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  • Lunedì 15 luglio 2024

Una delle più grandi rivalità mai viste al Tour de France

È quella tra Pogačar e Vingegaard, che a sei tappe dalla fine stanno dando ancora più spettacolo di quanto si prevedesse

Jonas Vingegaard, 27 anni, e Tadej Pogačar, 25, hanno vinto gli ultimi quattro Tour de France, due a testa (AP Photo/Daniel Cole)
Jonas Vingegaard, 27 anni, e Tadej Pogačar, 25, hanno vinto gli ultimi quattro Tour de France, due a testa (AP Photo/Daniel Cole)
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Domenica 14 luglio si è conclusa la seconda settimana del Tour de France maschile, la corsa ciclistica più prestigiosa al mondo, che quest’anno per la prima volta è cominciata in Italia e che finirà domenica 21 luglio a Nizza. Se nella prima settimana un po’ a sorpresa si era parlato molto del velocista eritreo Biniam Girmay, nella seconda settimana i protagonisti sono stati i ciclisti più attesi: lo sloveno Tadej Pogačar e il danese Jonas Vingegaard, la cui rivalità è già stata definita dal Times come «la più grande mai vista al Tour de France».

I due si sono divisi le vittorie degli ultimi quattro Tour, Pogačar nel 2020 e nel 2021, Vingegaard nel 2022 e nel 2023, ed è probabile che per il quarto anno consecutivo arriveranno uno primo e l’altro secondo (nel 2020 fu secondo Primož Roglič), visto che a sei giorni dalla fine della corsa Pogačar è primo in classifica generale e Vingegaard secondo, con 3 minuti e 9 secondi di svantaggio; il terzo in classifica, il belga Remco Evenepoel, ha 5 minuti e 19 secondi di ritardo rispetto a Pogačar, e non sembra poter competere con i primi due nelle tappe di montagna.

Nel weekend appena trascorso, Pogačar ha dimostrato di essere in condizioni eccezionali: ha vinto entrambe le tappe, arrivando in solitaria ai due traguardi posti in salita sui Pirenei, sabato sul Pla d’Adet e domenica sul Plateau de Beille, vicino al confine con la Spagna. Pogačar quest’anno ha già vinto il Giro d’Italia, dominandolo, e potrebbe diventare il primo ciclista a vincere il Giro e il Tour nello stesso anno dopo Marco Pantani, che ci riuscì nel 1998. Proprio la salita del Plateau de Beille, nella quale Pogačar ha staccato Vingegaard a 5 chilometri dall’arrivo, è stata particolarmente significativa in questo senso, perché anche Pantani ci vinse una tappa importante ventisei anni fa.

Pogačar ha scalato i 15,74 chilometri in 39 minuti e 44 secondi, superando di oltre tre minuti il precedente record, che apparteneva proprio a Pantani; la cosa eccezionale è che anche Vingegaard ha battuto di molto il record di Pantani, eppure è arrivato al traguardo 1 minuto e 8 secondi dopo Pogačar.

Il nuovo record di Pogačar nella scalata del Plateau de Beille

Benché Pogačar compia azioni spettacolari e difficilmente pareggiabili dagli avversari praticamente ogni volta che gareggia, le due nette vittorie ottenute nel weekend (sabato ha guadagnato 39 secondi su Vingegaard) sono state comunque sorprendenti, soprattutto per quanto era avvenuto qualche giorno prima. Mercoledì 10 luglio Vingegaard aveva infatti vinto la tappa con arrivo a Le Lioran, sul Massiccio Centrale, riprendendo Pogačar che era scappato a 30 chilometri dall’arrivo con un incredibile sforzo in salita e superandolo nella volata finale.

Nella sua newsletter sul Tour de France, lo scrittore Leonardo Piccione aveva scritto che quella vittoria era «una specie di manifesto totale» di Jonas Vingegaard, che «ci ha messo tutta la pazienza e l’acume tattico di cui dispone, ogni stilla della sua abilità di calcolo e del suo coraggio, tante gambe e ancor più volontà, un’indistruttibilità mentale che tra le tante forse è la sua qualità più sconvolgente». A Le Lioran, Vingegaard era sembrato insomma in grado di stare al passo di Pogačar e forse di poterlo battere in salita nei giorni successivi, com’era riuscito a fare gli scorsi anni (o almeno questo auspicavano i suoi sostenitori), sfruttando la sua maggior costanza sulle salite lunghe e ripide.

Negli ultimi due Tour de France infatti inizialmente Pogačar era sembrato il corridore più in forma e brillante, soprattutto per la grande esplosività che ha quando scatta sui percorsi in salita; con il tempo però Vingegaard aveva finito per mostrarsi superiore e per staccare il suo rivale nelle tappe decisive, anche grazie all’aiuto di compagni di squadra molto forti, visto che con lui gareggiavano ciclisti come Roglič e Sepp Kuss (quest’anno il primo ha cambiato squadra e il secondo ha saltato il Tour a causa del Covid-19). L’atteggiamento più strategico e calcolatore di Vingegaard, oltre chiaramente alla sua abilità in salita e a cronometro, aveva quindi prevalso su quello più coraggioso e aggressivo di Pogačar.

Quest’anno invece Pogačar ha senza dubbio la squadra migliore, perché per la UAE Emirates corrono alcuni dei migliori ciclisti al mondo, come Adam Yates e João Almeida, e soprattutto Vingegaard non è in condizioni fisiche eccellenti. Non può esserlo, considerando che tre mesi fa ebbe un bruttissimo incidente al Giro dei Paesi Baschi, nel quale si ruppe diverse costole, la clavicola e si perforò un polmone. Vingegaard rimase due settimane in ospedale e riprese a pedalare all’inizio di maggio, mentre Pogačar correva il Giro d’Italia. Per molti era del tutto imprevedibile la sua partecipazione al Tour de France, appena tre mesi dopo la caduta: il fatto che sia l’unico capace di competere con Pogačar aiuta a capire la sua eccezionalità.

Vingegaard ha definito la tappa di domenica, nella quale ha provato a staccare Pogačar sul Plateau de Beille, «la performance della vita»; non è stata sufficiente per vincere

In un articolo uscito domenica scorsa, il Guardian scriveva che la rivalità tra Pogačar e Vingegaard sembra quasi costruita ad arte per la piattaforma di streaming Netflix, che da due anni gira una docu-serie durante il Tour de France con protagonisti tutti i principali partecipanti. Soprattutto per le differenze che esistono tra i due: «Ci sono tutti gli ingredienti: Vingegaard e Pogačar hanno personalità e stili di corsa differenti, il secondo è più visionario, più istintivo, mentre il primo è più calcolatore, sa aspettare il momento migliore».

Mancano ancora sei tappe alla fine, delle quali tre saranno corse in montagna, sulle Alpi, e una a cronometro, quella conclusiva di domenica 21 luglio. Pogačar ha poco più di 3 minuti di vantaggio su Vingegaard e, se non avrà momenti particolarmente negativi, vincerà probabilmente il suo terzo Tour de France, con il quale completerebbe la doppietta con il Giro d’Italia e supererebbe Vingegaard, che ne ha vinti due. Per il momento, nonostante al Tour ci siano tutti i migliori ciclisti al mondo, nessuno degli altri sembra in grado di competere con loro due.