Breve storia del “chavismo”
Hugo Chávez fu l’ideatore di una dottrina politica che mischiava populismo di sinistra e richiami alla lotta di liberazione dell’America Latina: oggi è la persona più citata nei discorsi del presidente venezuelano Nicolás Maduro
di Rodolfo Toè
C’è una figura che Nicolás Maduro, l’attuale presidente venezuelano, evoca molto spesso nei comizi della propria campagna elettorale, in vista delle elezioni di domenica: è quella dell’ex presidente Hugo Chávez, che ha guidato il Venezuela prima di Maduro per quattordici anni e che è morto nel 2013. Sui suoi profili social, Maduro si descrive come «figlio di Chávez». Durante i comizi fa spesso riferimento al «comandante Chávez», presentandosi come il primo presidente «chavista e operaio della storia». Durante la campagna elettorale, i suoi richiami a Chávez hanno assunto a tratti delle sfumature quasi mistiche. Il giorno delle elezioni, domenica 28 luglio, sarà infatti anche il 70esimo anniversario della nascita di Chávez: Maduro ha promesso di «regalargli la vittoria».
Undici anni dopo la morte di Chávez, il chavismo, che Maduro e il suo partito (e i suoi sostenitori, che si definiscono chavisti) dicono di difendere, in Venezuela è diventato un’ideologia codificata. Sul suo sito, la stessa presidenza venezuelana ha un breve opuscolo che spiega quali sono i valori su cui si fonda, intitolato appunto: «Che cos’è il chavismo».
Hugo Chávez non era un politico di carriera, ma un militare. Trascorse tutta la sua vita professionale nell’esercito e nel 1992 tentò di diventare presidente con un colpo di stato, senza riuscirci. Nel 1998 vinse le elezioni presidenziali, ottenendo il 56 per cento dei voti. In un momento in cui il Venezuela si trovava in una crisi economica, e in cui molti cittadini cominciavano a mettere in discussione la politica tradizionale del paese e l’egemonia dei suoi due partiti tradizionali, il socialdemocratico Azione Democratica (AD) e il partito centrista Comitato di Organizzazione Politica Elettorale Indipendente (COPEI), Chávez vinse le elezioni basando la sua campagna sulla promessa di rivoluzionare la politica venezuelana e con un programma di sinistra, incentrato sulla lotta alla corruzione e alla povertà.
«A quell’epoca, sembrava che i venezuelani cercassero qualcuno capace di vendicarli», ha spiegato il giornalista venezuelano Alonso Moleiro. «Moltissima gente pensava che Chávez sarebbe stato un leader democratico, che rappresentasse un’opportunità per rigenerare la democrazia venezuelana, però si sbagliarono. Chávez fu il primo grande populista carismatico del nostro tempo».
Chávez rimase alla presidenza del Venezuela quasi ininterrottamente (se si esclude un breve periodo nel 2002) fino alla sua morte, nel 2013. Riuscì a governare grazie al sostegno dell’esercito ma mantenendo, almeno formalmente, una parvenza di democrazia in Venezuela, e senza sospendere mai le elezioni. Al tempo stesso però durante gli anni in cui fu presidente il suo governo divenne sempre più autoritario: Chávez aumentò i poteri della presidenza, annullò l’indipendenza del potere giudiziario, discriminò l’opposizione e i media critici nei suoi confronti, restrinse notevolmente la libertà di espressione e di associazione nel paese.
Vinse le elezioni presidenziali altre tre volte: nel 2000, nel 2006 e nel 2012. Alla base del suo successo elettorale e del sostegno di cui godeva c’era una retorica populista e anti-capitalista, che Chávez diceva essere ispirata da Simón Bolivar, eroe rivoluzionario di origini venezuelane (e, in realtà, di idee liberali più che socialiste) che all’inizio del Diciannovesimo secolo contribuì a liberare buona parte dell’America Latina dalla colonizzazione spagnola.
Chávez non parlava mai di chavismo, che era invece un termine usato per lo più dagli osservatori esterni per descrivere la sua ascesa e l’aumento del suo potere personale: lui sosteneva di condurre una lotta per «il socialismo del Ventunesimo secolo» e una «rivoluzione bolivariana» contro il «liberismo selvaggio» e «l’imperialismo» degli Stati Uniti d’America.
Bolivar era già l’oggetto di un grande culto popolare in Venezuela (la piazza e il viale principale di ogni città venezuelana sono solitamente dedicati a Bolivar, l’aeroporto del paese porta il suo nome, la valuta venezuelana è, per l’appunto, il Bolivar), e Chávez lo sfruttò per aumentare la propria popolarità: una delle sue prime decisioni fu di cambiare il nome del paese, rinominandolo Repubblica Bolivariana di Venezuela. Alle riunioni di governo lasciava una sedia vuota, per accogliere lo spirito di Bolivar. Nel 2010, ufficialmente per chiarire le cause della sua morte, Chávez fece anche riesumare il suo corpo, durante una cerimonia piuttosto bizzarra in cui si mise a conversare con le sue ossa, pregò Gesù Cristo di resuscitarlo «come Lazzaro», e quindi lo seppellì nuovamente, in una nuova bara che aveva il sigillo del proprio governo.
La retorica anticapitalista di Chávez si rivolgeva principalmente contro gli Stati Uniti, che all’epoca (dal 2001 al 2009) erano governati dall’amministrazione Repubblicana di George W. Bush. Nel 2006, Chávez tenne un discorso all’assemblea generale delle Nazioni Unite, che dedicò interamente a criticare gli Stati Uniti. Fu uno dei suoi discorsi più famosi, in cui si riferì al presidente Bush come al «diavolo». Bush aveva parlato all’assemblea generale soltanto il giorno prima. «Qui c’è ancora puzza di zolfo», disse Chávez nei primi minuti del suo intervento, facendosi il segno della croce.
