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  • Martedì 23 luglio 2024

I Repubblicani preferivano Biden

Tutta la strategia del Partito era basata sul mostrare la forza di Trump contro la debolezza del presidente: ora che Biden si è ritirato, è tutto da rifare

Donald Trump e J.D. Vance, il suo candidato vicepresidente
Donald Trump e J.D. Vance, il suo candidato vicepresidente (AP Photo/Evan Vucci)
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Il ritiro del presidente americano Joe Biden dalla candidatura alle presidenziali negli Stati Uniti ha creato scompiglio (ma anche sollievo) dentro al Partito Democratico americano, che adesso dovrà organizzare una sostituzione ordinata durante la convention di agosto (o forse prima), in cui la vicepresidente Kamala Harris è la netta favorita.

Ma il ritiro di Biden sta creando scompiglio anche nel Partito Repubblicano: Donald Trump e il suo comitato elettorale hanno cominciato a lavorare ormai settimane fa alla possibilità che il loro avversario non fosse più Biden, e stanno già mettendo a punto una nuova strategia di comunicazione. Il Partito Repubblicano ha cominciato a pubblicare nuovi spot elettorali in cui attacca direttamente Harris, e Trump, come ampiamente previsto, ha cominciato a sperimentare nuovi nomignoli da affibbiarle: in un comizio sabato l’ha chiamata “Laughing Kamala”, che si potrebbe tradurre con “Kamala che sghignazza”, per la sua risata «da pazza».

Nelle prossime settimane, soprattutto se si rafforzerà la candidatura di Harris, il comitato di Trump comincerà ad affinare gli attacchi contro di lei. Con ogni probabilità Trump la criticherà sull’immigrazione (un tema di cui è stata responsabile per un periodo da vicepresidente), sull’economia e la accuserà di avere in qualche modo tenuto nascosti i problemi di salute di Biden. In generale, cercherà di presentarla come un’estremista di sinistra, anche se per gran parte della sua carriera ha mantenuto posizioni moderate. Harris dovrà lavorare a una strategia di comunicazione efficace per fare fronte alle sue debolezze.

Al tempo stesso, tuttavia, il ritiro di Biden mette i Repubblicani e la loro strategia elettorale in grave difficoltà, soprattutto perché tutta la strategia politica di lungo periodo ideata dai consiglieri di Trump era incentrata attorno a un unico obiettivo: sconfiggere Joe Biden. Ora che Biden non è più un candidato, la strategia di Trump dovrà cambiare, e rapidamente.

Questa situazione l’ha raccontata in maniera particolarmente efficace Tim Alberta, un giornalista che qualche giorno fa ha scritto sull’Atlantic un lungo articolo tutto dedicato a Chris LaCivita e a Susie Wiles, i due manager della campagna di Trump, cioè le due persone che hanno ideato e messo in atto la sua strategia politica. Negli scorsi mesi Alberta ha seguito e parlato a lungo con i due, e ne ha tratto l’impressione che entrambi fossero preoccupati dalla possibilità che Biden si ritirasse.

Wiles e LaCivita avevano organizzato tutta la campagna di Trump su un contrasto evidente e perfetto per l’ex presidente: «Forza contro debolezza», dove Trump è il candidato forte e Biden quello fragile e inerme. Questo contrasto è stato, negli scorsi mesi, il fulcro di tutta la campagna elettorale di Trump, del suo messaggio politico, delle comunicazioni agli elettori, degli spot pubblicitari, e così via. L’idea era di rafforzare nell’elettorato l’impressione che Biden fosse un candidato «balbettante, incerto, che va in giro a caso, tastando il terreno come un cieco», ha detto LaCivita ad Alberta. Da questo punto di vista, Biden era il candidato perfetto per far risaltare l’energia di Trump: «Joe Biden è un dono», ha detto a un certo punto Wiles.

Donald Trump sale sul palco durante un evento elettorale in Michigan

Donald Trump sale sul palco durante un evento elettorale in Michigan (AP Photo/Evan Vucci)

Il problema è che questa strategia di mostrare Biden come debole e inadeguato ha avuto fin troppo successo. Dopo il disastroso dibattito del 27 giugno, i Democratici si sono accorti che le sue condizioni attuali non avrebbero consentito a Biden di vincere contro Trump, ed è iniziata una sempre più pressante campagna per convincerlo a ritirarsi.

Dopo il dibattito, gli strateghi Repubblicani hanno cominciato a temere che il candidato contro cui avevano ideato tutta la campagna elettorale si sarebbe ritirato. Tim Alberta ha scritto che, in privato, Wiles e LaCivita «pregavano» affinché Biden rimanesse in gara.

Durante queste settimane in cui la pressione aumentava, i Repubblicani si sono perfino mossi per cercare di preservare la candidatura di Biden, o quanto meno per non danneggiarla. Come hanno riportato alcuni giornali usando fonti anonime, dentro al comitato elettorale di Trump si è parlato di limitare gli attacchi sull’età di Joe Biden per evitare di aggiungere pressione al suo ritiro. E dopo il ritiro, Trump è quasi sembrato difendere il presidente: «Hanno rubato la candidatura a Biden dopo che ha vinto le primarie. È la prima volta! Queste persone [nel Partito Democratico] sono una MINACCIA PER LA DEMOCRAZIA!», ha scritto su Truth, il suo social media.

Ovviamente tutte le strategie possono essere modificate, e questo vale anche per quella dei Repubblicani. Tanto più che Kamala Harris, che con ogni probabilità otterrà la nomination Democratica, deve costruire una strategia elettorale praticamente da zero. Ma difficilmente il messaggio di forza ed energia che Trump aveva cercato di trasmettere negli ultimi mesi potrà funzionare contro una candidata di diciannove anni più giovane di lui (Trump ha 78 anni, Harris 59). Il comitato Repubblicano dovrà anche fare alcune scelte complicate, come per esempio decidere se far partecipare o meno il candidato al prossimo dibattito, che dovrebbe tenersi a settembre e in cui Trump dovrebbe trovarsi contro, appunto, Kamala Harris.