Come sono gestiti gli orsi del Trentino

L'ordine di abbattimento di quello che ha aggredito un turista francese a Dro è la più estrema tra le misure previste dalla provincia

Un orso bruno in un'area boscosa
L'orso M49, noto anche come Papillon, in un'area recintata del parco faunistico di Spormaggiore, in provincia di Trento, il 21 settembre 2020 (Alessio Mamo/Redux)
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Martedì pomeriggio il presidente della Provincia autonoma di Trento Maurizio Fugatti ha ordinato di uccidere l’orso che alcune ore prima aveva aggredito e ferito un turista francese nel territorio del comune di Dro. Non si sa ancora con certezza quale sia l’animale in questione, dato che non ci sono ancora i risultati delle analisi genetiche sulle tracce biologiche che ha lasciato. Tuttavia il testo dell’ordinanza firmata da Fugatti parla di «un’orsa accompagnata da tre piccoli», come quella filmata in un vigneto vicino a Dro il 5 luglio, che forse era la stessa avvistata più volte nei giorni precedenti nella stessa zona.

L’abbattimento dell’animale è giustificato dal suo comportamento, spiega Alessandro Brugnoli, direttore del servizio faunistico della Provincia autonoma di Trento, perché si classifica a «uno dei livelli massimi della scala di pericolosità» del PACOBACE, il documento di riferimento (il nome esteso è “Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi centro-orientali”). Se sarà confermato che l’attacco è stato compiuto da un’orsa con dei piccoli, questi saranno «lasciati in natura», continua Brugnoli: «Dal punto di vista scientifico, come dalle specifiche linee guida per la gestione dei piccoli di orso privi di madre adottate dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e dalla Provincia di Trento, gli orsi con età pari o superiore ai 6 mesi hanno le stesse probabilità di sopravvivenza dei piccoli accompagnati dalla madre».

Il servizio faunistico del Trentino ha un settore “grandi carnivori” dedicato alla gestione di orsi, principalmente, e lupi: oltre a Brugnoli ne fanno parte altre cinque persone a tempo pieno, che per gli interventi sul territorio lavorano con il Corpo forestale, composto da circa 70 persone. Quando il servizio faunistico riceve segnalazioni di orsi che per esempio si avvicinano troppo a un rifugio di montagna o a un centro abitato, che hanno cioè comportamenti di “confidenza”, come si dice in gergo, nei confronti degli esseri umani, inizia ad attuare misure di gestione. Vengono applicate in particolare nel caso di orsi che causano danni a cose ed edifici.

La prima delle misure di gestione consiste nel tenere traccia dei comportamenti in questione ed eliminare le risorse alimentari che hanno attratto gli orsi, molto spesso dei cassonetti della spazzatura. Poi se il comportamento si ripete si organizza un intervento di dissuasione, cioè un tentativo di condizionare il comportamento dell’orso in modo che torni a sfuggire le persone. Nella pratica si cerca di spaventarli utilizzando dei dissuasori acustici, attrezzi molto rumorosi, e luci abbaglianti.

Si riesce a spaventare e allontanare gli orsi anche grazie ai cosiddetti “cani da orso”, cani di razze selezionate appositamente per svolgere questo lavoro. La Provincia di Trento ne ha 6 al momento, a cui presto se ne aggiungeranno altri due. Se comunque l’orso continua ad avere un comportamento confidente il Corpo forestale può intervenire sparandogli contro dei pallettoni di gomma, che non feriscono gli animali. Ogni anno viene fatto un certo numero di interventi di questo tipo, spiega Brugnoli, perché è sempre presente una certa percentuale di orsi confidenti, per quanto bassa.

Un’altra cosa che viene fatta è catturare l’orso confidente per mettergli un radiocollare, cioè un collare che trasmetta attraverso la rete GSM la sua posizione al servizio faunistico. «Il radiocollare non consente a chi si occupa del monitoraggio di conoscere proprio in ogni secondo la posizione degli animali», precisa Brugnoli, spiegando che nelle zone impervie frequentate dagli orsi la trasmissione non funziona bene come i sistemi per la localizzazione degli smartphone in città, «però è uno strumento potente».

