I due discorsi di Trump
Il raduno dei Repubblicani statunitensi si è concluso con un discorso infinito, il più lungo di sempre a una convention: Trump è stato ottimista e pacato soltanto quando leggeva dal gobbo elettronico
di Francesco Costa
Due diversi Donald Trump sono saliti sul palco di Milwaukee, in Wisconsin, per la chiusura della convention del Partito Repubblicano statunitense in vista delle elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre. Il primo, quello del discorso consegnato alla stampa e che Trump leggeva dal gobbo elettronico, era diverso da quello noto agli americani: pacato, ottimista, severo con Biden ma rivolto al futuro. Il secondo, quello che ogni tre frasi smetteva di leggere e andava a braccio, era lo stesso Trump di sempre.
Il risultato di questa addizione – da una parte le parole pianificate dal suo staff per questa occasione, dall’altra quelle pronunciate istintivamente da Trump – è stato il discorso più lungo della storia delle convention politiche statunitensi, concluso dopo oltre 90 minuti mentre nella costa est degli Stati Uniti era già passata la mezzanotte, e anche tra i delegati in platea la stanchezza era visibile: molti avevano la faccia sul cellulare, qualcuno dormiva, altri si alzavano per sgranchirsi o per andare in bagno.
Trump ha iniziato il discorso raccontando dettagliatamente l’attentato subito sabato scorso. «Io non dovrei essere qui stasera», ha detto. «Come sapete, un proiettile è arrivato a millimetri dal togliermi la vita. Vi racconterò cosa è successo, e poi non sentirete mai più questa storia da me, perché è troppo dolorosa». Successivamente Trump ha dato un bacio al casco e alla divisa del vigile del fuoco suo sostenitore ucciso durante l’attentato, Cory Comperatore.
«Tra quattro mesi avremo una larga vittoria», ha proseguito Trump. «Voglio essere il presidente di tutta l’America e non solo di mezza». Più avanti ha invitato tutti gli americani a essere «ottimisti ed entusiasti verso il futuro», elencando una serie di promesse come minimo piuttosto ambiziose: far sparire l’inflazione, chiudere ogni guerra «con una telefonata». Trump ha descritto il paese di quattro anni fa, quando era presidente, come un paese in cui tutto andava bene; e quello odierno come un paese in cui non funziona niente.
Il fatto che questa parte del discorso – quella scritta e che Trump leggeva dal gobbo elettronico – fosse meno aggressiva del solito non implica che fosse più veritiera: Trump ha detto che è esplosa la criminalità, quando in realtà i reati violenti sono aumentati durante la sua presidenza e sono poi tornati ai livelli precedenti negli anni di Biden, per esempio; ha criticato l’attuale amministrazione per le sue politiche sull’energia, nonostante gli Stati Uniti non abbiano mai prodotto più energia di quanta ne producano oggi; ha accusato senza prove Venezuela e Salvador di aver abbattuto il numero dei loro reati spedendo i «criminali» negli Stati Uniti.
Il discorso non conteneva nemmeno una menzione dello stesso Biden, nella versione che avrebbe dovuto leggere, ma Trump non ha resistito a un certo punto ad andare a braccio e dire che «Biden è il peggior presidente della storia». Sempre andando a braccio, Trump poi ha parlato di «virus cinese» in relazione al coronavirus, ha accusato i Democratici di «barare alle elezioni», ha usato il nomignolo «crazy Nancy» per parlare di Nancy Pelosi e l’espressione «Green New Scam» (scam vuol dire truffa) per parlare del cambiamento climatico. Dalla mezz’ora in poi, ogni due frasi lette dal gobbo Trump divagava e parlava a braccio per minuti e minuti.
Trump non ha mai parlato di aborto, tema molto caro ai conservatori e al suo partito ma che sa essere per i Repubblicani un tema perdente, dopo l’abolizione del diritto a interrompere una gravidanza sancita dalla Corte Suprema nel 2022 grazie ai giudici da lui nominati. Ha insistito invece molto sull’immigrazione, una delle principali preoccupazioni degli americani, dal momento che negli anni di Biden gli ingressi irregolari nel paese sono arrivati a livelli senza precedenti, creando una crisi umanitaria al confine e portando anche una buona parte dell’elettorato del Partito Democratico a chiedere deportazioni di massa.
È stato un finale paradossale per la convention del Partito Repubblicano, che per quattro giorni aveva dato l’immagine di un partito ottimista e unito in un clima festoso e diverso da quello dell’ultima convention tenuta in presenza, nel 2016, conclusa peraltro con un discorso straordinariamente tetro; un finale che ha dato l’immagine di un partito che galoppa verso una vittoria da molti in platea considerata inevitabile, visto anche l’ampio vantaggio nei sondaggi e lo sbriciolamento della candidatura Biden.
Per quattro giorni, poi, il comitato Trump aveva raccontato alla stampa di un Trump in qualche modo cambiato dall’attentato subìto: un Trump più morbido, più umile. Lui ci ha provato, leggendo il testo del discorso dal gobbo elettronico: ha invitato gli americani a mettere da parte «discordia e divisione», prima di divagare, accusare i Democratici di ogni nefandezza, promettere dazi «del 100 o del 200 per cento» o storpiare i nomi dei programmi tv che non gli piacciono.
Il discorso sconnesso che ha chiuso la convention di Milwaukee ha reso evidente l’inconsistenza della tesi per cui Trump sarebbe «cambiato», fatta circolare dal suo staff nei giorni scorsi, rivelando semmai come il suo staff pensi giustamente che, trovandosi in largo vantaggio e in una campagna elettorale che è diventata un referendum su Biden, sarebbe intelligente evitare di dire cose gravi e dure al punto da riportare l’attenzione su di sé. Trump non ha resistito, finendo per sfinire il suo stesso pubblico e ricordare al paese perché, dopo aver vinto le elezioni nel 2016 per il rotto della cuffia e prendendo tre milioni di voti in meno della sua avversaria, ha perso le elezioni di metà mandato del 2018, le presidenziali del 2020 e quelle di metà mandato del 2022.
«È tempo di cambiare», ha concluso Trump. «Non possiamo sostenere altri quattro anni di questa amministrazione». Tra meno di un mese i Democratici avranno l’occasione di replicare, alla convention in programma a Chicago: non è ancora chiaro chi sarà il loro candidato, ma è chiaro che non hanno davanti un avversario imbattibile.