Alla sua seconda edizione il Tour de France rischiò di scomparire
Fu un disastro: ci furono aggressioni con sassi e bastoni ai ciclisti, vetri e chiodi sparsi lungo il percorso e partecipanti che presero il treno per arrivare prima
«Il Tour de France è finito e la sua seconda edizione, temo, sarà anche l’ultima». Così scrisse il 25 luglio del 1904 Henri Desgrange su L’Auto, il giornale sportivo francese che dirigeva e che l’anno prima aveva lanciato con successo la prima corsa ciclistica a tappe del paese. La seconda edizione – finita esattamente 120 anni fa – era stata però un disastro, per il comportamento del pubblico e anche di molti ciclisti che vi avevano partecipato: al punto che si pensò davvero di smettere di organizzare quella che oggi è considerata la corsa ciclistica più importante al mondo.
Desgrange, giornalista e responsabile delle attività di alcuni velodromi francesi, era stato chiamato nel 1900 a dirigere L’Auto-Vélo, un nuovo giornale sportivo che aveva le pagine gialle, nato perché alcuni investitori avevano scelto di smettere di finanziare Le Vélo, il più popolare quotidiano di sport di quel periodo: era successo perché il fondatore e direttore di Le Vélo, Pierre Giffard, aveva preso posizione in difesa del generale Alfred Dreyfus, francese ed ebreo accusato di aver venduto segreti militari alla Germania, in un caso che divise la Francia per anni.
L’Auto-Vélo, che presto dovette cambiare il nome in L’Auto per una eccessiva somiglianza con il suo principale concorrente, aveva due problemi: doveva trovare il modo di vendere copie e aveva la necessità, nonostante il nuovo nome, di una forte associazione con il ciclismo. Si decise così di organizzare una grande corsa ciclistica: per promozione e per raccontare la storia del giornale.
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L’idea venne a Georges Lefèvre, giornalista di 26 anni de L’Auto che ne parlò a Desgrange. Il suo desiderio era di portare il ciclismo su strada in giro per la Francia passando per le principali città del paese. Il primo luglio ebbe così inizio il primo Tour de France e fu un enorme successo.
L’anno successivo la corsa venne replicata. Il percorso, che negli anni successivi sarebbe diventato noto anche come Grande Boucle, grande ricciolo, per come avvolgeva la Francia, era diviso in sei tappe che collegavano Montgeron, Lione, Marsiglia, Tolosa, Bordeaux, Nantes e Parigi su lunghezze che andavano dai 268 ai 471 chilometri.
Rispetto alla prima edizione gli iscritti erano aumentati, 88 in totale, e tra loro c’erano i campioni del tempo e che erano stati protagonisti dell’edizione precedente: Maurice Garin, il vincitore del primo Tour, Lucien Pothier, che nel 1903 era arrivato secondo, e Hippolyte Aucouturier, due volte vincitore di tappa, tra gli altri.
La corsa iniziò il 2 luglio del 1904. Era un sabato e tutti si ritrovarono sulla linea di partenza, tracciata, come l’anno precedente, all’altezza del caffè Réveil Matin di Montgeron, diciannove chilometri a sud di Parigi. La prima tappa, lunga 467 chilometri, li avrebbe portati a Lione. Ma a pochi chilometri dall’arrivo Maurice Garin e il suo compagno di squadra Lucien Pothier, che avevano quarantacinque minuti di vantaggio sul resto del gruppo, furono aggrediti da quattro uomini incappucciati scesi da un’auto. «Avremo la tua pelle, Garin! Se continui così, ti uccideremo!», gli gridarono.
Il vantaggio dei due, e il fatto che fossero i favoriti, aveva infatti provocato la frustrazione di alcuni spettatori. Garin e Pothier riuscirono comunque a proseguire la corsa arrivando al traguardo.
Il giorno dopo ebbe inizio la seconda tappa e vi fu un nuovo e più grave incidente. Non lontano da Saint-Étienne un centinaio di spettatori bloccò i corridori per favorire l’avanzata di un ciclista locale, Alfred Faure. Furono usati sassi e mazze, Maurice Garin venne colpito alla mano e il suo compagno di squadra Giovanni Gerbi fu eliminato perché partecipò attivamente alla rissa che ne seguì.
Gli organizzatori del Tour, dalle macchine che seguivano i ciclisti, furono costretti a sparare dei colpi di pistola in aria per disperdere la folla e l’episodio venne raccontato in modo molto duro, ma anche pieno di sconforto, da Henri Desgrange su L’Auto: dopo aver definito dei «criminali», degli «energumeni» e dei «miserabili» i responsabili degli attacchi, Desgrange scrisse che la grande popolarità raggiunta da quella manifestazione sportiva rischiava di diventare motivo della sua fine a causa dei «peggiori eccessi» dimostrati dalle persone che vi si erano appassionate e del loro «sciovinismo». Come principale conseguenza di quei fatti, da lì in poi, e fino al 1950, la città di Saint-Étienne venne comunque eliminata dal percorso del Tour.
