L’atleta condannato per lo stupro di una 12enne che parteciperà alle Olimpiadi
L'olandese Steven van de Velde – la cui vicenda giudiziaria risale ad alcuni anni fa – giocherà nel torneo di beach volley, ma la sua ammissione ai Giochi è molto contestata
Alle Olimpiadi di Parigi, che cominciano ufficialmente venerdì sera, parteciperà anche Steven van de Velde, un giocatore di beach volley dei Paesi Bassi che nel 2016 è stato condannato a quattro anni di carcere per aver stuprato una ragazzina di dodici anni. La sua ammissione ai giochi è stata molto contestata: le associazioni a sostegno delle donne vittime di violenza hanno diffuso online petizioni per chiedere che vengano escluse dai giochi le persone che hanno commesso reati sessuali, mentre i comitati olimpici di altri paesi hanno criticato la federazione dei Paesi Bassi che ha convocato Van de Velde, dicendo che se si fossero trovate nella stessa condizione non lo avrebbero accettato nella loro delegazione. Il Cio, il Comitato olimpico internazionale, non ha regole valide per tutti sulla selezione degli atleti e lascia la decisione ai singoli Paesi.
Il Comitato olimpico e la Federazione di pallavolo dei Paesi Bassi hanno detto a The Athletic che la sua ammissione nella delegazione è stata approvata «dopo un’attenta valutazione». A differenza degli altri atleti Van de Velde non sta alloggiando nel villaggio olimpico e non può parlare con i giornalisti: sono misure decise dal comitato olimpico dei Paesi Bassi per limitare le attenzioni dei media su di lui.
La violenza sessuale per cui Van de Velde venne condannato risale all’agosto del 2014, quando aveva 19 anni (oggi ne ha 29). Secondo quanto venne ricostruito nel processo aveva conosciuto la ragazzina su Facebook: i due si erano scambiati messaggi per alcuni mesi, finché lui decise di incontrarla andando nella cittadina inglese in cui viveva, Milton Keynes, a nord-ovest di Londra. Durante il loro incontro ci fu il rapporto sessuale giudicato non consensuale per cui poi Van de Velde venne condannato: si seppe perché la ragazzina si era rivolta a un consultorio per chiedere la pillola del giorno dopo – su consiglio dello stesso Van de Velde, che non aveva usato contraccettivi – e il personale della struttura allertò la polizia e la famiglia della ragazzina.
Nel 2015 fu emesso un mandato di arresto europeo per Van de Velde, che nel frattempo era tornato nei Paesi Bassi, con l’accusa di violenza su una minore: all’epoca lui aveva già una carriera avviata e si pensava che potesse partecipare alle Olimpiadi di Rio de Janeiro dell’anno successivo. Nel 2016 fu estradato nel Regno Unito e condannato a quattro anni di detenzione dopo essersi dichiarato colpevole. Passò in tutto tredici mesi in carcere: un anno in Inghilterra e un mese nei Paesi Bassi, dove la sua pena venne ridotta.
Durante il processo emersero diversi dettagli su questa storia (come il fatto che la ragazzina avesse iniziato a infliggersi del male fisico e che avesse subito grossi danni emotivi e psicologici), che attirarono ancora maggiori critiche a Van de Velde da parte dei media e dell’opinione pubblica. I giornali ne parlavano come di un atleta la cui carriera si poteva ormai considerare finita.
Qualche giorno fa l’ufficiale tecnico del comitato olimpico dei Paesi Bassi, Pieter van den Hoogenband, ha detto che non ha intenzione di minimizzare quello che è successo, ma che «dobbiamo rispettarlo e aiutarlo come membro della squadra per poter essere in grado di fare bene».