Ursula von der Leyen è stata rieletta presidente della Commissione Europea
Il Parlamento Europeo ha approvato la sua nomina con 401 voti a favore, tra cui quelli dei Verdi ma non di Fratelli d'Italia
Giovedì pomeriggio il Parlamento Europeo ha rieletto Ursula von der Leyen presidente della Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione Europea, con 401 voti favorevoli. Per essere rieletta von der Leyen doveva ottenere almeno 361 voti su 720, ossia la maggioranza assoluta dei membri dell’assemblea: fino a qualche giorno fa non era scontato che ci sarebbe riuscita, ma nelle ore precedenti al voto era diventato sempre più chiaro che sarebbe stata riconfermata, in particolare dopo che il gruppo dei Verdi aveva ufficialmente deciso di sostenerla. Von der Leyen fa parte del Partito Popolare Europeo (PPE), di centrodestra, il gruppo più grande del Parlamento Europeo con 188 deputati. Si era candidata a un secondo mandato già lo scorso febbraio.
Il voto era segreto e quindi non è possibile sapere per certo chi siano gli eurodeputati che l’hanno votata: dopo le elezioni europee dello scorso 9 giugno l’alleanza che l’aveva sostenuta nella scorsa legislatura – quella formata dal PPE, dai Socialisti (S&D, di centrosinistra) e dai liberali di Renew Europe – aveva eletto 401 europarlamentari. I gruppi si erano detti favorevoli a sostenere nuovamente von der Leyen, seppure ad alcune condizioni. È possibile però che vari loro esponenti abbiano in realtà votato contro la sua rielezione, come era già accaduto nel 2019. Il voto favorevole di gran parte dei 53 eurodeputati del gruppo dei Verdi è probabilmente stato determinante per la riconferma. Hanno votato contro 284 eurodeputati, fra cui quelli di Fratelli d’Italia, che fino all’ultimo si erano detti indecisi; in 15 si sono astenuti e sette voti sono stati dichiarati nulli.
Per paura che ci fossero troppi franchi tiratori, nelle ultime settimane von der Leyen aveva cercato il sostegno di altri gruppi, in particolare quello dei Verdi. Questi le hanno confermato il loro appoggio solo poche ore prima del voto: temevano che von der Leyen, una volta rieletta, avrebbe modificato al ribasso gli obiettivi del Green Deal, l’ambizioso insieme di leggi sul clima approvato nel corso dell’ultima legislatura, per compiacere alcuni partiti di estrema destra.
Giovedì mattina von der Leyen ha però tenuto un discorso al Parlamento Europeo in cui ha elencato gli obiettivi raggiunti nei suoi ultimi cinque anni da presidente della Commissione e le sue intenzioni nel caso in cui fosse stata riconfermata: fra queste è stata anche esplicitata la volontà di rispettare gli obiettivi posti dal Green Deal, cosa che è piaciuta ai Verdi, che quindi hanno ufficialmente deciso di appoggiarla.
Come succede di solito in occasioni di questo tipo, von der Leyen ha parlato per circa un’ora in inglese, francese, tedesco (e per poco anche in italiano), concentrandosi su tutti i temi cari ai partiti della maggioranza e ai partiti esterni che avrebbero potuto appoggiarla. Ha parlato di aumentare la competitività, investire nella difesa e proteggere gli agricoltori, temi cari al PPE, ma anche di contrastare la crisi abitativa e dei diritti dei lavoratori e delle donne, che invece fanno parte del programma dei Socialisti. Ha inoltre sottolineato come il rispetto dei diritti umani sarà fondamentale per accedere ai fondi dell’Unione per gli stati, una richiesta di Renew Europe.
Un pezzo particolarmente apprezzato del suo discorso ha riguardato una forte critica all’operato del primo ministro ungherese Viktor Orbán in quanto attuale presidente del Consiglio dell’Unione Europea (l’organo in cui siedono i rappresentanti dei 27 governi dei paesi membri e che all’interno dell’Unione detiene il potere legislativo insieme al Parlamento). Von der Leyen ha duramente criticato le visite di Orbán in Russia, Ucraina e Cina, da lui definite delle «missioni di pace», organizzate senza consultare prima gli altri leader europei. Le sue parole sono state seguite da un grande applauso da parte di molti europarlamentari.
L’opposizione di von der Leyen a Orbán non è nuova: negli ultimi anni la Commissione Europea è stata il principale organo europeo che ha cercato di contrastare il primo ministro ungherese, che governa il suo paese in modo sempre più autoritario, bloccando molti dei fondi europei destinati all’Ungheria. Questo lunedì la Commissione aveva inoltre chiesto ai suoi membri – i commissari, che hanno compiti paragonabili a quelli dei ministri – di boicottare le riunioni informali organizzate dalla presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione Europea.
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Nel suo discorso von der Leyen non ha tenuto conto solo delle priorità dei Verdi: nel suo discorso ha infatti anche promesso una revisione della burocrazia, una richiesta avanzata dalla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni e dal suo gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR). Nonostante questo i deputati di Fratelli d’Italia hanno votato contro la sua rielezione, in linea con le altre delegazioni nazionali che fanno parte di ECR.
Durante una conferenza stampa il capo della delegazione di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza ha detto che il partito ha apprezzato lo «spirito collaborativo» che ha caratterizzato il rapporto tra von der Leyen e Giorgia Meloni negli ultimi mesi, specialmente sulla questione migratoria, ma che la decisione di von der Leyen di cercare l’appoggio dei Verdi ha reso impossibile per loro appoggiarla. Il capogruppo di ECR Nicola Procaccini, di Fratelli d’Italia, ha detto che «per noi votare a favore di von der Leyen avrebbe significato andare contro ad alcuni dei nostri principi».
Negli ultimi mesi von der Leyen aveva cercato di avvicinarsi a ECR dicendo però di non essere interessata ad avviare una «collaborazione strutturale» con il partito, cosa a cui i gruppi che compongono la sua maggioranza erano estremamente contrari. Per questo motivo si era quindi rivolta anche ai Verdi. Seppure radicale, ECR sostiene alcune posizioni più vicine a quelle dei partiti conservatori tradizionali, per esempio il sostegno all’Ucraina, che manca negli altri due gruppi di estrema destra dei Patrioti per l’Europa (di cui fanno parte tra gli altri il Rassemblement National francese e la Lega) e di Europa delle nazioni sovrane (ESN), guidato dal partito tedesco Alternative für Deutschland e formatosi poco più di una settimana fa.