L’inchiesta sui casi di epatite tra i pazienti di un medico “no vax”
È stata aperta dopo la segnalazione di un ospedale veneto che ha curato diversi suoi pazienti: l'ipotesi è che si siano infettati in seguito a un'autotrasfusione di sangue
La procura di Venezia ha aperto un’inchiesta dopo la segnalazione di diversi casi di epatite C tra i pazienti di Ennio Caggiano, medico di Camponogara già radiato dall’ordine dei medici del Veneto per essersi opposto all’obbligo di vaccinazione contro il coronavirus. Caggiano ha continuato a visitare i pazienti e a sottoporli a trattamenti grazie a un ricorso che sospende gli effetti del provvedimento disciplinare, in attesa della sentenza definitiva della CCEPS, la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (si legge “cèps”, è una sorta di corte di appello dei medici).
I casi di epatite C sono stati segnalati in particolare dall’ospedale di Dolo, in provincia di Venezia, che negli ultimi mesi ha accolto e curato diversi pazienti di Caggiano. L’epatite C è una malattia infettiva causata da un virus (Hepatitis C virus – HCV) che attacca soprattutto le cellule del fegato, provocando seri danni a una ghiandola fondamentale per l’organismo: serve tra le altre cose a produrre la bile per digerire ciò che mangiamo e a conservare il glicogeno, un’importante riserva energetica variante del glucosio. Il virus deteriora le cellule epatiche (in greco antico ἧπαρ, “epar”, significa fegato) portando alla formazione di cicatrici e successivamente alla cirrosi, stadio in cui il fegato diventa fibroso e pieno di piccoli noduli che ne compromettono la funzionalità.
La trasmissione dell’epatite C avviene principalmente per contatto diretto con il sangue infetto, quindi è comune tra le persone con dipendenze che assumono sostanze in vena condividendo gli aghi, tra le persone sottoposte a trattamenti sanitari in scarse condizioni igieniche e tra pazienti sottoposti a trasfusioni con sangue che si rivela infetto.
Dalle indagini è emerso che tutti i pazienti infetti erano stati sottoposti ad autostrasfusioni, trattamenti che consistono nel prelevare il sangue dal paziente per iniettarglielo nuovamente dopo averlo mescolato con altre sostanze. Non è ancora chiaro quali sostanze avrebbe usato Caggiano: i pazienti hanno detto agli investigatori che il medico prometteva di “lavare” il sangue per debellare dai virus grazie a non meglio precisate vitamine o integratori. La procura ha commissionato un’analisi per capire se questa procedura abbia causato le infezioni dei pazienti. Caggiano, indagato per il reato di epidemia, ha fatto sapere tramite il suo avvocato che i trattamenti sono stati eseguiti nel rispetto dei protocolli sanitari.
Il suo avvocato ha anche detto che Caggiano non può essere definito medico “no vax”, bensì “free vax” perché durante la pandemia lasciò ai suoi pazienti la libertà di scegliere se vaccinarsi oppure no. In realtà all’epoca il medico divenne noto in Veneto per le sue posizioni chiaramente “no vax”: rifiutò la somministrazione della terza dose e per questo nel 2021 l’azienda sanitaria 3 sospese la sua convenzione come medico di medicina generale, ma soprattutto fu sottoposto a un procedimento disciplinare dell’ordine dei medici perché aveva pubblicato su Facebook una foto dell’ingresso del campo di concentramento nazista di Auschwitz con la scritta «il vaccino rende liberi» (sul cancello di ingresso ad Auschwitz c’era la scritta Arbeit macht frei, cioè «il lavoro rende liberi»).
Caggiano ha potuto continuare a visitare come libero professionista grazie al ricorso presentato contro la radiazione, che ne ha sospeso gli effetti. Quando un medico fa ricorso, il caso deve essere valutato dalla CCEPS. Negli ultimi anni il lavoro della commissione è andato molto a rilento e in alcuni periodi si è addirittura fermato. Nel frattempo i medici sospesi o radiati, anche con accuse molto gravi, sono rimasti nei reparti e negli ambulatori.
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