In Trentino per mettere un radiocollare a un orso lo si cattura utilizzando trappole a tubo, dei grossi cilindri in cui gli orsi vengono attirati grazie a esche alimentari. Vengono messe nelle zone frequentate dall’orso “problematico” (cioè ritenuto dannoso o pericoloso) e controllate via radio e attraverso delle fototrappole: il meccanismo che le fa chiudere viene attivato a distanza solo nel caso in cui sia un orso a entrare nella trappola e se si verifica, attraverso le immagini delle fototrappole, che abbia le caratteristiche dell’animale ricercato. Una volta avvenuta la cattura, una squadra di forestali raggiunge la trappola insieme a un veterinario che narcotizza l’orso e poi gli mette il radiocollare.

Attualmente in Trentino non ci sono orsi con radiocollare, ma prima dell’aggressione di Dro il servizio faunistico stava cercando di catturarne due per mettere loro i collari: per questo aveva disposto sul territorio tre trappole a tubo, una in una zona e due in un’altra. Brugnoli spiega: «Non sono operazioni semplici: se si decide di provare a catturare un orso, non si riesce a farlo nell’arco di una settimana». Nei contesti in cui gli orsi sono catturati per ragioni di studio scientifico le cose possono essere più semplici, perché un orso vale l’altro, ma «quando si cerca di catturare un individuo specifico gli sforzi vanno decuplicati».

Uno degli orsi per cui sono state disposte le trappole a tubo è già stato identificato. È nato nel 2022 e il servizio faunistico lo indica con il codice M91, da quando l’anno scorso aveva trovato due suoi campioni biologici. Sempre grazie alle analisi genetiche si è potuto appurare che è lui l’orso che il 27 aprile di quest’anno ha inseguito un turista nella Valle delle Seghe, sopra Molveno. La trappola è stata messa in quella zona perché un altro campione biologico ha confermato la sua presenza. Continua Brugnoli: «Può sembrare molto semplice catturarlo, ma le difficoltà sono tante. M91 non è “radiocollarato” attualmente, non ha marche di riconoscimento, sappiamo solo che è un orso giovane. Ma magari ce ne sono altri due nel circondario di Molveno, quindi non è così semplice riconoscerlo».

L’altra zona in cui si sta cercando di fare una cattura è la Val di Sole, dove a inizio giugno un orso si è avvicinato ad alcuni centri abitati, tra cui Malé. In questo caso gli orsi coinvolti potrebbero anche essere due diversi, per questo sono state disposte due trappole a tubo: non ci sono ancora identificazioni genetiche. Le stesse catture comunque non sono semplici, specialmente in estate quando c’è grande abbondanza di cibo per gli orsi e quindi le esche risultano meno invitanti.

In aggiunta a questi due o tre orsi, ce ne sono altri due che il servizio faunistico stava cercando di controllare e una è l’orsa che potrebbe aver aggredito il turista francese.

Quando un orso ha il radiocollare un indicatore della sua posizione compare anche su una mappa presente sul sito dedicato ai grandi carnivori della Provincia di Trento, che attualmente non indica nulla. L’ultimo orso con radiocollare era stato M90, abbattuto a febbraio.

Brugnoli aggiunge che «non è sempre detto che la dotazione di radiocollare sia il prodromo delle misure energiche previste dal PACOBACE», cioè la messa in cattività o l’uccisione. Può succedere che dopo un certo periodo di monitoraggio un radiocollare venga tolto a un orso: per farlo non serve ricatturare l’animale, basta azionare un comando a distanza che fa staccare il collare. Può anche capitare che un orso riesca a toglierselo da solo, perché nel corso dell’anno la stazza degli orsi varia di molto per via delle diverse risorse alimentari disponibili.

