Carles Puigdemont ha detto che tornerà in Catalogna
Rischia di essere arrestato ma punta a far saltare un accordo per il governo regionale tra i socialisti e la sinistra indipendentista
Sabato il leader indipendentista catalano Carles Puigdemont ha detto che ad agosto tornerà in Catalogna. Puigdemont è all’estero dal 2017, dopo il fallito referendum per l’indipendenza che aveva organizzato come presidente della regione autonoma spagnola. Non è la prima volta che prospetta un suo ritorno, ma il contesto politico è cambiato recentemente ed è probabile che ci provi davvero, principalmente per cercare di far saltare un accordo per il governo catalano tra i Socialisti ed Esquerra Republicana (ERC), il partito indipendentista di centrosinistra.
Puigdemont ha annunciato la sua decisione ad Amélie-les-Bains-Palalda, una cittadina in Francia a soli 25 chilometri dal confine con la Spagna, dal palco dell’evento celebrativo per i quattro anni dalla fondazione del suo partito, Junts per Catalunya, che ha un orientamento di centrodestra. Ha detto che vuole essere in parlamento quando si voterà la fiducia a Salvador Illa, il leader del Partito Socialista catalano (PSC, emanazione del Partito Socialista nazionale del primo ministro Pedro Sánchez), che ha vinto le elezioni regionali dello scorso 12 maggio.
Il risultato più notevole delle elezioni era stato che per la prima volta dal 2003 i partiti indipendentisti non avevano ottenuto la maggioranza nel parlamento catalano. Il PSC, nonostante il buon risultato, non ha la maggioranza in aula (di 68 seggi) e ha cercato allora un’alleanza con ERC. Le trattative sono ormai in una fase avanzata e, in cambio dell’elezione di Illa come presidente della regione, i Socialisti hanno promesso di concedere una maggiore autonomia fiscale alla regione. Il voto di fiducia non è ancora stato fissato, ma dovrebbe avvenire la seconda settimana di agosto.
È in questa occasione che Puigdemont vuole presentarsi in parlamento. Il suo obiettivo, infatti, è impedire un governo regionale senza Junts, arrivato secondo alle elezioni di maggio. Tra l’altro, a livello nazionale, sia ERC sia Junts (con qualche insofferenza) fanno parte della maggioranza progressista di Sánchez. Se il nuovo governo catalano non otterrà la fiducia entro il 26 agosto, per legge andranno convocate nuove elezioni entro il 13 ottobre. Puigdemont è convinto che in questo caso il suo partito aumenterebbe i consensi.
È una scommessa rischiosa per Puigdemont, che però ha detto che tornerà in Catalogna «costi quel che costi». Il politico indipendentista ha chiesto a Sánchez di evitare un arresto a suo dire «illegale»: all’inizio del mese, infatti, il Tribunale Supremo spagnolo aveva negato la concessione dell’amnistia per le azioni a favore dell’indipendenza a Puigdemont, stabilendo che la legge per l’amnistia ai leader indipendentisti catalani, approvata in parlamento a maggio, non si applica a uno dei reati di cui è accusato lui, ossia l’appropriazione indebita di fondi pubblici.
Puigdemont, quindi, è ancora ricercato dalla giustizia spagnola: se tornerà in Spagna verrà arrestato. Un gesto così eclatante metterebbe in difficoltà sia i Socialisti catalani sia i loro possibili alleati di ERC.
Per ERC sarebbe problematico entrare in una coalizione con i Socialisti dopo l’eventuale arresto di quello che, anche se ha meno consensi di un tempo, resta un politico molto influente nel campo indipendentista. Sarebbe ancora più difficile accettarlo per gli iscritti di ERC, che dovrebbero approvare l’alleanza. ERC e Junts sono stati a lungo alleati in Catalogna: hanno governato insieme fino all’ottobre del 2022.