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  • Domenica 21 luglio 2024

Il primo comizio di Donald Trump dopo l’attentato

Si è tenuto in Michigan, insieme al candidato vicepresidente J.D. Vance: dopo i toni più sommessi della convention del Partito Repubblicano, è tornato agli attacchi e alle bugie di sempre

Donald Trump al comizio di sabato 20 luglio (Bill Pugliano/Getty Images)
Donald Trump al comizio di sabato 20 luglio (Bill Pugliano/Getty Images)
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Sabato in un palazzetto di Grand Rapids, in Michigan (Stati Uniti), si è tenuto il primo comizio elettorale di Donald Trump dopo l’attentato di sabato scorso, che mirava a ucciderlo ma l’ha soltanto ferito all’orecchio. Era anche il primo comizio dopo la convention del Partito Repubblicano, in cui Trump è stato confermato come candidato alle elezioni presidenziali di novembre e ha scelto il proprio eventuale vicepresidente, il senatore e scrittore J.D. Vance.

Trump non si è presentato con la garza bianca sull’orecchio come aveva fatto durante la convention, ma con una più discreta benda color pelle. Ha parlato per quasi due ore: è tornato ripetutamente sull’attentato, ma per il resto ha mantenuto i toni caotici, ironici e provocatori che lo caratterizzano da quando ha inaugurato la propria prima campagna elettorale, nel 2015. Associated Press ha scritto che «è tornato al suo consueto atteggiamento da comizio: ha insultato i suoi rivali del Partito Democratico, ha ripetuto le sue bugie sulle elezioni del 2020 e ha infarcito il suo discorso di battute che hanno suscitato le risate di un pubblico entusiasta».

Scrivono che «è tornato» perchè in parte, durante la convention Repubblicana che si è tenuta a Milwaukee, in Wisconsin, Trump aveva provato a fare qualcosa di diverso: il discorso che ha consegnato alla stampa e che ha letto dal gobbo elettronico aveva toni stranamente pacati, ottimisti, severi con Biden ma rivolti al futuro. Al contempo, però, «ogni tre frasi smetteva di leggere [dal gobbo] e andava a braccio», ha scritto Francesco Costa, che era a Milwaukee per il Post. Quello era ancora «lo stesso Trump di sempre».

– Ascolta anche: Un attentato e un presidente troppo vecchio, con Francesco Costa

Sabato Trump ha raccontato qualche momento della sparatoria, avvenuta durante il comizio a Butler, in Pennsylvania, il 13 luglio. Per esempio ha mimato il modo in cui aveva girato la testa per guardare un grafico che mostrava i valichi di frontiera tra Stati Uniti e Messico, schivando inconsapevolmente per un soffio il proiettile. «Devo la mia vita all’immigrazione», ha scherzato. Talvolta, però, i suoi toni sono stati più seri: «È successo esattamente una settimana fa, proprio all’ora, al minuto. Sono davanti a voi solo per la grazia di Dio onnipotente. Non dovrei essere qui in questo momento».

Trump ha poi passato molto tempo a insultare i suoi rivali, a partire dal candidato Democratico Joe Biden: l’ha definito più volte «stupido» e, come scrivono due corrispondenti del New York Times, «ha deriso allegramente le lotte intestine del Partito Democratico», relative al fatto che un gruppo sempre più ampio di esponenti di spicco vorrebbe che Biden ritirasse la propria candidatura.

Trump ha definito le pressioni esercitate da questi esponenti «antidemocratiche», perché Biden è stato scelto come candidato dei Democratici nelle primarie che si sono tenute a inizio anno, e sostituirlo vorrebbe dire anche ignorarne la volontà. Ha poi fatto delle battute sul fatto che i suoi avversari lo accusino spesso di contribuire a erodere il sistema democratico negli Stati Uniti. Queste accuse si basano in larga parte sul fatto che Trump insista ormai da quattro anni di aver vinto le elezioni contro Biden nel 2020 e abbia incoraggiato l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, quando centinaia di suoi sostenitori occuparono il Campidoglio a Washington per interrompere la ratifica della vittoria di Biden. Trump tuttora dice che l’elezione del 2020 è stata truccata, o che gli è stata rubata, a quasi tutti i comizi, incluso quello di sabato.

(Anna Moneymaker/Getty Images)

«Continuano a dire che sono una minaccia per la democrazia. Ma io che diavolo ho fatto alla democrazia? La settimana scorsa mi sono preso una pallottola per la democrazia», ha detto durante un passaggio in cui ha provato a prendere le distanze dal Progetto 2025, un’iniziativa organizzata da think tank a lui vicini con l’obiettivo di aiutarlo a rimodellare il sistema governativo federale statunitense e consolidare i poteri del presidente in caso di una vittoria a novembre. Trump sabato ha definito il Progetto «un’opera della destra radicale», anche se ha ammesso di conoscere bene alcune delle persone coinvolte, tra cui ci sono membri della sua ex amministrazione.

È stato anche il primo comizio di J.D. Vance come candidato alla vicepresidenza: nel suo discorso si è concentrato molto su quanto la classe operaia del Michigan contribuisca al paese. Il Michigan è uno degli stati “in bilico” che potrebbero essere decisivi per la vittoria alle elezioni di novembre, dato che non è tradizionalmente né molto Repubblicano né molto Democratico. Lì, Trump vinse per poco più di 10mila voti nel 2016, ma Biden vinse con un margine di 154mila voti nel 2020.

– Leggi anche: Se Biden si ritira prima della Convention? Se lo fa dopo? Se non lo fa affatto?