Perché in Nepal cadono così tanti aerei
C'entrano la morfologia del territorio, la scarsa manutenzione della flotta, la mancanza di formazione del personale di bordo e un grosso conflitto di interessi
Mercoledì scorso un piccolo aereo in partenza dall’aeroporto internazionale Tribhuvan di Kathmandu, in Nepal, ha virato a destra circa 20 secondi dopo il decollo e si è schiantato al suolo. Sono morte 18 delle 19 persone a bordo: si è salvato solo il pilota. Non si conoscono le ragioni dell’incidente, ma quello che si sa è che gli incidenti aerei in Nepal sono un evento meno raro che altrove: secondo i numeri pubblicati nel report annuale dell’Autorità per l’aviazione civile nepalese (CAAN), tra il 2013 e il 2022 ci sono stati 38 incidenti, 14 dei quali hanno causato morti. Reuters dice che dal 2000 a oggi sono morte più 360 persone in incidenti aerei nel paese. Nello stesso periodo in Italia ci sono stati 17 incidenti, considerando i voli commerciali e quelli privati e il numero totale delle vittime dal 2000 al 2020 è di 187.
Il Nepal è un piccolo paese dell’Asia meridionale, schiacciato tra il Tibet e l’India; è grande più o meno la metà dell’Italia e ha 30 milioni di abitanti. Le sue montagne coprono il 75 per cento del territorio, che ospita 7 delle 14 vette del mondo sopra gli ottomila metri, tra cui l’Annapurna e l’Everest, sul confine con la Cina. In generale in Nepal si trova buona parte della catena montuosa dell’Himalaya, che si estende poi anche in altri paesi della regione.
Il territorio prevalentemente montuoso è il primo dei motivi che vengono citati per spiegare come mai pilotare un aereo in Nepal è più difficile che altrove. Sempre secondo i dati dell’Autorità per l’aviazione civile nepalese, il 42 per cento degli incidenti avvenuti negli ultimi dieci anni può essere classificato come CFIT, controlled flight into terrain: sono incidenti in cui l’aereo si schianta al suolo, contro il dorso di una montagna, in uno specchio d’acqua o qualsiasi altro ostacolo mentre si trova ancora sotto il controllo del pilota.
In sostanza, il pilota e l’equipaggio non si rendono conto che l’aereo sta volando contro qualcosa perché non hanno dati corretti (o non interpretano correttamente i dati) sulla posizione precisa dell’aereo e la conformazione del terreno su cui sta volando (per esempio, l’altezza e la posizione delle montagne, appunto). A queste difficoltà si aggiunge anche il meteo, che cambia velocemente influendo sulla velocità e sull’intensità dei venti oltre che sulla visibilità. I CFIT sono stati la causa del 93 per cento delle morti durante un incidente aereo negli ultimi dieci anni, secondo la CAAN.
Proprio per via della conformazione del territorio, spesso gli aeroporti nepalesi sono piccoli e incastonati tra le colline o le montagne, e hanno delle piste più corte di quelle che si possono costruire su un terreno pianeggiante e che siamo abituati a vedere nella maggior parte dei grandi aeroporti internazionali. Per esempio l’aeroporto di Lukla, che è quello che serve l’area attorno all’Everest, è scavato sul fianco di una montagna a un’altitudine di 2.843 metri, e si è guadagnato per questo la fama di uno degli aeroporti più pericolosi del mondo.
Queste caratteristiche implicano da un lato un aumento del rischio di incidenti di tipo CFIT (appunto perché ci sono più ostacoli attorno alla pista, le condizioni meteo sono difficili ed è più difficile valutare la posizione), ma anche di quelli di tipo RE (“runaway excursion”, uscita di pista): sono quelli in cui l’aereo non riesce a decollare in tempo prima della fine della pista, non riesce a frenare in tempo durante l’atterraggio, oppure per qualche motivo vira di lato.
Nel caso del Nepal questa è stata la causa del 33 per cento degli incidenti negli ultimi dieci anni e la causa del 4 per cento delle morti, sempre secondo la CAAN.
