Le armi sovietiche della Russia erano tantissime, ma stanno finendo
Nei prossimi mesi potrebbero esaurirsi le dotazioni di vecchi carri armati e munizioni, che erano da decenni nei depositi: i russi dovranno trovare rifornimenti alternativi o cambiare almeno in parte strategia
Dopo alcuni mesi in cui l’esercito russo aveva ottenuto alcune vittorie lungo il fronte con l’Ucraina, la situazione sembra essere tornata da alcune settimane in una condizione di sostanziale stallo. Dopo lo sblocco dei finanziamenti e degli aiuti dagli Stati Uniti (a fine aprile) le armi destinate all’Ucraina sono arrivate in prima linea e l’autorizzazione a utilizzarle per colpire obiettivi militari in territorio russo (arrivata a fine maggio dall’amministrazione del presidente Joe Biden) ha reso più difficili le operazioni militari per la Russia.
L’esercito russo continua a disporre di più uomini e più mezzi, ma anche a perderne molti più dell’Ucraina. Tra le altre cose, durante tutta la guerra ha potuto contare sul vantaggio costituito dall’avere a disposizione enormi dotazioni di armi risalenti al periodo sovietico: presto però si potrebbero esaurire, come ha raccontato l’Economist.
Si tratta soprattutto di carri armati e obici, vecchi e talvolta solo parzialmente efficaci, che l’esercito russo aveva utilizzato in gran numero, riattivandoli dopo decenni trascorsi nei depositi. Erano in condizioni pessime, ma in quantità enormi: negli anni immediatamente precedenti alla dissoluzione dell’Unione Sovietica si riteneva che il paese possedesse tanti veicoli blindati quanti ne erano presenti in tutto il resto del mondo. Entro la metà del 2025, invece, i depositi potrebbero quasi svuotarsi.
La Russia nell’ultimo anno ha riconvertito la sua economia e la sua industria in una “modalità di guerra” e non è prevedibile né chiaro quanto non poter contare sulle armi di origine sovietica influirà sulle operazioni militari. Ma potrebbe essere costretta a cambiare almeno in parte la sua strategia, che fino a oggi prevedeva di mettere in conto grandi perdite di mezzi, ma anche di uomini, in cambio di limitati avanzamenti territoriali.
La Russia sta attualmente impegnando nella guerra di invasione dell’Ucraina circa 470mila uomini, mantenuti costanti attraverso la coscrizione e l’invio al fronte di circa 25mila nuovi soldati ogni mese. Fra volontari (gli stipendi dei soldati sono stati aumentati) e militari di leva il rifornimento di uomini non è al momento un problema. Allo stesso modo negli ultimi mesi l’esercito russo ha mantenuto una grande superiorità a livello di artiglieria: ancora oggi può utilizzare ogni giorno cinque volte più missili e razzi rispetto all’Ucraina.
Secondo stime dei servizi segreti occidentali nei primi 26 mesi di guerra potrebbe però aver perso oltre 15mila fra carri armati, veicoli da combattimento, obici e altre armi. Oryx, un sito di intelligence open-source (aperto cioè alla collaborazione di vari utenti), ha documentato con prove fotografiche o video come oltre 3.200 carri armati siano stati distrutti o resi inutilizzabili, ma ritiene che il numero sia «superiore in modo significativo». Secondo il think tank britannico International Institute for Strategic Studies nei depositi russi ne resterebbero ancora circa 3mila, ma la maggior parte non è mai stata utilizzata o testata dall’inizio della guerra e altri sono fermi, all’aperto, dagli anni Novanta. Molti potrebbero essere in pessime condizioni: nell’ultimo anno l’esercito ha riattivato veicoli risalenti agli anni Settanta, principalmente i carri armati T-72, ma anche qualche modello precedente. Esiste però un problema di pezzi di ricambio: le industrie che li producevano in Unione Sovietica per lo più non esistono più, o in certi casi non sono in Russia: il principale produttore di torrette dei carri T-72 aveva sede in Ucraina, a Kharkiv.
La produzione di nuovi carri armati, il modello T-90, al momento non riuscirebbe a sostenere le necessità dell’esercito: si stima che ne siano prodotti alcune decine l’anno, utilizzando anche pezzi riadattati di vecchi mezzi. In alcune zone del fronte sono già stati avvistati veicoli non blindati utilizzati dall’esercito russo per spostare i soldati, comprese alcune vetture scoperte impiegate normalmente sui campi da golf, di fabbricazione cinese.
In prospettiva un discorso simile vale anche per gli obici: per lunghe fasi della guerra la Russia ha utilizzato quelli di produzione sovietica, conservati nei depositi e adattati alle esigenze attuali. Anche quella dotazione era notevole, ma l’esercito russo ne ha consumati quasi 5mila solo nei primi sei mesi del 2024: al momento ne sarebbero rimasti meno di 10mila nei depositi. A giugno ha però firmato un accordo con la Corea del Nord: il regime di Kim Jong Un fornirà pezzi d’artiglieria, oltre a razzi e altre munizioni. Ne ha in gran quantità, seppur di qualità molto bassa, mentre ha bisogno di praticamente tutto il resto, a partire da petrolio, gas e cibo.
La Russia inoltre nel 2024 investirà circa l’8 per cento del proprio PIL (prodotto interno lordo) in spese militari, con l’obiettivo di aumentare notevolmente la produzione di armi e munizioni. Sarà però necessario trovare fonti alternative di tecnologia avanzata: in molti casi la Russia si riforniva sul mercato europeo, ma non può più farlo a causa delle sanzioni internazionali. Se non dovesse riuscire a sostituire i mezzi e le armi sovietiche potrebbe dover ridurre l’intensità della sua azione militare, ma in questi due anni ha mostrato di saper trovare vie per aggirare l’isolamento internazionale.
Un’eventuale rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, però, potrebbe cambiare ulteriormente la situazione: Trump ha tendenze più isolazioniste in politica estera, ed è sempre stato scettico nei confronti degli aiuti occidentali in Ucraina.
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