Per ora la norma “salva-Milano” è saltata
Era molto attesa dal comune per far ripartire lo sviluppo edilizio, rallentato da alcune inchieste giudiziarie, ma la maggioranza si è divisa
Martedì 16 luglio la commissione Ambiente della Camera ha approvato il decreto-legge chiamato “salva-casa”, ma il testo è passato senza gli emendamenti noti come “salva-Milano”, che dovevano servire a sbloccare la costruzione di nuovi edifici nel capoluogo lombardo. Queste misure erano considerate urgenti dal comune di Milano per risolvere lo stallo causato da alcune inchieste giudiziarie su presunti illeciti nei permessi di grossi progetti edilizi: le indagini avevano ridotto drasticamente il numero di nuove autorizzazioni e di conseguenza diminuito di molto gli oneri di urbanizzazione, cioè soldi o opere che il comune incassa a fronte di nuove edificazioni. Nonostante il sindaco Beppe Sala si fosse detto «preoccupatissimo» per la situazione in città, alla fine gli emendamenti non sono stati approvati per questioni di tempo, ma soprattutto per divisioni interne alla maggioranza.
Inizialmente i provvedimenti erano stati inseriti nel decreto salva-casa, ma poi erano stati tolti con la prospettiva di introdurli in seguito, tramite emendamenti: riguardavano situazioni molto specifiche e sarebbero serviti per risolvere le questioni aperte dalle indagini della procura, di fatto permettendo a Milano di continuare a costruire (e anche per questo erano stati assai criticati). Dall’inizio dell’anno infatti la notizia delle indagini ha rallentato i processi di approvazione di altri progetti edilizi.
Le indagini della magistratura riguardano alcuni progetti e autorizzazioni per costruire palazzi di grandi dimensioni trattati come ristrutturazioni di edifici molto più piccoli. È il caso per esempio delle Park Towers di Crescenzago, tre palazzi di 81, 59 e 10 metri di altezza la cui costruzione era stata autorizzata dal comune di Milano come ristrutturazione di due capannoni a due piani. A questo proposito, uno degli emendamenti “salva-Milano” prevedeva che, anche nel caso di un edificio abbattuto e ricostruito da capo e in forma diversa, si potessero considerare i lavori come ristrutturazione, purché fatti dopo il 21 agosto 2013 e regolarmente autorizzati.
Le prime inchieste erano partite circa un anno fa e negli ultimi mesi ne erano state aperte molte altre: quelle note sono nove, ma – come hanno detto gli avvocati difensori del comune – sono centinaia le pratiche simili a quelle interessate dalle indagini. Il comune si era difeso dicendo che le pratiche erano state portate avanti in modo corretto, con le stesse modalità di sempre. «Stiamo parlando dell’interpretazione di una politica che è quella che noi attuiamo da qualche tempo, ritenendo di essere in buona fede, nella legittimità, nel rispetto delle nostre decisioni», aveva detto Sala.
Il problema è che alcuni dei progetti interessati dalle indagini erano stati autorizzati dagli uffici del comune con una Scia, ovvero un documento di “segnalazione certificata di inizio attività”, che di solito si usa per interventi minori di manutenzione o restauro e che permette di accelerare le procedure burocratiche. La Scia (che può essere Scia semplice e non prevede oneri di urbanizzazione, o Scia in alternativa al permesso di costruire, che prevede comunque il pagamento degli oneri) è infatti una dichiarazione con cui il costruttore dice di avere tutti i requisiti necessari per poter avviare il cantiere, e che consente di iniziare i lavori senza dover attendere verifiche e controlli preliminari (che il comune deve svolgere comunque successivamente per accertarsi che le dichiarazioni corrispondano al vero).
Gli emendamenti al decreto erano stati presentati soprattutto dalla Lega, ma anche da altri esponenti della maggioranza e dell’opposizione. Molti degli emendamenti relativi alla situazione di Milano sarebbero poi confluiti in un unico testo presentato dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, guidato da Matteo Salvini. La riformulazione, tuttavia, è stata presentata solo pochi minuti prima del voto in commissione, troppo tardi per essere esaminata: «Andava letta e studiata prima», ha detto la deputata di Forza Italia Erica Mazzetti, relatrice della conversione in legge del decreto. «Ci saranno altre occasioni per poterla inserire». Gli emendamenti proposti dalla maggioranza sono stati quindi ritirati, mentre quelli dell’opposizione sono stati respinti.
L’assessore alla Rigenerazione Urbana di Milano, Giancarlo Tancredi, ha definito la scelta «irresponsabile», e ha aggiunto che «per mesi esponenti del governo hanno promesso agli operatori, ai dipendenti del comune, alle famiglie che hanno investito i propri risparmi, ad architetti e ingegneri che sarebbe stata approvata una norma chiarificatrice. Invece nulla».
In realtà il rinvio è dovuto anche alle divisioni interne alla maggioranza. In particolare né Fratelli d’Italia né Forza Italia, per motivi diversi, volevano permettere a Salvini di intestarsi l’approvazione della norma. Mercoledì Giuseppe Colombo su Repubblica ha raccontato che Tommaso Foti, capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia aveva lasciato l’aula dicendo: «La salva-Milano? I lavori sono finiti prima». Anche Forza Italia ha preferito chiedere più tempo per esaminare la formulazione, scrive Colombo, per prendersi una piccola rivincita sul fatto che Salvini sia apparso come principale promotore dell’intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi, storico fondatore e leader di Forza Italia.