Un tribunale russo ha condannato Masha Gessen, giornalista statunitense di origine russa, per aver diffuso disinformazione sull’esercito
Un tribunale russo ha condannato Masha Gessen, giornalista con doppia cittadinanza russa e statunitense che vive negli Stati Uniti: le accuse sono di aver diffuso quelle che il governo russo considera notizie false sull’esercito. È un reato per cui il presidente russo Vladimir Putin ha inasprito le pene all’inizio della guerra in corso, nel tentativo di controllare l’informazione e reprimere il dissenso nei confronti del regime e delle sue operazioni militari in Ucraina.
Secondo i media russi la condanna fa riferimento a un’intervista data da Gessen a un blogger russo, in cui accusa l’esercito russo di aver compiuto atrocità contro la popolazione civile di Bucha, una città in Ucraina. Gessen, che scrive principalmente per il New Yorker e il New York Times, vive negli Stati Uniti dal 2013, anche per via delle grosse limitazioni imposte dalla Russia ai diritti delle persone appartenenti alla comunità LGBT+ (si identifica nel genere non binario): non rischia l’arresto a meno che non vada in Russia o in un paese con cui la Russia ha accordi per l’estradizione. Ad aprile un giornalista dell’edizione russa di Forbes, Sergei Mingazov, era stato condannato con accuse molto simili a quelle rivolte a Gessen.
Il massacro di Bucha di marzo del 2022 è stato uno dei più duri e impressionanti tra quelli compiuti dalla Russia durante l’invasione dell’Ucraina: furono uccise oltre 400 persone, per la maggior parte civili. Sulle responsabilità dell’esercito russo sono state pubblicate inchieste e prove molto circostanziate, che hanno contraddetto teorie complottiste e falsità diffuse dalla Russia, che fin da subito aveva descritto quel massacro come una montatura ucraina.