Evan Gershkovich è stato condannato a 16 anni di carcere
Il primo giornalista statunitense arrestato in Russia dai tempi della Guerra fredda era accusato di spionaggio, senza nessuna prova
Venerdì il tribunale di Ekaterinburg, nella regione russa di Sverdlovsk, ha condannato Evan Gershkovich a 16 anni di carcere, con accuse di spionaggio senza nessuna prova e ritenute infondate e politicamente motivate. Gershkovich è il primo giornalista statunitense arrestato in Russia dai tempi della Guerra fredda: era stato fermato dai servizi segreti russi a marzo del 2023, mentre lavorava a un articolo sulle operazioni del gruppo Wagner.
Da allora Gershkovich era stato per oltre un anno in detenzione preventiva nella prigione di Lefortovo, a Mosca, nota per essere da oltre un secolo uno dei principali luoghi di detenzione di oppositori politici e giornalisti critici nei confronti del governo russo. Il processo si è svolto a porte chiuse: Gershkovich rischiava fino a 20 anni di carcere e la procura di Ekaterinburg ne aveva chiesti 18.
Gershkovich è un giornalista molto stimato ed esperto di Russia e fino a prima del suo arresto lavorava per il Wall Street Journal, quotidiano statunitense per cui faceva il corrispondente raccontando tra le altre cose la guerra in Ucraina, e nel momento del suo arresto si trovava in Russia proprio per quello.
Il processo contro di lui era iniziato a fine giugno: dopo oltre un anno di carcerazione preventiva, a metà giugno era stato formalmente incriminato per aver «raccolto informazioni segrete» riguardo a una struttura che costruisce e ripara attrezzature militari nella regione di Ekaterinburg.
Secondo i procuratori russi l’avrebbe fatto per conto della CIA, l’agenzia di intelligence statunitense, ma non è stata presentata alcuna prova a sostegno delle accuse. Sia il governo statunitense che il Wall Street Journal hanno respinto tutte le accuse.
Molti esperti e osservatori indipendenti ritengono che si tratti di accuse false e pretestuose con l’obiettivo di detenere un cittadino americano, per proporre scambi di prigionieri con cittadini russi detenuti all’estero. È quanto successo ad esempio con la giocatrice di basket statunitense Brittney Griner, arrestata in Russia, dove si trovava per motivi sportivi, con l’accusa di contrabbando di droga: dopo una detenzione di quasi un anno era stata liberata in uno scambio di prigionieri con il trafficante d’armi russo Viktor Bout, che era detenuto negli Stati Uniti da 10 anni.
Sono circolate ipotesi anche su un possibile scambio di prigionieri con Gershkovic, e lo stesso presidente statunitense Joe Biden si è detto «seriamente» intenzionato al riguardo, ma per il momento non ci sono altre informazioni.
Gershkovich ha 32 anni. È nato nell’ottobre del 1991 a New York da genitori ebrei provenienti dall’Unione Sovietica, da cui erano fuggiti una decina d’anni prima per salvarsi dalle persecuzioni del regime. Con la Russia e la cultura russa Gershkovich ha sempre avuto un rapporto molto stretto: in casa sua si parlava il russo, e anche quando divenne giornalista raccontò in più occasioni di quanto la cultura russa avesse sempre fatto parte del suo vissuto. Nel 2018, per esempio, scrisse delle superstizioni russe che sua madre aveva sempre mantenuto in casa, come la credenza che il sale rovesciato sul tavolo portasse sfortuna, o del fatto che da piccolo amasse guardare i cartoni animati in russo anziché in inglese. Prima di lavorare al Wall Street Journal aveva collaborato col New York Times e poi aveva lavorato per il Moscow Times, testata indipendente russa in lingua inglese, considerata una specie di palestra per molti importanti corrispondenti dalla Russia.