In Toscana è stata autorizzata una richiesta di morte assistita finora negata, applicando l’ultima sentenza della Corte Costituzionale

Membri dell'associazione Luca Coscioni durante il deposito delle firme per il referendum sull'eutanasia legale, davanti alla Corte di Cassazione nel 2021 (ANSA/FABIO FRUSTACI)
Membri dell'associazione Luca Coscioni durante il deposito delle firme per il referendum sull'eutanasia legale, davanti alla Corte di Cassazione nel 2021 (ANSA/FABIO FRUSTACI)

Venerdì, dopo settimane di dinieghi, l’Azienda USL Toscana Nord-Ovest ha infine accolto la richiesta di accesso alla morte assistita presentata mesi fa da una paziente di 54 anni affetta da sclerosi multipla progressiva: l’azienda sanitaria ha cambiato posizione grazie all’ultima sentenza sul tema della Corte Costituzionale, che ha parzialmente esteso l’interpretazione di uno dei requisiti per accedere alla pratica, cioè quello dell’essere mantenuti in vita da “trattamenti di sostegno vitale”. L’autorizzazione di venerdì è di fatto la prima applicazione diretta della sentenza, pubblicata lo scorso 18 luglio.

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La morte assistita è la pratica con cui, ad alcune condizioni, ci si può auto-somministrare un farmaco letale: in Italia è legale non grazie a una legge, che non è mai stata approvata, ma per via di un’altra sentenza della Corte Costituzionale, che tra le altre cose ha stabilito i quattro requisiti per poter accedere alla pratica, tra cui quello del trattamento di sostegno vitale. Finora questo requisito era stato interpretato in modo piuttosto restrittivo, come l’essere dipendenti da respiratori o ventilatori meccanici: nella sentenza del 18 luglio però la Corte Costituzionale ha detto che l’interpretazione del requisito va valutata caso per caso e può comprendere anche casi diversi. Tra le altre cose, i giudici hanno detto che nel valutare la dipendenza di un paziente da un trattamento di sostegno vitale non si può distinguere tra chi è già sottoposto a quei trattamenti e chi non lo è ancora, ma ne ha ormai necessità per sopravvivere.

È stato proprio il caso della paziente toscana. La donna, di cui non si conosce l’identità, è completamente paralizzata a causa della sua patologia. Aveva rifiutato di essere sottoposta a nutrizione artificiale, di cui avrebbe avuto bisogno per sopravvivere, facendo invece richiesta di accesso a morte assistita, per morire nel momento e nel modo in cui lei aveva scelto. Come in molti altri casi, l’azienda sanitaria locale si era rifiutata di verificare le sue condizioni e aveva equiparato il rifiuto di sottoporsi a nutrizione artificiale all’assenza di trattamento di sostegno vitale, costringendola di fatto a restare in vita col rischio di morire tra ulteriori sofferenze, per esempio soffocando. Dopo l’ultima sentenza della Corte, l’azienda ha invece riconosciuto che la donna ha tutti i requisiti legalmente previsti per poter accedere a morte assistita, compreso quello della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale.