• Mondo
  • Martedì 16 luglio 2024

In Occidente i politici con la barba sono rari

Se verrà eletto, il Repubblicano J.D. Vance sarà il primo vicepresidente barbuto da oltre un secolo, ma anche in Europa preferiscono radersi

J.D. Vance, senatore dell'Ohio, alla convention Repubblicana (AP Photo/Carolyn Kaster)
J.D. Vance, senatore dell'Ohio, alla convention Repubblicana (AP Photo/Carolyn Kaster)
Caricamento player

Lunedì Donald Trump ha comunicato di aver scelto come candidato vicepresidente J.D. Vance, senatore dell’Ohio con una storia particolare: è piuttosto giovane (ha 39 anni), ma nel contesto della politica statunitense è originale soprattutto per una caratteristica estetica. La barba. Se eletto, sarebbe infatti il primo fra i presidenti e i vicepresidenti statunitensi ad averla dal 1893, quando terminò il mandato del presidente Benjamin Harrison. Molto comune nell’Ottocento, la barba è scomparsa dal viso dei politici statunitensi più importanti per oltre un secolo.

Più in generale, in tutto il mondo occidentale ci sono stati pochi capi di governo o di stato barbuti. Esistono eccezioni, ma sono limitate, mentre i politici con la barba sono molto più comuni altrove, non solo nei paesi islamici (dove la barba ha connotati religiosi), ma anche in Sudamerica o in India.

La barba di J.D. Vance è stata oggetto di attenzioni negli Stati Uniti già nelle settimane precedenti alla sua ufficializzazione come candidato alla vicepresidenza: si riteneva infatti che questa caratteristica potesse penalizzarlo nell’ottenere l’incarico. Per molti anni è stato raccontato che Trump non apprezzasse le persone con la barba e chiedesse ai suoi dipendenti e collaboratori di tagliarla (come Silvio Berlusconi in Italia). In un’intervista a Fox News della scorsa settimana Trump aveva risposto a una domanda proprio sull’argomento: «Sta bene, sembra un giovane Abraham Lincoln».

J.D. Vance senza barba a fine 2016 (AP Photo/Dan Sewell)

Le somiglianze fra Vance e Lincoln sono in realtà difficili da individuare, e anche lo stile della barba è decisamente diverso, ma nel mondo della politica statunitense il presidente assassinato nel 1865 è tuttora considerato il riferimento dei politici con barba. Fu il primo ad averla, ed è documentato anche il momento in cui decise di farsela crescere. Gli fu suggerito da una bambina di 11 anni di New York durante la sua prima campagna presidenziale, con una lettera in cui sosteneva si sarebbe ben adattata al suo viso fine. «Tutte le donne amano la barba», scriveva la bambina, e avrebbero convinto i mariti a votare per lui (al tempo le donne non votavano). Lincoln le rispose chiedendosi se non sarebbe sembrato «strano», ma poi effettivamente se la fece crescere.

Lincoln fece tendenza e nei decenni seguenti molti dei maggiori politici e alcuni dei presidenti e vicepresidenti che seguirono avevano folte o lunghe barbe (l’eccezione fu proprio il suo successore, Andrew Johnson). Il tutto durò fino a Harrison, 23° presidente (Lincoln era stato il 16°), mentre la moda dei baffi, ancora più comune, durò qualche decennio in più.

I presidenti statunitensi prima e dopo Abraham Lincoln (Whitehouse.gov)

Nel Novecento in Occidente la rasatura divenne una necessità estetica per gli uomini politici, ma in generale per tutte le figure pubbliche e in molte professioni: per molti decenni negli Stati Uniti e in Europa la barba incolta, o anche solo non perfettamente rasata, era vista come un segno di incuria, di poco rispetto, di trasandatezza e di volontaria esclusione dal “consesso civile”. Nello storico dibattito fra John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon del 1960 fra i vari problemi estetici di Nixon fu segnalata anche una barba “di due giorni”, non ben rasata. Le cose iniziarono a cambiare nella seconda metà degli anni Sessanta, quando la barba assunse talvolta un ruolo di rivendicazione politica, legato però soprattutto ai movimenti della sinistra.

In tempi più recenti la barba è diventata più comune per imprenditori, amministratori delegati e personaggi televisivi, perdendo buona parte della connotazione ideologica, ma è rimasta ancora un’eccezione nel mondo politico. Negli Stati Uniti Al Gore ricomparve in pubblico dopo aver perso le elezioni presidenziali del 2000 con la barba, che al tempo fu definita come una «barba da esiliato» e interpretata come un segno dell’abbandono di velleità politiche.

Nel 2015 il Repubblicano Paul Ryan si fece crescere la barba e diventò così il primo speaker della Camera (una sorta di presidente dell’aula, ma con un ruolo operativo nella gestione dell’agenda politica) a portarla in oltre 100 anni. La cosa suscitò qualche dibattito e diede lo spunto ad alcuni studi e ricerche. Uno della Oklahoma State University calcolò che al tempo meno dei 5 per cento dei membri del Congresso avevano barba o baffi ed evidenziò come un candidato con la barba fosse ancora percepito in modo diverso dall’elettorato: «più incline a sostenere l’uso della violenza e meno a sostenere cause femministe».

La ricerca fu condotta sottoponendo a una serie di studenti foto di deputati con la barba e altri simili nell’aspetto, ma rasati, e poi ponendo una serie di domande su come venivano percepiti. I risultati confermarono alcuni stereotipi: gli uomini con la barba venivano ritenuti più competenti, sicuri e potenti, ma anche più maschilisti, aggressivi, e predisposti alla spesa militare, all’uso della forza e contrari al controllo delle armi. La ricerca concludeva che nonostante il parere diffuso che riteneva la barba respingente per gli elettori, un politico non rasato poteva essere eletto, ma avrebbe dovuto considerare di incontrare qualche resistenza in più fra le elettrici.

Ryan è poi tornato a un look rasato, mentre il senatore Ted Cruz, che si candidò alla primarie Repubblicane nel 2016, non ha mai abbandonato la barba fatta crescere nel 2018 e divenuta il centro di molte attenzioni dei media, nella sua evoluzione (prima criticata e presa in giro, poi più apprezzata).

Il senatore del Texas Ted Cruz (AP Photo/Mariam Zuhaib)

Non è una cosa solo statunitense: nel 2015 Stephen Crabb divenne il primo membro di un governo Conservatore britannico ad avere la barba in cent’anni di storia. Jeremy Corbyn, leader dei Laburisti dal 2015 al 2020, è stato uno dei pochi politici britannici di grande visibilità a portare la barba.

Rispetto all’Ottocento, nel Novecento in tutto l’Occidente la barba perse progressivamente attrattiva dal punto di vista della rispettabilità sociale, principalmente per l’affermarsi di nuovi standard legati all’igiene e per la sempre maggiore facilità di rasatura, con l’introduzione dei rasoi usa e getta. Ma secondo Victor Vey, sociologo all’Università Paris 8 Vincennes-Saint-Denis, ci sono anche altri elementi, come riportato dal magazine francese Femina: «La rasatura fa parte di un insieme di pratiche che testimoniano autocontrollo e capacità di gestione e sono per questo diventate valori cardine». Vey dice che presentandosi rasati si dimostrava di sapersi prendere cura del proprio corpo, insieme alle molte altre cose da gestire e che inoltre «l’assenza di barba evoca giovinezza, e quindi innovazione e freschezza».

Un’altra eccezione europea riguarda l’ex primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, leader del Partito Popolare, al governo dal 2011 al 2018. Secondo quanto riferito da media spagnoli, Rajoy decise di farsi crescere la barba anche per nascondere alcune cicatrici dopo un incidente automobilistico del 1979, quando aveva 24 anni.

L’allora primo ministro spagnolo Mariano Rajoy nel 2018 (AP Photo/Francisco Seco)

Il presidente ucraino Volodymir Zelensky smise di radersi quotidianamente dopo l’invasione del suo paese da parte della Russia, e la barba è diventata parte di un suo look militare. Charles Michel, presidente uscente del Consiglio Europeo e in precedenza primo ministro belga fra il 2014 e il 2019, ha invece scelto da tempo la barba per ragioni unicamente estetiche. Il primo ministro canadese Justin Trudeau tornò con la barba dalle vacanze natalizie, nei primi giorni del 2020, e la tenne per alcuni mesi: Trudeau nel corso degli anni ha cambiato più volte look, attirando sempre notevoli attenzioni.

Giulio Andreotti e Giovanni Goria. (ANSA ARCHIVIO)

Anche in Italia la barba resta un’eccezione, almeno per quel che riguarda i presidenti del Consiglio: era frequente nell’Ottocento, in epoca monarchica (Alfonso La Marmora, Giovanni Lanza, Agostino Depretis, Benedetto Cairoli, solo per citare i più noti), mentre Giovanni Goria, della Democrazia Cristiana e alla guida del governo fra il 1987 e il 1988, fu l’unico dal Dopoguerra a oggi.

Al tempo Goria, a 44 anni, fu il più giovane presidente del Consiglio della storia italiana (superato poi da Matteo Renzi): la barba, definita “da professore”, contribuiva a un’immagine più autorevole ed esperta, in un periodo in cui la politica italiana non era abituata a leader giovani. La barba di maggior visibilità degli ultimi decenni di politica italiana però è stata evidentemente quella di Matteo Salvini, che se la fece crescere nel 2013, quando fu eletto per la prima volta segretario della Lega Nord.