La sinistra francese si sta già dividendo?
Non si mette d'accordo sul nome della persona che guiderà il prossimo governo: le divisioni sono soprattutto tra Socialisti e La France Insoumise, il partito più radicale della coalizione
Il Nuovo Fronte Popolare, la coalizione di sinistra che alle legislative in Francia ha ottenuto il maggior numero di seggi all’Assemblea Nazionale, la camera bassa del parlamento, non è ancora riuscito a trovare un accordo sulla persona da proporre al presidente Emmanuel Macron per il ruolo di primo ministro o di prima ministra.
Nelle ultime ore alcuni dei partiti della coalizione (il Partito Socialista, il partito ecologista Europe Écologie Les Verts e i comunisti) si sono accordati sul nome di una «personalità della società civile»: l’economista Laurence Tubiana, una diplomatica che si è occupata per anni di cambiamento climatico e che però non piace a La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, il partito più radicale della coalizione e che al suo interno ha ottenuto più seggi. Il quotidiano Le Monde, tra gli altri, dice che la sopravvivenza stessa del Nuovo Fronte Popolare è ormai «chiaramente in discussione».
L’alleanza elettorale della sinistra fra Verdi, Comunisti, Socialisti e La France Insoumise chiamata NUPES (Nuova Unione Popolare Ecologica e Sociale) si era realizzata anche in vista delle elezioni legislative del 2022 ed era stata un successo: NUPES era infatti riuscita a ottenere più di 150 seggi risultando la seconda forza all’Assemblea Nazionale. Lo squilibrio delle forze interne – con La France Insoumise alla guida dell’accordo e i suoi 75 deputati – era stato però fin dall’inizio un elemento destabilizzante per la tenuta dell’alleanza.
Nonostante il programma condiviso, NUPES aveva inoltre avuto difficoltà a trasformarsi da intesa elettorale a movimento comune e già dopo un anno le differenze interne si erano esasperate su diverse questioni. Infine, la posizione di La France Insoumise sull’attacco del 7 ottobre in Israele da parte di Hamas aveva portato alla fine dell’alleanza (il partito aveva tardato a condannare l’attacco di Hamas, parlando innanzitutto delle sue «ragioni storiche»).
Dopo i risultati delle elezioni europee del 9 giugno vinte dall’estrema destra di Rassemblement National e la conseguente convocazione di elezioni legislative da parte del presidente Emmanuel Macron, i partiti che facevano parte di NUPES avevano deciso di riprovarci e di allearsi in quello che avevano chiamato Nuovo Fronte Popolare (NFP): avevano negoziato un programma comune in caso di vittoria e si erano suddivisi i collegi elettorali, ma avevano fin da subito lasciato fuori la questione di chi dovesse guidare la coalizione.
Alle legislative il Nuovo Fronte Popolare aveva ottenuto il maggior numero di seggi all’Assemblea Nazionale, ma non sufficienti per formare una maggioranza relativa aprendo una fase di incertezza politica. Tutti i principali leader della coalizione avevano comunque chiesto al presidente Macron di rispettare il voto dei cittadini e delle cittadine e di nominare un nuovo primo ministro o una nuova prima ministra che rispecchiasse i risultati senza però riuscire, per giorni e giorni, a proporre un nome condiviso.
Come previsto le divisioni principali sono emerse tra La France Insoumise e il Partito Socialista. Entrambi hanno provato a proporre i nomi di persone appartenenti ai loro stessi partiti («Se la LFI vuole qualcuno della LFI, e i socialisti vogliono un socialista.. non è interessante», ha commentato la leader dei Verdi Marine Tondelier).
La coalizione è sembrata vicina a raggiungere un accordo alla fine della scorsa settimana, quando Fabien Roussel del Partito Comunista francese ha proposto Huguette Bello, la presidente del consiglio regionale dell’isola Riunione, un dipartimento francese d’Oltremare, vicina ai comunisti ma anche a La France Insoumise e che alle presidenziali ha sempre sostenuto Jean-Luc Mélenchon. I Socialisti si sono però rifiutati di sostenerla e Bello, alla fine, si è ritirata.
Nel frattempo, e mentre le trattative interne si sono fatte sempre più complicate, è intervenuto un nuovo elemento di divisione. La nuova Assemblea Nazionale si riunirà infatti per la prima volta giovedì 18 luglio e in quell’occasione dovrà essere eletto il nuovo presidente o la nuova presidente dell’Assemblea, che manterrà la carica per l’intera legislatura.
Nelle ultime ore, La France Insoumise ha chiesto che il NFP si accordi «immediatamente» su una candidatura comune minacciando di sospendere qualsiasi altra trattativa con le forze della sinistra. Per La France Insoumise è infatti fondamentale che il blocco della sinistra riesca a eleggere un proprio esponente alla presidenza dell’Assemblea e ritiene che se questo non avvenisse sarebbe seriamente compromessa la possibilità di un futuro governo della coalizione.
La France Insoumise ha poi accusato il Partito Socialista di voler «porre il veto a qualsiasi candidatura per la carica di primo o prima ministra di NFP» perché il suo «unico obiettivo è imporre un suo esponente». Smentendo questa accusa i Socialisti di Olivier Faure hanno fatto invece il nome di una personalità della società civile, condiviso da comunisti ed ecologisti: quello di Laurence Tubiana che però è stata immediatamente criticata da La France Insoumise perché «compatibile con Macron». Dalla vittoria di Macron nel 2017, Tubiana è stata indicata più volte come possibile ministra.
La presidenza dell’Assemblea Nazionale e la guida di un futuro possibile governo di sinistra stanno mostrando la grande distanza tra il Partito Socialista e La France Insoumise e dunque la fragilità della coalizione. La France Insoumise sostiene che la sinistra possa approvare leggi anche se non ha la maggioranza assoluta dei seggi, mentre i Socialisti dicono che per applicare davvero il programma del Nuovo Fronte Popolare sarebbe necessario negoziare costantemente con il blocco macronista.
Per ora i negoziati dentro a NFP non hanno portato a nulla se non a una serie di accuse reciproche. Secondo Le Monde, le attuali divisioni stanno avendo conseguenze negative non tanto a breve termine sulla sopravvivenza del Nuovo Fronte Popolare, ma «a lungo termine sulla credibilità della sinistra al governo».