Cosa si sa dell’inchiesta per corruzione nell’amministrazione di Venezia
Coinvolge fra gli altri il sindaco Luigi Brugnaro per le trattative di vendita di un terreno di sua proprietà, e l'assessore alla Mobilità Renato Boraso per la gestione degli appalti
Martedì una grossa indagine per corruzione nell’amministrazione nell’amministrazione comunale di Venezia ha portato all’arresto di Renato Boraso, assessore alla Mobilità. Fra gli altri anche il sindaco Luigi Brugnaro e due suoi stretti collaboratori sono indagati, ma per questioni diverse.
Mentre le accuse contro Boraso riguardano la presunta gestione irregolare degli appalti per alcune aziende comunali, quelle contro il sindaco riguardano le trattative per la vendita di un terreno di sua proprietà. In entrambi i casi però secondo la procura gli indagati si sarebbero serviti della propria funzione pubblica per ottenere illecitamente vantaggi privati.
Nell’indagine su Brugnaro sono strettamente coinvolti anche il direttore generale del comune e capo di gabinetto del sindaco Morris Ceron e il vicecapo di gabinetto Derek Donadini. L’indagine riguarda le trattative di vendita all’imprenditore di Singapore Chiat Kwong Ching della cosiddetta “area dei Pili”, che si trova vicino all’inizio del ponte che collega la terraferma alle isole del centro di Venezia. Il terreno è di proprietà del sindaco Brugnaro, ma dal 2017 è gestito assieme alle aziende e alle partecipazioni aziendali del sindaco da un “blind trust”, cioè un fondo che agisce senza alcun contatto con Brugnaro, per evitare eventuali conflitti di interessi: le indagini riguardano anche le azioni di questo blind trust.
Secondo alcuni documenti delle indagini, citati da ANSA, Brugnaro, Donadini e Ceron si sarebbero accordati con Chiat Kwong Ching per modificare i criteri di edificabilità dell’area dei Pili. Secondo la procura, Ching avrebbe dovuto versare 150 milioni di euro in cambio della promessa da parte dei tre di aumentare la quantità di edifici che si possono costruire nell’area e di modificare i piani urbanistici comunali per approvare un progetto edilizio a uso commerciale e residenziale. Sempre secondo la procura il rappresentante in Italia di Ching, Luis Lotti, avrebbe anche concordato con i tre amministratori di far abbassare la valutazione di un palazzo storico a Venezia da 14 milioni di euro a 10 milioni. Il palazzo è stato poi acquistato da una società di proprietà di Ching.
Le accuse contro Boraso invece riguardano le gare di appalto indette dal comune: secondo il giudice per le indagini preliminari (gip) Alberto Scaramuzza avrebbe «sistematicamente mercificato la propria pubblica funzione, svendendola agli interessi privati». Secondo le indagini l’assessore avrebbe modificato i criteri dei bandi in modo da favorire determinate aziende, da cui avrebbe ricevuto in cambio del denaro. Questi versamenti sarebbero poi stati giustificati come attività di consulenza: Boraso è stato portato al carcere di Padova con le accuse di corruzione, riciclaggio e falsa fatturazione.
Nell’indagine sono coinvolte in tutto 19 persone, di cui 15 sono state sottoposte a misure cautelari (Brugnaro non è fra queste): Boraso e un imprenditore edile, Fabrizio Ormenese, sono stati arrestati, sette persone sono agli arresti domiciliari e sei sono state interdette dai pubblici uffici per 12 mesi. Fra gli indagati ci sono anche Giovanni Seno, direttore generale di AVM, la società partecipata del comune di Venezia che si occupa di mobilità, e il responsabile del settore appalti del comune, Fabio Cacco.
Brugnaro, nato nel 1961, è un imprenditore ed è sindaco di Venezia dal 2015, eletto con una lista civica di centrodestra. Boraso ha 55 anni, e dal 1993 lavora come consulente per varie aziende. Era stato presidente del consiglio comunale di opposizione durante l’ultima giunta di Massimo Cacciari (dal 2005 al 2010), e nelle scorse elezioni comunali era stato eletto nella lista di Brugnaro.