Andare alle Olimpiadi facendo quasi tutto da solo
Diego Pettorossi lavora come sviluppatore per un'azienda statunitense, e solo nel tempo libero si allena per i 200 metri: sorprendentemente, si è qualificato per Parigi 2024
di Gianluca Cedolin
Quarantotto atleti parteciperanno alla gara dei 200 metri piani maschili alle Olimpiadi: il quarantottesimo e ultimo a ottenere la qualificazione è stato Diego Pettorossi per il quale, a differenza di quasi tutti gli altri velocisti che saranno a Parigi, l’atletica leggera al momento non è un lavoro. Pettorossi ha 27 anni, è di Bologna e fa analisi di dati e sviluppo di software per un’azienda di San Antonio, in Texas: negli ultimi mesi ha preso un periodo di aspettativa per tornare in Italia ad allenarsi con maggior costanza (a Modena), ma fino a marzo lavorava «dalle 7 alle 16, e poi andavo ad allenarmi in una pista di un liceo, da solo, a volte senza luce e a orari improponibili, senza fisioterapista», racconta. Il suo allenatore Leonardo Righi lo seguiva dall’Italia, a distanza: «Lo chiamavo a mezzanotte, all’una, gli mandavo i dati che registravo con lo smartwatch, chiedevo ai passanti di farmi dei video e glieli giravo».
La storia di Pettorossi è particolare perché di solito chi arriva alle Olimpiadi si dedica esclusivamente allo sport, mentre lui ha sempre fatto una vita da persona “normale”, prima da studente e poi da lavoratore, senza ricevere quasi alcun tipo di sostegno economico e di sostegno nell’allenamento; nonostante questo è riuscito a qualificarsi per Parigi 2024. C’erano due strade per farlo: correre almeno una volta in questa stagione entro il tempo stabilito dagli organizzatori (20,16 secondi) oppure arrivarci attraverso il ranking, cioè la classifica che ordina gli atleti in base ai loro risultati, considerando anche che ogni paese può portare al massimo tre atleti a fare i 200 metri alle Olimpiadi.
Il miglior tempo stagionale di Pettorossi, che è anche il suo miglior risultato di sempre, è stato di 20,45 secondi, quindi non sufficiente: nel ranking era 50esimo, ma negli ultimi giorni prima della chiusura delle iscrizioni due atleti hanno rinunciato e lui si è qualificato con l’ultimo posto disponibile. Gli altri due duecentometristi italiani a Parigi saranno Filippo Tortu e Fausto Desalu, che hanno un record personale sulla distanza rispettivamente di 20,10 e 20,08 secondi e sono ben più noti: fecero entrambi parte della squadra che nel 2021 a Tokyo vinse lo storico oro nella 4×100. «Se dicessi che credo di poter arrivare in finale mentirei a me stesso, ma le semifinali sono un obiettivo realistico», dice. Il 5 agosto si correranno le sei batterie, il 7 ci saranno le tre semifinali e il 9 agosto la finale dei 200 metri.
La gara in cui Diego Pettorossi ha corso i 200 metri in 20,45 secondi, in Polonia
«Nel 2023 ho usato tutte le ferie per andare in Europa a correre e questo inverno ho dovuto chiedere dei permessi per partecipare alle gare attraverso cui qualificarmi». A marzo, quando è tornato a casa, l’azienda non gli ha concesso di lavorare stabilmente da remoto, quindi ha deciso di mettersi in aspettativa. In Italia, negli sport come l’atletica leggera che non prevedono sostanzialmente il professionismo, chi gareggia ad alto livello viene quasi sempre sostenuto da una forza armata o da un corpo di polizia: a Parigi, oltre il 70 per cento dei 403 atleti italiani appartiene a forze come i carabinieri, la marina militare, la polizia, la guardia di finanza. Molto spesso, a meno che uno non diventi talmente forte e conosciuto da ottenere contratti importanti con gli sponsor, far parte di una forza armata o di polizia è l’unico modo per le atlete e gli atleti di avere un supporto economico.
Pettorossi non è riuscito a farsi arruolare e quindi ha dovuto fare tutto da solo: «Il fatto è che sono uscito tardi, ho 27 anni, ormai è difficile che mi arruolino: avessi fatto gli stessi tempi magari a 22, 23 anni sarei riuscito a entrare». C’è poi un discorso di presenza, di vicinanza anche geografica: «Non sono quasi mai in Italia, non mi vedono mai qui, forse in parte è una scelta politica quella di non arruolarmi», dice. A livello giovanile, la sua carriera fu promettente: nel 2014, a 16 anni, fu campione nazionale Allievi (cioè under 18) nei 100 metri e vicecampione nei 200 metri, e l’anno successivo vinse l’oro ai campionati italiani Juniores (quindi under 20) nei 200 metri.
«Da piccolo credevo un sacco di farcela, di arrivare alle Olimpiadi di Tokyo o al massimo a quelle di Parigi, poi col tempo sono un po’ sparito, non sono progredito come speravo e stavo quasi per smettere», spiega. È una storia comune a molti atleti, che faticano a fare il salto quando finiscono le categorie giovanili e non hanno il sostegno economico (oltre che psicologico) per continuare a provarci.
– Leggi anche: Pagare chi vince le medaglie alle Olimpiadi, oppure no?
Nel 2020 arrivò però una svolta positiva quando, dopo la laurea triennale in Scienze Motorie a Torino, Pettorossi ottenne una borsa di studio per meriti sportivi negli Stati Uniti, dove andò per un master in amministrazione aziendale alla Angelo State University, in Texas. Qui, mentre studiava, ricominciò ad allenarsi con costanza: «Mi ha cambiato la vita, mi sono rimotivato. Studiavo otto ore al giorno, ma poi avevo un gruppo con cui allenarmi, un allenatore, un fisioterapista, uno psicologo, un nutrizionista. Mi pagavano le trasferte sportive: un’esperienza quasi da professionista». A conferma di quanto sia importante allenarsi in una certa maniera, nel contesto e con le persone giuste, tra il 2020 e il 2022 Pettorossi migliorò il suo personale nei 200 metri di mezzo secondo, passando da 21,04 a 20,54 secondi.