Queste posizioni contribuirono moltissimo alla sua popolarità, in Venezuela ma anche in molti paesi dell’America Latina, dove nei primi anni Duemila si affermarono diversi politici di sinistra. Chávez fu tra i principali sostenitori della creazione di un blocco che si opponesse all’influenza degli americani nella regione, che lui chiamò Alleanza Bolivariana per le Americhe (ALBA), e mantenne legami molto stretti con altri regimi e leader autoritari, tra gli altri Fidel Castro a Cuba, Vladimir Putin in Russia e l’allora presidente dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad (conservatore e populista).
Tra i cittadini del Venezuela però la popolarità di Chávez era soprattutto dovuta alle sue politiche economiche, basate su importanti nazionalizzazioni e su programmi di spesa pubblica, finanziati dai profitti delle imponenti riserve petrolifere venezuelane (il Venezuela è il paese che ha le maggiori riserve di petrolio al mondo), in anni in cui il prezzo del petrolio crebbe molto.
Questi programmi di spesa, chiamati «missioni», erano pensati per favorire l’accesso dei venezuelani più poveri ai servizi di base, ai beni di prima necessità e alle case popolari. Ebbero risultati ambivalenti: da una parte migliorarono le condizioni di vita per parte della popolazione più povera del Venezuela (tra cui Chávez fu molto popolare); dall’altra molti critici sottolinearono che la rendita petrolifera avrebbe potuto essere impiegata per risolvere i problemi strutturali dell’economia venezuelana, che invece rimase eccessivamente dipendente dalle proprie esportazioni di petrolio. «Chávez non rese i poveri meno poveri, ma li rese più felici, allo scopo di prolungare la propria permanenza al potere», ha scritto la giornalista venezuelana Maye Primera, descrivendo la storia degli ultimi vent’anni del paese.
Nei 14 anni in cui fu alla presidenza del paese, Hugo Chávez fu un personaggio molto popolare e controverso, che polarizzò moltissimo l’opinione pubblica in Venezuela.
Tra i suoi sostenitori si sviluppò nei suoi confronti un certo culto della personalità, alimentato anche dal suo desiderio di apparire un leader vicino ai cittadini e dalla sua grande esposizione mediatica, soprattutto in televisione: ogni domenica, Chávez appariva in un programma televisivo, Aló Presidente (Pronto Presidente), che durava tra le quattro e le otto ore, durante il quale Chávez parlava con i cittadini, prendeva decisioni di governo, visitava cantieri e fabbriche. Cristina Marcano e Alberto Barrera, gli autori di una biografia di Chávez, sostengono che avesse «l’abilità di un televangelista».
Chávez morì di cancro il 5 marzo del 2013, pochi mesi dopo aver vinto le elezioni presidenziali per la quarta volta. Dopo la sua morte, il governo venezuelano per un po’ discusse se preservare il suo corpo imbalsamandolo, prima di rinunciare definitivamente all’idea. Oggi il corpo di Hugo Chávez è conservato in un mausoleo. Ogni giorno, alle 16:25 (l’ora della sua morte), i militari che lo sorvegliano sparano un colpo di cannone e urlano: «Chávez vive, carajo! La patria sigue!» («Chávez è ancora vivo, dannazione! La patria lo segue!»).
Poco prima di morire, Chávez nominò come suo successore Nicolás Maduro, che apparteneva al suo partito, il Partito Socialista Unito Venezuelano (PSUV) e che all’epoca era vicepresidente. Maduro vinse le elezioni presidenziali convocate subito dopo la morte di Chávez: è alla guida del paese da allora, da undici anni. Durante questo periodo la situazione nel paese è peggiorata molto: il Venezuela ha attraversato la peggior crisi economica della sua storia e Maduro ha mantenuto uno stile di governo molto autoritario, continuando a fare affidamento sul sostegno dell’esercito. La sua popolarità è calata nel corso degli anni.
Alle ultime elezioni presidenziali, nel 2018, Maduro è riuscito a vincere solo grazie a brogli diffusi, in conseguenza dei quali gli Stati Uniti hanno approvato delle pesanti sanzioni economiche che hanno ulteriormente indebolito l’economia venezuelana.
La memoria di Chávez e il giudizio sui suoi anni come presidente del Venezuela sono ancora oggi molto controversi: secondo molti esperti, le politiche economiche di Chávez, in particolare l’incapacità di modernizzare l’industria petrolifera del paese e di diversificare l’economia del Venezuela, sono state alla base della grave crisi economica degli ultimi dieci anni, che ha portato più di 7 milioni di cittadini venezuelani a lasciare il paese.
Molti chavisti, comunque, faticano a riconoscere le responsabilità di Chávez, dal momento che la sua morte avvenne anni prima della grave crisi economica. Alcuni sondaggi realizzati lo scorso anno, in occasione del decimo anniversario della morte, mostravano come Chávez godesse ancora di un grande sostegno tra i venezuelani. «La popolarità di Chávez è sempre rimasta piuttosto alta dal momento della sua morte in poi, e questo non è tanto strano, perché in realtà la gente associa il suo ricordo a un periodo in cui le condizioni di vita erano migliori rispetto a quelle attuali», ha detto a El Pais Luis Vicente León, il direttore dell’agenzia di sondaggi Datanalisis che negli anni ha condotto diversi sondaggi sull’argomento: «Chávez morì poco dopo aver vinto un’elezione e resta come congelato in una fotografia, un po’ come James Dean e Marilyn Monroe. Non è mai invecchiato, e molti oggi si ricordano solo dei lati positivi del suo governo.»