• Mondo
  • Giovedì 25 luglio 2024

Nelle divisioni dei cristiani ortodossi in Moldavia c’entra la politica

C'è chi vuole stare con la Chiesa ortodossa russa, favorevole all'invasione russa dell'Ucraina, e chi vuole affiliarsi alla Chiesa ortodossa rumena, più filo-occidentale

Un sacerdote durante la messa di Natale in una chiesa di Chisinau, in Moldavia, il 7 gennaio del 2023 (EPA/ Dumitru Doru via ANSA)
Un sacerdote durante la messa di Natale in una chiesa di Chisinau, in Moldavia, il 7 gennaio del 2023 (EPA/ Dumitru Doru via ANSA)
Caricamento player

Negli ultimi due anni e mezzo, cioè dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, più di sessanta preti ortodossi della Moldavia hanno deciso di rifiutare l’autorità della metropolia di Chișinău e di tutta la Moldavia, cioè della Chiesa ortodossa moldava, la principale Chiesa ortodossa del paese affiliata alla Chiesa ortodossa russa, per unirsi alla metropolia di Bessarabia, che invece è affiliata alla Chiesa ortodossa rumena.

Le differenze tra le due chiese sono più politiche che teologiche: mentre la Chiesa ortodossa rumena ha posizioni filo-occidentali e ha apertamente condannato l’invasione russa dell’Ucraina, quella russa sostiene le politiche del presidente russo Vladimir Putin. Il patriarca di Mosca, Kirill, ha anzi appoggiato e legittimato l’invasione russa dell’Ucraina, presentandola spesso come una «guerra santa» della Russia contro la «depravazione dei paesi occidentali».

La Moldavia confina direttamente con l’Ucraina e la guerra ha avuto un grande impatto sulle vite dei suoi cittadini: l’economia della Moldavia è stata tra quelle maggiormente colpite dall’inflazione e dalle conseguenze economiche del conflitto. Molti moldavi hanno parenti e amici in Ucraina. Secondo le stime dell’UNHCR (l’agenzia dell’ONU per i rifugiati), dall’inizio della guerra più di un milione di profughi ucraini ha attraversato il confine con la Moldavia, e circa 123mila ucraini sono oggi nel paese.

Per qualche mese, poi, è sembrato che l’inizio di una guerra in Moldavia fosse possibile: le regioni orientali fanno parte infatti della Transnistria, una provincia filorussa che ha dichiarato la propria indipendenza nel 1992 e che ha rapporti piuttosto tesi con il governo moldavo. Alla fine di febbraio di quest’anno, i deputati del Congresso della Transnistria avevano chiesto alla Russia di intervenire «per difendere la Transnistria» di fronte alle crescenti tensioni con il governo moldavo, sottolineando che nella regione vivono 220mila russi.

Per questi motivi molti fedeli ortodossi avevano iniziato ad allontanarsi dalla metropolia di Chișinău, affiliata alla Chiesa russa, e avevano chiesto che le loro comunità venissero affiliate alla metropolia di Bessarabia.

Il presidente russo Vladimir Putin e il patriarca Kirill durante la visita al monastero di Sergiev Posad, vicino a Mosca, il 26 giugno del 2024

Il presidente russo Vladimir Putin (a destra) e il patriarca Kirill durante la visita al monastero di Sergiev Posad, vicino a Mosca, il 26 giugno del 2024 (Sputnik/Vyacheslav Prokofyev/ Pool via Reuters)

«Dall’inizio della guerra, ho cominciato a ricevere sempre più richieste dai miei fedeli», ha raccontato Andrei Oistric, prete ortodosso di Malcoci, vicino alla capitale Chișinău. «Anche io ho subito le conseguenze della guerra, ho familiari su entrambi i lati del confine». La parrocchia ortodossa di Malcoci si è unita alla metropolia di Bessarabia ad agosto dell’anno scorso.

Victor Turcanu, il prete di Răuțel, un comune nel nord-ovest del paese, ha raccontato al New York Times che fin dall’inizio della guerra i suoi fedeli si sentivano a disagio per il fatto che lui includesse, alla fine del sermone, una preghiera per Kirill, un segno di omaggio piuttosto comune nelle liturgie ortodosse. Turcanu alla fine ha scelto di organizzare una votazione tra i propri fedeli, chiedendo loro se preferissero rimanere con la metropolia di Chișinău o andarsene: quelli a favore del cambio, ha spiegato, hanno vinto con ampio margine.

