I ribelli Houthi hanno rivendicato la responsabilità di un’esplosione a Tel Aviv
Potrebbe essere stato un drone del gruppo ribelle yemenita, alleato dell'Iran e nemico di Israele, ma si sa ancora poco: una persona è stata uccisa
I ribelli yemeniti Houthi, che controllano buona parte dello Yemen e che sono alleati dell’Iran, hanno rivendicato la responsabilità di un’esplosione avvenuta nella notte tra giovedì e venerdì nella città israeliana di Tel Aviv. Nell’esplosione è stata uccisa una persona, altre dieci sono state ferite.
L’esercito israeliano ha detto inizialmente che l’esplosione sembrava essere stata causata dalla caduta di un «bersaglio aereo», più tardi identificato come un drone. Il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari ha precisato che il drone era un apparecchio di fabbricazione iraniana, un Samad-3, modificato per ampliarne il raggio e che proveniva dallo Yemen.
Le sirene che avvisano la popolazione dell’avvicinamento di un razzo o di un missile, e che la invitano a mettersi al riparo, non sono comunque suonate. Il quotidiano Times of Israel, citando un’indagine preliminare dell’aeronautica israeliana, ha scritto che il drone era stato identificato, ma non intercettato dalla difesa aerea a causa di un errore umano e che questo è il motivo per cui le sirene non sono partite.
L’esplosione ha colpito direttamente un edificio di Tel Aviv che si trova vicino all’ambasciata statunitense poco dopo le tre del mattino (quattro del mattino in Italia). L’onda d’urto ha coinvolto diversi edifici frantumando i vetri di molte finestre. La polizia ha detto che è stata sentita anche a diversi chilometri di distanza da Tel Aviv.
L’attacco col drone è il primo di questo tipo in città negli oltre nove mesi di guerra nella Striscia di Gaza: finora Tel Aviv era stata presa di mira soprattutto con razzi, e le difese antiaeree israeliane avevano sempre intercettato droni e missili lanciati verso la città. L’ex primo ministro israeliano Yair Lapid, del principale partito di opposizione, ha criticato il governo di Benjamin Netanyahu dicendo che questo attacco è «un’ulteriore prova» che l’attuale governo «non sa e non può garantire la sicurezza ai cittadini di Israele». Netanyahu è da tempo accusato di voler prolungare la guerra nella Striscia di Gaza per assicurarsi di rimanere al potere, anche al costo di mettere a rischio la sicurezza del paese e degli ostaggi.
Negli ultimi mesi sia gli Houthi che Hezbollah, gruppo armato libanese che come gli Houthi è alleato di Hamas e sostenuto dall’Iran, hanno intensificato gli attacchi contro Israele e contro obiettivi occidentali, in quelli che volta per volta hanno descritto come «atti di solidarietà» col popolo palestinese. In questo caso l’attacco a Tel Aviv è stato compiuto poche ore dopo l’uccisione da parte dell’esercito israeliano di un comandante di Hezbollah nel sud del Libano. Dopo l’attacco un gruppo palestinese vicino ad Hamas ha ringraziato i ribelli Houthi per continuare «a sostenere gli oppressi e fermare l’ingiustizia sionista» e Hezbollah ha parlato di «un trionfo» dicendo anche che la lotta non si fermerà finché «non finiranno l’aggressione e l’assedio del popolo palestinese nella Striscia di Gaza».
Nel frattempo Hazam al-Assad, che fa parte dell’ufficio politico dei ribelli Houthi con sede nello Yemen, ha dichiarato al quotidiano libanese Al Mayadeen che Israele dovrebbe stare attento «in tutte le città», che l’attacco di oggi è solo il primo e che gli Houthi sono «entrati in una nuova fase strategica nelle operazioni contro il nemico», aggiungendo che c’è un coordinamento «tra le forze dei fronti della resistenza in Libano, Iraq e Palestina occupata». Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha invece dichiarato che «regolerà i conti con chiunque danneggi lo stato di Israele».