Il parlamento israeliano ha rigettato formalmente la “soluzione dei due stati”, e quindi la formazione in futuro di uno stato palestinese

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Knesset, il 17 luglio (AP Photo/Ohad Zwigenberg)
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu alla Knesset, il 17 luglio (AP Photo/Ohad Zwigenberg)

Mercoledì sera la Knesset, il parlamento di Israele, ha votato a favore di una risoluzione che rifiuta ufficialmente la possibilità della formazione di uno stato palestinese in futuro. È una posizione mantenuta de facto da anni dal primo ministro conservatore Benjamin Netanyahu e dalle forze politiche a lui vicine, che contraddice però gli accordi di Oslo del 1993, quando i leader palestinesi e quelli israeliani concordarono sulla necessità di fondare uno stato palestinese indipendente e sovrano che esistesse a fianco di Israele nella cosiddetta “soluzione dei due stati”.

A gennaio Netanyahu aveva già detto di escludere la possibilità di creazione di uno stato palestinese autonomo nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania nel prossimo futuro, anche dopo la fine della guerra nella Striscia di Gaza. A febbraio poi la Knesset aveva già approvato una risoluzione simile, ma più limitata, in cui si leggeva che lo stato israeliano si rifiutava di riconoscere qualsiasi stato palestinese venisse formato senza il coinvolgimento di Israele.

La risoluzione di mercoledì, invece, dice che Israele «si oppone fermamente alla creazione di uno stato palestinese a ovest del fiume Giordano», in qualsiasi caso, perché «rappresenterebbe un pericolo esistenziale per Israele e i suoi cittadini, perpetuando il conflitto israelo-palestinese e destabilizzando la regione». «Sarebbe solo questione di tempo prima che Hamas [il gruppo radicale islamista che controlla la Striscia di Gaza dal 2005 e con cui Israele è attualmente in guerra, ndr] assumesse il controllo dello Stato palestinese e lo trasformasse in una base terroristica», aggiunge il testo. «Promuovere quest’idea in questo momento sarebbe una ricompensa per il terrorismo e sarebbe vista come una vittoria per Hamas e i suoi sostenitori», oltre che «un preludio della presa di potere dell’Islam jihadista in Medio Oriente».

Ad aprile uno dei leader di Hamas aveva detto che il gruppo sarebbe stato disposto a deporre e consegnare le armi in cambio della formazione di uno stato palestinese. Intanto, negli ultimi mesi sono diversi i paesi che hanno riconosciuto formalmente la Palestina come stato, nonostante al momento il suo governo sia diviso e il suo territorio sia parzialmente occupato da Israele, che ne contesta la legittimità e i confini. Il ministro degli Esteri della Giordania, uno dei paesi che già riconoscono la Palestina, ha criticato la risoluzione, dicendo che «sono i continui sforzi di Israele nel negare il diritto inalienabile dei palestinesi a un loro stato indipendente e sovrano a minare la sicurezza e la pace nella regione».

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