La Guardia di Finanza ha sequestrato 121 milioni di euro alla filiale italiana di Amazon

Perché avrebbe evitato di pagare le tasse usando un complesso sistema di società esterne, già finito al centro di altre indagini

un furgone amazon mentre viene caricato
(AP Photo/Richard Vogel)
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Martedì la Guardia di Finanza ha sequestrato 121 milioni di euro ad Amazon Italia Transport Srl, la filiale italiana di Amazon, per una presunta frode fiscale che coinvolge il modo in cui l’azienda gestisce i lavoratori. Secondo gli inquirenti Amazon avrebbe usato un complesso sistema di società esterne per evitare illecitamente il pagamento di milioni di euro di tasse, potendo così offrire i propri servizi a prezzi molto bassi. Tre manager dell’azienda, di cui due stranieri, sono indagati. Il sequestro dovrà essere convalidato dal giudice per le indagini preliminari (gip).

Secondo l’indagine, coordinata dalla procura di Milano, Amazon avrebbe affidato le consegne a lavoratori dipendenti di cooperative e consorzi esterni ma di fatto controllerebbe comunque direttamente i lavoratori. Diverse altre aziende della logistica sono indagate per aver usato sistemi simili: recentemente la stessa Amazon era finita insieme ad altre al centro di un’inchiesta analoga della procura di Torino.

Il sistema di evasione sarebbe strutturato su tre livelli. Il primo, quello più basso, sarebbe composto da un insieme di società definite «serbatoio di manodopera», cooperative o società per azioni che avrebbero fatturato le prestazioni di autisti e mezzi ad alcune società committenti (secondo l’inchiesta ci sarebbe anche un’ipotesi di sfruttamento dei lavoratori, perché queste aziende avrebbero impiegato irregolarmente la propria manodopera, evitando così di pagare imposte e contributi). Le società committenti costituirebbero il secondo livello dello schema, e facevano da «filtro» per le società di logistica: avrebbero fatturato le prestazioni ai clienti finali, cioè le grosse società di logistica, l’ultimo livello dello schema.

Secondo l’indagine queste prestazioni sarebbero state inserite all’interno di contratti di appalto con lo scopo di dare una parvenza di regolarità al rapporto commerciale. Questo sistema di intermediazione sarebbe servito a rendere più complicati i controlli sul sistema di forniture e avvalersi così di manodopera irregolare a basso costo, fatture gonfiate e prestazioni che non erano mai state fatte per pagare meno tasse.

– Leggi anche: La grossa inchiesta su un presunto sistema di evasione fiscale nella logistica torinese

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