In generale la gestione degli orsi si basa sul cercare di conoscerli. «Di ogni animale noi dobbiamo costruire la storia», dice Brugnoli, «cioè ricostruire il passato da un lato, e poi, con un periodo di monitoraggio adeguato, osservare l’evoluzione dei comportamenti dall’altro. Può essere che un’orsa coi piccoli responsabile di un falso attacco, che non è un comportamento particolarmente in alto nella scala del PACOBACE, non richieda ulteriori interventi. Al massimo la dotazione di radiocollare, appunto. Se poi però quella femmina continua per mesi a fare qualcosa di più bisogna valutarne l’evoluzione e l’entità dei comportamenti».

Per quanto riguarda l’aggressione di Dro il direttore del servizio faunistico dice che «nella zona erano regolarmente presenti i nuovi cartelli e pannelli informativi installati dalla Provincia», che sono stati rinnovati nelle ultime settimane. Brugnoli aggiunge che il turista francese ha raccontato che «proprio grazie ai cartelli» era «a conoscenza delle norme di comportamento indicate, che ha pedissequamente applicato rimanendo immobile e accucciato anche negli istanti in cui è avvenuta l’aggressione». Per questo, secondo Brugnoli, «si può ritenere che probabilmente sia stato proprio questo comportamento a fare allontanare l’orso dopo il primo attacco, evitando così conseguenze ben più gravi».

– Leggi anche: Cosa fare se si incontra un orso

Gli orsi bruni sono stati reintrodotti nelle Alpi centro-orientali dal 1999 e oggi, secondo l’ultima indagine sul loro numero, sono circa un centinaio. Ogni due anni il Corpo forestale distribuisce sul territorio delle “trappole per peli”, strumenti di filo spinato in cui i peli degli orsi restano impigliati che sono associati a delle esche: siamo certi che ce ne siano almeno 79 perché tali sono i diversi profili genetici individuati nei campioni biologici dal laboratorio della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che a ogni profilo assegna un codice.

In base ai metodi statistici usati per studiare la popolazione si stima che il numero reale di orsi sia compreso tra 86 e 120. Vivono principalmente in un territorio con un’estensione un po’ superiore a 2.300 chilometri quadrati, compreso quasi interamente nel Trentino occidentale e mappato sempre grazie ai campioni biologici.

Gli orsi di cui si parla sui giornali e nel dibattito politico locale sono comunque una minoranza. Non esistono biografie individuali precise per ogni orso del Trentino, ma sappiamo che la maggior parte teme la presenza delle persone e se ne tiene alla larga. Nel 2021 l’ISPRA e il Museo delle Scienze di Trento (MUSE) fecero uno studio per stimare la percentuale di orsi che invece avrebbero sviluppato un comportamento confidente e sarebbero potuti diventare problematici sulla base dei dati storici: aveva previsto che entro il 2026 cinque nuovi orsi avrebbero potuto manifestare comportamenti tali da prevedere la rimozione, cioè l’uccisione o la cattività.

Dal 2005 al 2020 sono stati da 0 a 3 gli orsi che ogni anno hanno manifestato per la prima volta comportamenti problematici, che dipendono dalle personalità dei singoli orsi, ma anche da fattori umani: la disponibilità di fonti alimentari umane come cassonetti dei rifiuti accessibili agli orsi (tuttora presenti in alcune aree del Trentino) ad esempio favorisce l’avvicinamento degli orsi e i loro comportamenti confidenti.

Dopo l’aggressione mortale al 26enne di Caldes Andrea Papi da parte dell’orsa JJ4 nell’aprile del 2023 (l’unica per cui è morta una persona dalla reintroduzione degli orsi in Trentino 25 anni fa), le discussioni sugli orsi si sono molto polarizzate. Da un lato c’è la paura dei residenti, dall’altro le proteste delle associazioni animaliste, sempre contrarie alle uccisioni degli orsi, compresi quelli che hanno aggredito delle persone. «La morte segna un prima e un dopo», dice Brugnoli: «Gli attacchi letali non sono comuni ma hanno comprensibilmente un impatto molto forte sui residenti e sull’opinione pubblica complessiva». Per questo nell’ultimo anno sono aumentate le iniziative di comunicazione sui rischi legati alla presenza degli orsi, sia con nuovi cartelli che con incontri pubblici.