L’ambientalista Paul Watson è stato arrestato in Groenlandia e rischia l’estradizione in Giappone
Domenica Paul Watson, fondatore di Sea Shepherd – una delle più note e importanti associazioni contro la caccia alle balene – è stato arrestato a Nuuk, in Groenlandia, dove la sua barca aveva appena attraccato per fare rifornimento. Watson era in rotta verso l’oceano Pacifico settentrionale, dove Sea Shepherd intendeva disturbare le attività di una nuova nave giapponese che da maggio opera in quelle acque, macellando la carne delle balene catturate da altre imbarcazioni più piccole. Nei video pubblicati sui social dalla Captain Paul Watson Foundation (CPWF) si vede Watson che viene ammanettato a bordo della sua barca dalla polizia danese (la Groenlandia dal 1814 è un territorio autonomo del Regno di Danimarca).
La fondazione ritiene che l’attivista sia stato arrestato per via di una red notice dell’Interpol, cioè la richiesta di localizzare, arrestare ed estradare un sospetto criminale da parte delle autorità giudiziarie di una nazione. In questo caso, da parte del Giappone. «La red notice era scomparsa [dal database] alcuni mesi fa. Eravamo sorpresi, perché poteva significare che era stata ritirata o resa confidenziale. Ora sappiamo che era stata resa confidenziale per dare a Paul un falso senso di sicurezza», ha detto la fondazione in un comunicato. Lunedì il governo giapponese non ha commentato la notizia, ma una portavoce ha confermato ad AFP che la guardia costiera giapponese era a conoscenza dell’arresto di Watson, che adesso rischia l’estradizione in Giappone.
Non è la prima volta che Watson viene arrestato per le sue attività. La nave giapponese che avrebbe voluto intercettare, la Kangei Maru, ha 40 container freezer in ognuno dei quali può conservare 15 tonnellate di carne di balena. Il Giappone ha ripristinato la caccia alle balene a scopi commerciali nel 2019, dopo 33 anni di interruzione, nonostante i consumi siano in declino. La caccia alle balene a scopi commerciali era stata infatti interrotta nel 1986, in seguito a una moratoria imposta dall’International Whaling Commission (IWC), l’organizzazione internazionale che si occupa di regolare la caccia ai cetacei nel mondo. Il Giappone aveva continuato a praticarla sostenendo che fosse “a scopo di ricerca scientifica”, prima di ritirarsi dalla IWC.
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