Il ricorso della Commissione Europea contro l’assegno unico italiano

Del caso dovrà occuparsi la Corte di giustizia, perché per come è pensato il sussidio penalizzerebbe i cittadini di altri Stati membri

(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
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Giovedì la Commissione Europea ha detto che farà ricorso contro l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione Europea per l’assegno unico e universale per i figli a carico, un sussidio per le famiglie attivo in Italia dal marzo del 2022. Secondo la Commissione l’assegno violerebbe i diritti dei cittadini di altri Stati membri che lavorano in Italia sanciti dalle norme e dai trattati europei, su cui il tribunale competente è appunto la Corte di giustizia dell’Unione Europea.

L’aspetto ritenuto discriminatorio dalla Commissione Europea è l’obbligo per il genitore di risiedere in Italia da almeno due anni e per i figli di risiedere in Italia, due requisiti necessari per beneficiare del sussidio. Secondo la Commissione questa condizione penalizzerebbe i lavoratori di altri paesi dell’Unione che si sono trasferiti da poco in Italia, che hanno lasciato altrove la propria famiglia o che lavorano in Italia pur vivendo in un altro paese.

La Commissione ha ribadito che le leggi europee e i trattati alla base dell’Unione vietano di discriminare in base alla nazionalità, in particolare per quanto riguarda i paesi membri. Inoltre il Regolamento europeo sulla previdenza sociale vieta di imporre requisiti di residenza per il ricevimento di sussidi sociali. In un comunicato la Commissione ha scritto che «i lavoratori mobili che contribuiscono allo stesso modo al sistema di previdenza sociale e pagano le stesse tasse dei lavoratori locali hanno diritto agli stessi sussidi».

L’assegno unico era stato approvato dal governo nel 2021 ed era entrato in vigore nel 2022. La Commissione aveva notificato formalmente all’Italia l’inizio della procedura nel marzo del 2023, e a novembre aveva inviato un parere dettagliato in cui esponeva le sue motivazioni, chiedendo chiarimenti al governo. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva già definito «folli» le motivazioni del ricorso. Per il governo italiano le richieste della Commissione porterebbero a estendere il sussidio a un numero troppo elevato di persone, rendendolo economicamente insostenibile.

L’assegno unico ha sostituito le numerose misure e detrazioni in vigore in precedenza. Ne hanno diritto tutte le persone con figli a carico, a partire dal settimo mese di gravidanza e fino al 21esimo anno d’età dei figli (i figli maggiorenni danno ancora diritto all’assegno, a patto che studino, siano disoccupati o lavorino con redditi minimi). Per ottenere l’assegno è necessario essere lavoratori, sia dipendenti sia autonomi, con un contratto di almeno sei mesi. Bisogna risiedere in Italia da almeno due anni: ne hanno dunque diritto anche le famiglie con cittadinanza non italiana, a patto che abbiano il permesso di soggiorno e paghino le tasse in Italia.