Durante la terza tappa che collegava Marsiglia a Tolosa i ciclisti vennero, ancora una volta, fermati e aggrediti con lanci di sassi da alcuni spettatori arrabbiati per la squalifica di Ferdinand Payan. Georges Lefèvre, che seguiva la corsa per L’Auto e che un po’ faceva da giudice, un po’ da giornalista e un po’ da direttore di corsa, parlò di una «terribile bagarre». L’obiettivo principale delle aggressioni era sempre Maurice Garin, primo nella classifica generale, il quale aveva reagito dichiarando che avrebbe proseguito la corsa per vincerla: «Se non mi ammazzano tra qui e Parigi», aggiunse.
Le ultime tappe si svolsero in un clima più tranquillo, anche se lungo la strada vennero sparsi dei chiodi e dei frammenti di vetro per sabotare alcuni ciclisti. Ne pagò il prezzo soprattutto Henri Cornet: il divieto di ricevere assistenza per riparazioni e altri problemi meccanici lo costrinse a percorrere gli ultimi quaranta chilometri della quinta tappa, tra Bordeaux e Nantes, con entrambe le ruote a terra.
Domenica 24 luglio ventisette degli ottantotto ciclisti iscritti al Tour arrivarono al traguardo a Ville-d’Avray, un comune poco fuori Parigi, ma la forte pioggia costrinse gli organizzatori ad anticipare la fine della tappa e a rinunciare al giro d’onore al velodromo del Parco dei Principi la cui pista era diventata impraticabile. Come l’anno precedente, Maurice Garin vinse il Tour davanti a Lucien Pothier e a suo fratello minore César Garin, che arrivò terzo.
Il 25 luglio, al termine di questa complicata edizione, Henri Desgrange tirò le somme e pubblicò su L’Auto un articolo intitolato «La Fin», “la fine”, scrivendo di temere che quanto accaduto avrebbe portato alla fine del Tour de France: «Il Tour de France è finito e la sua seconda edizione, temo, sarà anche l’ultima. Morirà per il suo stesso successo, per le passioni cieche che ha scatenato (…). Eppure ci è sembrato e ci sembra ancora di aver costruito, con questa grande gara, il monumento più duraturo e più imponente per il ciclismo. Avevamo la speranza, ogni anno, di fare del bene a questo sport portandolo attraverso gran parte della Francia. I risultati dell’anno passato ci avevano mostrato che ci avevamo visto chiaro ed eccoci qui, alla fine del secondo Tour de France, disgustati, scoraggiati, dopo aver vissuto queste tre settimane nel bel mezzo delle peggiori malignità e dei peggiori oltraggi».
Ma i problemi di quel Tour de France del 1904 non erano ancora finiti. Anche una volta conclusa quella seconda edizione, infatti, il Tour de France continuò ad attirare molta attenzione e a causare discussioni: diversi testimoni cominciarono a raccontare di aver visto uno dei ciclisti, Pierre Chevalier, salire su un’auto a metà di una tappa, di aver visto Lucien Pothier prendere un treno e Maurice Garin ricevere un aiuto esterno, vietato dal regolamento. Diversi ciclisti cominciarono dunque a essere sospettati di aver approfittato della mancanza di posti di controllo e del lassismo di alcuni commissari di percorso.
Cinque mesi dopo, l’Union vélocipédique de France, il nome del tempo della federazione ciclistica del paese, prese la sua decisione. Ventinove partecipanti vennero puniti per frode e otto dei ventisette arrivati al traguardo vennero squalificati, compresi i primi quattro della classifica generale. Maurice Garin ricevette una squalifica di due anni e Lucien Pothier venne sospeso a vita, sanzione successivamente ridotta a tre anni.
Il 2 dicembre del 1904 venne pubblicata la nuova classifica finale del Tour e la vittoria venne assegnata a Henri Cornet, che era arrivato quinto a quasi tre ore da Garin. A 19 anni, 11 mesi e 20 giorni, divenne anche il più giovane vincitore della storia del Tour, nonostante anche lui fosse sospettato di aver preso un treno e di aver ricevuto del cibo durante una tappa.
In quelle tre settimane di luglio L’Auto realizzò comunque le sue migliori vendite e Henri Desgrange si convinse a non far concludere l’esperienza del Tour. Nel 1905 si tenne una nuova edizione senza Maurice Garin e senza Lucien Pothier, tra gli altri, e con un nuovo regolamento: il percorso venne suddiviso in 11 tappe più brevi, per fare in modo che non si dovesse correre di notte e per non assecondare le aggressioni da parte del pubblico, e venne introdotto un sistema a punti e non più a tempo per decidere il vincitore di ogni tappa. Il Tour si tenne poi ogni anno, e fu interrotto solo a causa delle due guerre mondiali tra il 1915 e il 1918, e tra il 1940 e il 1946.
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