La Corte internazionale di giustizia dice che le colonie israeliane sono illegali
L'ultima volta che il più importante tribunale dell'ONU si era espresso sul tema era oltre vent'anni fa: il verdetto non è vincolante, ma potrebbe contare parecchio
Venerdì la Corte internazionale di giustizia, il più importante tribunale delle Nazioni Unite, ha stabilito che le colonie israeliane nei Territori palestinesi e l’utilizzo delle risorse naturali che Israele fa in quelle zone vìolano il diritto internazionale. La decisione chiude un importante procedimento sulle conseguenze legali dell’occupazione da parte di Israele della Cisgiordania e di Gerusalemme Est.
Secondo i 15 giudici della Corte, «il trasferimento di coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme da parte di Israele, e il mantenimento della loro presenza da parte di Israele, sono contrari all’articolo 49 della Quarta Convenzione di Ginevra», che insieme alle altre tre convenzioni forma la base del diritto internazionale umanitario.
Formalmente il verdetto della Corte non è una sentenza, ma un’opinione non vincolante. La questione è però un po’ più complessa di così. Nonostante in questo caso la violazione da parte di uno stato delle indicazioni della Corte non preveda sanzioni automatiche, è anche vero che il tribunale non si limita a suggerire agli stati un comportamento da seguire, ma indica un obbligo preciso: cioè quello di non riconoscere come legale «la situazione creata dalla presenza illegale dello stato israeliano nei territori palestinesi» e di non inviare «aiuti o assistenza» che possono garantire la sopravvivenza delle colonie.
L’ultima volta che la Corte internazionale di giustizia si era espressa sulle politiche israeliane nei Territori palestinesi era stata oltre vent’anni fa, nel 2003, quando aveva stabilito che il muro di separazione tra Israele e la Cisgiordania violava il diritto internazionale.
Il parere della Corte era stato formalmente richiesto dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con una risoluzione approvata a dicembre del 2022, quindi molto prima dell’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, inizia a ottobre del 2023.
Le audizioni erano iniziate lo scorso febbraio, ma Israele non aveva partecipato: tradizionalmente considera i tribunali internazionali ingiusti e di parte, e a luglio del 2023 aveva criticato la risoluzione dell’ONU (quella che chiedeva alla Corte di esprimersi) definendola «tendenziosa» e nata da una «chiara distorsione della storia e della realtà attuale del conflitto israelo-palestinese».
Venerdì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito «assurda» la decisione della Corte, che è stata criticata anche da alcuni membri del governo tra cui il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, nazionalista di estrema destra che vive in una colonia in Cisgiordania.