Oltre ai fattori legati alla conformazione del territorio ci sono poi quelli che hanno a che fare con l’organizzazione dell’aviazione in Nepal e che rendono le compagnie del paese tra le più inaffidabili al mondo. Nel 2013 l’Unione Europea vietò a tutte le compagnie nepalesi, compresa quella di bandiera, la Nepal Airlines, di volare sul territorio degli allora 28 paesi membri (c’era ancora il Regno Unito, uscito qualche anno dopo con Brexit). Il divieto è ancora in vigore.
Tra i motivi di questa decisione c’è il fatto che la flotta nepalese è vecchia, e gli interventi di manutenzione non sono condotti in modo regolare e affidabile. In seguito all’incidente di mercoledì scorso, per esempio, il New York Times ha scritto che l’aereo che si è schiantato avrebbe dovuto essere sottoposto a una serie di pesanti interventi di manutenzione, previsti normalmente ogni 18 mesi, al massimo ogni 2 anni. Nonostante non fossero stati completati, l’aereo è stato autorizzato comunque a partire.
C’è poi un tema di formazione dei piloti e del personale di bordo. Il peggiore incidente aereo in Nepal negli ultimi trent’anni avvenne a Pokhara nel gennaio del 2023, pochi secondi prima dell’atterraggio. L’aereo trasportava 72 persone, compresi 4 membri dell’equipaggio: morirono tutti. Un’indagine governativa appurò in seguito che molto probabilmente la caduta dell’aereo fu provocata dallo spegnimento accidentale dell’alimentazione dei motori: secondo il report i piloti confusero due leve con funzioni diverse nel pannello di controllo, causando il disastro.
In quell’occasione l’indagine citò espressamente l’inadeguata formazione dei piloti e dello staff di volo tra le cause dell’incidente, oltre che lo stress e l’eccessivo carico di lavoro.
Secondo gli esperti, l’inefficienza dell’aviazione nepalese potrebbe avere una ragione strutturale che va al di là della più ovvia, ovvero le scarse risorse economiche del paese: diversamente da quanto accade in buona parte del mondo, infatti, in Nepal l’Autorità per l’aviazione civile (che si occupa della sicurezza, della formazione del personale, del monitoraggio e della regolamentazione tecnica) è la stessa che gestisce decine di aeroporti e servizi aeroportuali. Esiste cioè un grosso conflitto di interessi, perché il controllante e il controllato sono la stessa cosa.
Ad agosto del 2022 l’International civil aviation organization (ICAO), un’agenzia autonoma delle Nazioni Unite che si occupa della sicurezza e dell’efficienza dell’aviazione civile, chiese al governo nepalese di dividere l’Autorità in due, separando servizi e regolamentazione. In Nepal si discute della necessità di questa riforma da oltre dieci anni, ma nessun governo è riuscito a farla approvare.
Secondo quanto scrive il Kathmandu Post, le resistenze hanno a che fare con gli interessi dei funzionari e dirigenti dell’Autorità. Per esempio il sistema consente al direttore generale della CAAN sia di emettere le gare d’appalto, sia di supervisionare sulla conformità dei progetti con le normative aeronautiche. «Nessuno vuole perdere questa capacità d’azione e questo potere» ha detto Rameshwar Thapa, il presidente dell’Airlines Operators Association of Nepal, un’organizzazione non profit che si occupa di sicurezza aerea.
Approvare la riforma, tuttavia, potrebbe portare con sé dei vantaggi economici, oltre che di sicurezza. Prima di tutto, dal momento che l’Unione Europea aveva citato anche questa tra le ragioni del veto imposto alle compagnie nepalesi, la riforma potrebbe incentivarla a considerare di toglierlo, permettendo al Nepal di accedere a un nuovo mercato. In secondo luogo, la percezione di una maggiore sicurezza e affidabilità dell’aviazione civile potrebbe incentivare l’arrivo di turisti stranieri.