In una disciplina come i 200 metri nella quale l’attenzione ai più piccoli dettagli può far guadagnare centesimi decisivi per entrare nell’élite della velocità, è abbastanza eccezionale che Pettorossi sia riuscito a qualificarsi alle Olimpiadi. «Sento di avere ancora grandi margini di miglioramento e di poter arrivare al livello di gente come Filippo (Tortu) e Desalu. Negli ultimi due anni mi sono allenato al telefono, al buio; non vedo perché, se facessi solo questo di mestiere, non potrei arrivare fra quattro anni a una finale olimpica». Alle Olimpiadi di Los Angeles del 2028 avrà 31 anni: l’obiettivo sarebbe quello di concentrarsi solo sull’atletica per i prossimi quattro anni e provare a migliorare ancora, ricominciando anche a fare i 100 metri, per cui l’allenamento è un po’ diverso.
Diego Pettorossi con Leonardo Righi, con cui si sta allenando a Modena. Pettorossi fa parte della Libertas Livorno, che non gli dà un sostegno professionistico ma solo qualche rimborso per le trasferte i giorni delle gare
Dopo il primo master ne fece un altro nel 2022 alla University of Texas, sempre a San Antonio, in analisi dei dati, durante il quale continuò ad allenarsi con una nuova borsa di studio (quell’anno vinse i campionati italiani assoluti nei 200 metri). Finito il master terminò anche il finanziamento e Pettorossi entrò nell’azienda in cui lavora oggi. Nel poco tempo libero che gli rimane sta cercando di realizzare una cosa che unirebbe le due carriere: un’app per facilitare l’allenamento di chi fa atletica leggera, «una specie di diario dell’allenamento in cui registrare dati e statistiche», dice, con una piattaforma in cui coach e atleti si possono parlare. Anche se ci sono molti parametri facilmente misurabili, nell’atletica l’analisi di dati e trend è ancora poco sviluppata rispetto ad altri sport, spiega Pettorossi.
Lo sviluppo dell’app è a buon punto, dice, anche se probabilmente non riuscirà a lanciarla prima delle Olimpiadi. L’idea è usarla nel prossimo quadriennio per monitorare i propri progressi e avere indicazioni specifiche su cosa va migliorato in allenamento. Pettorossi insiste molto su questa prospettiva dei prossimi quattro anni; pur prendendo apparentemente alla leggera il fatto di essere diventato un atleta olimpico e continuando a fare la sua vita “normale”, forse percepisce che le Olimpiadi potrebbero portare a cambiamenti importanti nella sua carriera sportiva.
Quattro anni sono secondo lui un periodo in cui un atleta può fare qualcosa di duraturo e capire se davvero quella sportiva sia la sua strada: parlando di come l’atletica leggera e altri sport potrebbero cambiare il loro modello organizzativo ed economico in Italia, Pettorossi propone un sistema alternativo a quello della carriera militare: «Creerei borse di studio che durino quattro anni, quindi sostanzialmente di un intero ciclo olimpico, finanziate dalla federazione (che a sua volta riceve i soldi dal Coni, il comitato olimpico italiano, ndr) e rivolte soprattutto ai giovani, che spesso sono in gamba ma non hanno ancora i tempi da nazionale assoluta, e finiscono per essere esclusi».
Secondo Pettorossi questo sarebbe un modello più meritocratico e motivante. Un’alternativa più complicata e radicale sarebbe prendere spunto dal modello statunitense dello sport universitario, in cui atlete e atleti promettenti vengono finanziati dai licei e dalle università, che permettono loro di studiare e di allenarsi in contesti competitivi e attrezzati.
Per il momento comunque Diego Pettorossi si sta concentrando sulle Olimpiadi, che per quasi tutti gli atleti sono il momento più alto della carriera. Saranno una cosa nuova ed entusiasmante per i tanti debuttanti (quelli italiani saranno più della metà, 219 su 403) e forse a maggior ragione per una persona come lui, per la quale lo sport è ancora un hobby, una passione. «Arriverò nel villaggio olimpico il 2 agosto, c’è già una welcome bag incredibile ad aspettarmi, con il telefono nuovo: è tutto straserio. Conosco un po’ di ragazzi e ragazze che saranno a Parigi, con Filippo (Tortu) ho gareggiato tante volte perché ha un anno meno di me. Intanto gli altri della Nazionale hanno fatto una chat su WhatsApp e mi hanno aggiunto, e questo è positivo», racconta senza nascondere lui stesso un certo stupore.
La sera del 5 agosto, come detto, ci saranno le prime batterie, nelle quali gareggeranno tutti e 48 i duecentometristi: 24 di loro si qualificheranno per le semifinali del 7 agosto. «Già arrivare lì sarebbe tanta roba, perché le guarda più gente. Dovrò fare una bella gara e avere un po’ di fortuna, tipo non correre in prima corsia (solitamente considerata tra le peggiori nei 200 metri) e non essere sorteggiato nella batteria più difficile». Non passeranno infatti i primi 24 tempi, ma i primi 3 di ogni batteria, più i migliori tempi tra quelli non arrivati tra i primi 3. Assieme a lui in batteria potrebbe esserci anche il campione del mondo dei 200 metri (e anche dei 100), lo statunitense Noah Lyles, considerato il principale favorito per la vittoria.