La Chiesa ortodossa non è organizzata attorno a una sola autorità suprema riconosciuta da tutti: non ha, insomma, una figura paragonabile a quella del papa per la Chiesa cattolica. È invece strutturata come una sorta di “federazione” tra diverse Chiese regionali che sono autonome e, in alcuni casi, come in Moldavia (o in Ucraina), possono diventare rivali.

Tra Moldavia e Romania esiste una profonda affinità culturale. La maggior parte della popolazione moldava parla rumeno e un quarto della popolazione possiede anche la cittadinanza rumena, oltre a quella moldava. Ancora oggi ci sono movimenti (per lo più di destra e di estrema destra) che sostengono l’unificazione dei due paesi. Nel periodo tra le due guerre mondiali, i confini della Romania includevano anche la Moldavia, e la principale Chiesa ortodossa attiva nel paese era quella di Bessarabia, affiliata alla Chiesa rumena. Dopo l’inclusione nell’Unione Sovietica, però, la principale Chiesa ortodossa è diventata la metropolia di Chișinău, cui spesso ci si riferisce semplicemente chiamandola Chiesa ortodossa moldava. La metropolia di Bessarabia aveva cominciato a riguadagnare un po’ di influenza, e fedeli, soltanto dopo l’indipendenza della Moldavia nel 1992.

Gli effetti della guerra in Ucraina sulla comunità ortodossa moldava stanno preoccupando molto le gerarchie della metropolia di Chișinău, che si trovano in grande difficoltà: non solo a causa delle posizioni estreme della Chiesa russa, alla quale nominalmente restano affiliati, ma anche per il fatto che la loro stessa Chiesa finora non ha assunto una posizione chiara e unitaria sulla guerra in Ucraina.

In una lettera indirizzata a Kirill alla fine dell’anno scorso, il metropolita Vladimir, capo della Chiesa ortodossa moldava, lo aveva avvertito che la propria Chiesa stava perdendo il sostegno popolare: «viene percepita come un bastione del Cremlino, a sostegno dell’intervento russo in Ucraina». In primavera, Vladimir aveva anche fatto appello ai preti che avevano scelto di affiliarsi alla Chiesa ortodossa rumena (e che erano stati puniti con la scomunica), esortandoli a «pentirsi e a ritornare in seno alla Chiesa ortodossa moldava», senza però ottenere risultati.

Una manifestazione a sostegno dell'integrazione della Moldavia nell'Unione Europea, lo scorso anno a Chișinău (AP/Aurel Obreja)

Una manifestazione a sostegno dell’ingresso della Moldavia nell’Unione Europea, lo scorso anno a Chișinău (AP/Aurel Obreja)

Le divisioni tra i credenti ortodossi moldavi riproducono, in chiave religiosa, le divisioni che esistono all’interno della società moldava. Come per altre repubbliche ex sovietiche, la Moldavia oggi è molto divisa tra chi è a favore di una rapida integrazione nell’Unione Europea (la maggioranza della popolazione, secondo un recente sondaggio) e chi, al contrario, è favorevole a mantenere rapporti più stretti con la Russia.

Il 90 per cento dei moldavi, secondo l’ultimo censimento, si dichiara cristiano ortodosso. Secondo molti osservatori, le divisioni della comunità ortodossa in Moldavia avranno delle conseguenze importanti, dal momento che le autorità religiose hanno ancora molta influenza ed è prevedibile che avranno un ruolo importante in vista delle prossime, importanti elezioni.

A ottobre i moldavi voteranno per eleggere il proprio presidente e in un referendum sull’integrazione europea della Moldavia. Il prossimo anno sono anche previste le elezioni parlamentari. Sono tutte votazioni che non hanno un esito scontato. Il partito filoeuropeo della presidente Maia Sandu (il Partito di Azione e di Solidarietà che al momento è al governo nel paese) gode di un ampio sostegno, ma i partiti filorussi attivi in Moldavia cercheranno di ostacolare il processo di integrazione europea, con il probabile sostegno della Russia. Hanno già chiesto ai propri elettori di boicottare il referendum, con l’obiettivo di ridurre l’affluenza degli e quindi ridimensionare il valore di una possibile vittoria dei sostenitori dell’integrazione.

In questa situazione delicata secondo Laurențiu Pleșca, esperto di politica moldava e ricercatore per il German Marshall Fund, «le posizioni del clero ortodosso potranno influenzare le preferenze degli elettori. L’autorità morale della Chiesa, e il suo radicamento profondo nelle comunità, la rendono un importante attore politico».