In Tunisia uno dei principali leader dell’opposizione è stato condannato a otto mesi di carcere con il divieto di candidarsi a vita alle elezioni presidenziali

Lotfi Mraïhi nel 2011 (Cle2194 / Wikimedia Commons)
Lotfi Mraïhi nel 2011 (Cle2194 / Wikimedia Commons)

Venerdì un tribunale in Tunisia ha condannato il leader del partito di opposizione Unione Popolare Repubblicana, Lotfi Mraïhi, a otto mesi di carcere e gli ha vietato di candidarsi a vita alle elezioni presidenziali. Poche ore dopo la condanna il presidente tunisino Kais Saied ha annunciato ufficialmente la sua ricandidatura, considerata scontata, alle elezioni presidenziali che si terranno il 6 ottobre 2024, e a cui anche Mraïhi intendeva candidarsi.

Mraïhi è stato giudicato colpevole di aver comprato dei voti alle elezioni del 2019, ma ha già detto che farà ricorso in quanto sostiene che la condanna abbia motivazioni politiche: se il ricorso fosse accolto potrebbe comunque candidarsi mentre la sua condanna viene riesaminata. Mraïhi è l’ultimo di una lunga serie di oppositori del presidente Kais Saied a essere accusato e condannato in vista delle prossime elezioni presidenziali: è però il primo a cui è stato vietato di parteciparvi. Queste condanne si inseriscono nel contesto di un peggioramento del clima politico in Tunisia, che è governata in modo sempre più autoritario da Saied.

Questa svolta autoritaria è avvenuta gradualmente negli ultimi quattro anni: nel luglio del 2021 sospese i lavori del parlamento, per poi scioglierlo nel marzo del 2022. Da allora ha governato per decreto, fino all’approvazione di una nuova Costituzione che gli garantisce ampi poteri e che ha istituito una nuova legge elettorale che non prevede la partecipazione alle elezioni dei partiti, ma solo di candidati indipendenti. L’affluenza alle prime elezioni che si sono svolte con questa legge, a dicembre del 2022, è stata fra le più basse al mondo.