Il governo è favorevole alle bodycam sulle divise degli agenti, non ai codici identificativi
Il sottosegretario al ministero dell'Interno ha annunciato un emendamento solo sulle prime, secondo le opposizioni sarebbero necessari anche i secondi
Giovedì il sottosegretario al ministero dell’Interno, Nicola Molteni, ha detto che il governo presenterà un emendamento per introdurre le bodycam sulle divise degli agenti di polizia, cioè videocamere che servono a riprendere quello che accade di fronte a loro, ma ha aggiunto che la misura non riguarderà i codici identificativi. Diversi esponenti dell’opposizione hanno criticato questa ambivalenza, sostenendo che per risultare davvero efficaci le due misure dovrebbero essere rese entrambe obbligatorie.
L’emendamento dovrebbe essere introdotto in un disegno di legge sulle forze dell’ordine contenuto nel cosiddetto “pacchetto sicurezza”, un insieme di tre disegni di legge che furono approvati dal Consiglio dei ministri lo scorso novembre. Il testo è stato poi presentato alla Camera per la conversione in legge a gennaio di quest’anno. Tra le altre cose, prevede che gli agenti delle forze dell’ordine possano portare con loro un’arma diversa da quella di ordinanza quando non sono in servizio, senza licenza (cosa che aveva suscitato molte proteste tra i partiti di opposizione) e un aumento della pena per chi commette reati come violenza, minaccia, resistenza e lesioni nei confronti di un agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria.
La versione del testo approvata del Consiglio dei ministri non contiene riferimenti alle bodycam né ai codici identificativi. Ieri però Molteni ha detto che il governo intende presentare (e approvare) un emendamento per l’introduzione delle bodycam sulle divise, «a tutela degli operatori delle forze di polizia che mai si sottraggono e si sono sottratte a verità e trasparenza». Secondo il sottosegretario invece i codici identificativi «sono strumenti contro le forze di polizia», e quindi non verranno introdotti. Mercoledì, durante la discussione degli emendamenti in commissione alla Camera, sono stati respinti vari emendamenti presentati da esponenti di opposizione che proponevano l’introduzione sia delle bodycam che dei codici.
Le bodycam sono videocamere indossabili dagli agenti durante le ore di servizio, che servono a riprendere quello che fanno e quello che accade di fronte a loro. Possono già essere utilizzate dalle forze dell’ordine, ma non sono obbligatorie e la loro diffusione è limitata. Furono introdotte tra le dotazioni degli agenti nel 2022, con una circolare del ministero dell’Interno che stabiliva la consegna di 949 videocamere in tutto tra gli agenti della polizia, dei reparti mobili e dei carabinieri. Secondo la circolare, le bodycam devono essere montate all’altezza delle spalle e del petto e devono essere attivate solo in situazioni considerate potenzialmente pericolose. Una volta finito il turno i filmati devono essere scaricati su uno spazio di archiviazione, a cui possono accedere solo alcuni operatori della polizia scientifica, ed eliminati dalla memoria della videocamera. I filmati devono essere conservati per sei mesi.
Negli ultimi anni le bodycam sono state fornite anche agli agenti dell’amministrazione penitenziaria, ma al momento non sono disponibili dati aggiornati sulla loro diffusione. Non è chiaro se l’emendamento che il governo intende introdurre renderà obbligatorio l’uso delle bodycam per tutti gli agenti delle forze dell’ordine, oppure si limiterà a consigliarne l’uso.
I codici identificativi sono codici numerici unici che vengono assegnati a tutti gli agenti per permettere la loro identificazione da parte dei comuni cittadini. In Italia non sono mai stati introdotti, nonostante se ne discuta da almeno vent’anni e in questo arco di tempo siano state presentate diverse proposte di legge sul tema. Sono invece obbligatori in molti paesi europei, tra cui Francia e Spagna. La loro introduzione è inoltre stata incoraggiata da vari organi internazionali, tra cui il Parlamento Europeo.
Dell’uso dei codici si torna a discutere ciclicamente quando ci sono scontri o episodi violenti che coinvolgono le forze dell’ordine italiane. Se ne è parlato lo scorso ottobre, quando la polizia caricò un corteo di studenti che manifestava contro la visita a Torino della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, e di nuovo a febbraio, quando la polizia caricò dei cortei di studenti a Pisa e Firenze che manifestavano a favore della causa palestinese.
In Italia si sono sempre opposti i sindacati di polizia, secondo cui i codici sarebbero inutili e potenzialmente pericolosi. In questi giorni Stefano Paoloni, il segretario generale del Sindacato autonomo di polizia, ha detto che i codici sono «desueti» e mettono «a rischio gli operatori di polizia, trasformandoli in bersagli facilmente individuabili». Paoloni si è invece detto favorevole a un uso più esteso delle bodycam. La stessa posizione è sostenuta da Felice Romano, segretario generale del Sindacato italiano unitario dei lavoratori e della polizia.
Secondo alcuni esponenti di opposizione, l’uso delle bodycam senza i codici sarebbe inefficace: «Non c’è una sola ragione per rifiutare gli identificativi, non c’è nulla di vendicativo o punitivo», ha detto il segretario di +Europa Riccardo Magi. Secondo Devis Dori e Filiberto Zaratti, di Alleanza Verdi e Sinistra, «le bodycam vanno bene finalmente, ma non sono sufficienti senza i codici identificativi che la destra esclude perché ha una visione unilaterale dell’ordine pubblico: se accadono disordini tutti i protagonisti devono essere identificati». Tutti e tre i deputati avevano presentato degli emendamenti al disegno di legge in discussione alla Camera, che sono stati respinti.