra i detenuti che la sera prima avevano partecipato alla protesta. Avevano rimosso le telecamere e le luci al neon del reparto, lasciandolo al buio, dato fuoco ad alcuni indumenti e lenzuola, e successivamente si erano barricati nelle proprie celle bloccandone l’ingresso con le brande di ferro. Dopo ore di mediazione tra detenuti e agenti di polizia penitenziaria, verso le due di notte, la situazione era tornata sotto controllo.

Non ci sono informazioni precise sui motivi della protesta nel carcere di Prato. Alcune proteste avvenute nelle altre carceri erano cominciate in seguito alla morte o al suicidio di un detenuto, e in generale erano legate alle pessime condizioni di vita nelle strutture detentive, che sono in molti casi sporche, sovraffollate e carenti dei servizi igienici e sanitari basilari. L’estate è sempre il periodo peggiore per i detenuti, perché nelle celle fa caldissimo e si vive male. La settimana scorsa, una trentina di detenuti è stata trasferita dal Regina Coeli di Roma in altri istituti penitenziari a causa del caldo eccessivo, che abbinato al sovraffollamento ha reso impossibile la permanenza nelle celle.

Il sovraffollamento è un problema grave e comune a praticamente tutte le carceri italiane, anche se tecnicamente non a La Dogaia di Prato, dove i detenuti sono meno rispetto alla capienza regolamentare. «Ma è un dato falsato», ha detto al Corriere Fiorentino Donato Nolè, coordinatore nazionale del sindacato della polizia penitenziaria all’interno di FP CGIL, «perché alcuni singoli reparti presentano più reclusi del previsto». La Dogaia è il secondo penitenziario più grande della Toscana e ogni sua cella ospita tre persone in spazi «piuttosto ristretti e fatiscenti» secondo il rapporto dell’associazione Antigone, che si occupa dei diritti dei carcerati.

Oltre a condizioni invivibili per i detenuti, il sovraffollamento crea anche mancanza di risorse per la loro gestione, a partire dalla carenza di personale di polizia penitenziaria, questione che i sindacati che la rappresentano lamentano con regolarità. Le condizioni di lavoro, spesso caratterizzate da turni massacranti e da mancanza di strumenti per gestire le difficoltà dei detenuti, hanno portato tra le altre cose a vari suicidi anche tra gli agenti di polizia penitenziaria. Quest’anno sono stati 6.

– Leggi anche: Si suicidano anche gli agenti di polizia penitenziaria

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.