Nel villaggio olimpico di Parigi non c’è l’aria condizionata
Perché è progettato in modo che non serva: diverse delegazioni però non si fidano e hanno ordinato alcune migliaia di condizionatori portatili
Giovedì 18 luglio ha aperto ufficialmente il villaggio olimpico, il luogo in cui alloggeranno quasi 15mila tra atlete e atleti durante le Olimpiadi di Parigi; venerdì sono arrivati i primi atleti italiani. Il villaggio è stato costruito su un’area molto estesa (più di mezzo chilometro quadrato) compresa fra tre comuni nella periferia nord di Parigi, cioè Saint-Denis, Saint-Ouen e L’Île-Saint-Denis. È una delle poche strutture costruite da zero per queste Olimpiadi (per cui si è cercato il più possibile di contenere i costi), ma sarà riutilizzata, visto che dal 2025 dovrebbe essere riconvertito in 2.800 nuove abitazioni (duemila per famiglie e ottocento per studenti), in cui si prevede di far alloggiare circa seimila persone.
Il comitato organizzatore di Parigi 2024 si è dato l’obiettivo di dimezzare le emissioni di gas serra rispetto alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016 e di Londra 2012, e in quest’ottica nel villaggio olimpico l’aria condizionata (che consuma molta energia) non è stata prevista: al suo posto c’è un sistema di tubature sotto i pavimenti in cui scorre acqua fredda, che dovrebbe permettere di non far superare i 26 °C alla temperatura interna anche nei giorni più caldi. «Il villaggio è stato progettato per adattarsi alle condizioni climatiche del 2050, con 6 ettari di spazi verdi, pavimenti refrigeranti e tripli vetri. Tutto è stato progettato per migliorare il comfort termico e garantire una temperatura di almeno 6 °C inferiore a quella esterna per gli atleti e i futuri residenti», si legge sul sito ufficiale delle Olimpiadi.
Gli impianti di climatizzazione alternativi però sono stati visti con scetticismo da diverse federazioni nazionali e da molti atleti, e anche per questo è stato chiesto agli organizzatori di fornire il villaggio di condizionatori portatili. Al momento dovrebbero essercene alcune migliaia: il primo ordine a inizio luglio era stato di 2.500 condizionatori portatili, ma nel frattempo è possibile che ne siano stati chiesti altri. In alcuni casi è una necessità medica irrinunciabile, come per certi atleti paralimpici. Secondo La Gazzetta dello Sport l’Italia ne avrebbe ordinati circa una ventina, ma solamente per le camere agli ultimi piani, perché il sistema dei tubi si sarebbe dimostrato efficace negli altri.
La delegazione italiana non è l’unica a essersi attrezzata contro il caldo, comunque. Già a marzo i comitati olimpici norvegese e brasiliano, per esempio, avevano detto all’agenzia di stampa Reuters di volere l’aria condizionata in tutte le stanze. Anche gli Stati Uniti, un paese in cui l’aria condizionata è utilizzata mediamente molto di più (e molto più intensamente) che in Europa, si sono organizzati per avere dei condizionatori portatili. Un portavoce del comitato olimpico statunitense ha parlato dell’importanza di curare ogni dettaglio per avere le migliori performance possibili, e anche la temperatura in camera è tra questi.
Sempre parlando con Reuters, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo aveva chiesto invece di fidarsi degli scienziati per due motivi: «Il primo per il fatto che ci dicono che climaticamente siamo sull’orlo del precipizio: anche gli atleti devono esserne consapevoli. In secondo luogo, dobbiamo fidarci degli scienziati quando ci aiutano a costruire i palazzi in modo che non sia necessaria l’aria condizionata». A Parigi per il momento non sta facendo troppo caldo, ma uno studio uscito il mese scorso ha avvertito che le Olimpiadi del 2024 potrebbero essere le più calde mai registrate, mettendo in guardia atlete e atleti sui pericoli per la salute derivanti dalle ondate di calore, che già avevano condizionato le Olimpiadi di Tokyo.
Rispetto alle ultime Olimpiadi che si tennero a Parigi, quelle del 1924, la temperatura media in città è aumentata di 1,8 °C, ci sono 23 giorni in più all’anno considerati caldi (con temperature medie superiori ai 25 °C) e nove giorni in più considerati roventi (con temperature medie superiori ai 30 °C). Emma Pocock, una delle autrici dello studio, ha detto al quotidiano inglese Guardian che «se il pianeta continuerà a scaldarsi, gli sport per come li conosciamo e amiamo potrebbero essere a rischio».
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