I problemi del Secret Service arrivano da lontano
L’agenzia statunitense che si occupa della sicurezza del presidente, del vice e degli ex presidenti è accusata di avere fatto gravi errori nell'attentato contro Trump, e ci sono parecchi precedenti
Dopo l’attentato di sabato in cui è stato ferito Donald Trump sono stati sollevati molti dubbi sull’operato del Secret Service, l’agenzia governativa che si occupa della sicurezza del presidente, del vice e degli ex presidenti. L’attentatore, Thomas Matthew Crooks, è riuscito a posizionarsi su un tetto lontano meno di 130 metri da Trump e a sparare otto colpi prima di essere individuato e ucciso. Il presidente Joe Biden ha chiesto un’«indagine indipendente» sulle misure di sicurezza messe in atto, mentre una commissione del Congresso ha aperto un’inchiesta ufficiale e ascolterà una testimonianza della direttrice del Secret Service, Kimberly Cheatle, il 22 luglio.
Non è la prima volta che il Secret Service viene messo in discussione: negli ultimi 15 anni l’agenzia è stata al centro di una serie di scandali ed errori che hanno messo potenzialmente in pericolo le persone che doveva proteggere. Nonostante le varie riforme dei regolamenti interni, si sono ripetute condotte inappropriate e falle nelle procedure di protezione: l’ultimo caso, probabilmente il più grave, potrebbe portare a una sostanziale revisione dell’agenzia, già ipotizzata più volte in passato.
Il Secret Service esiste dal 1865, quando nacque per combattere i falsari di denaro. Dopo l’assassinio del presidente Repubblicano William McKinley a Buffalo nel 1901 da parte di un anarchico, il Congresso stabilì che l’agenzia si occupasse anche della sicurezza del presidente.
Nel secolo seguente i compiti del Secret Service aumentarono e oggi l’agenzia ha anche la responsabilità della sicurezza degli ex presidenti (per un certo numero di anni), dei candidati alla presidenza e dei capi di stato stranieri quando sono in visita sul territorio americano. Si occupa inoltre di proteggere le missioni diplomatiche del governo statunitense all’estero e della sicurezza dei grandi eventi a livello nazionale, come il Super Bowl, la finale annuale del campionato professionistico di football.
Sono aumentati i compiti ma non sempre è aumentata la competenza: i media americani parlano di addestramenti inadeguati e attrezzature vecchie e non sempre adatte, mentre i ripetuti scandali hanno messo in crisi la fiducia dell’opinione pubblica negli agenti e nella dirigenza.
Il libro Zero Fail della giornalista del Washington Post Carol Leonnig, pubblicato nel 2021, fa risalire il primo scandalo al 1963 e all’omicidio di John Fitzgerald Kennedy a Dallas: parte degli uomini del Secret Service sarebbe stati alle prese con i postumi di una serata alcolica nel giorno dell’attentato.
In tempi più recenti i casi sono stati frequenti. Nell’aprile del 2012 alcuni agenti chiamati a organizzare la sicurezza del presidente Barack Obama durante una visita in Colombia furono sospesi per cattiva condotta: in seguito si scoprì che avevano chiamato nelle loro stanze d’albergo una decina di prostitute. Dieci agenti furono licenziati, il caso iniziò perché una delle prostitute si lamentò di non essere stata pagata, creando trambusto in albergo. Nell’agosto dello stesso anno un altro agente fu sospeso per aver guidato in stato di ebbrezza nello stato dell’Iowa, mentre era in missione per organizzare la sicurezza di un viaggio di Obama nel Midwest. A novembre un agente fu rimosso con l’accusa di omicidio per aver ucciso un uomo durante una rissa davanti a un McDonald’s, mentre si trovava in missione a Honolulu, nelle Hawaii.
Nel 2015 due agenti del Secret Service furono al centro di un altro caso piuttosto strano, in cui una donna abbandonò un pacco a uno degli ingressi della Casa Bianca, dicendo che era una bomba: l’area fu recintata dalla polizia con nastri e dissuasori mobili in attesa di capire se si trattasse davvero di materiale esplosivo. A quel punto rientrarono in auto verso la Casa Bianca due agenti del Secret Service, che erano andati in pausa nella Chinatown di Washington, non lontana, ed erano ubriachi: ruppero con l’auto i nastri della polizia, urtarono un dissuasore e passarono molto vicino alla presunta bomba (si scoprì poi che il pacco conteneva in realtà un libro).
Nel 2022 altri due agenti furono ingannati per mesi da due uomini che si facevano passare per agenti dell’FBI: si trattava di due truffatori che avevano occupato alcuni appartamenti di lusso fingendo di doverli utilizzare per operazioni speciali e che coinvolgevano veri agenti e poliziotti per sostenere questa finzione. I due agenti del Secret Service accettarono regali di elettronica, armi e anche il soggiorno gratuito in uno di quegli appartamenti: uno dei due agenti si occupavano della protezione della moglie del presidente, Jill Biden.
A questi casi di condotte illegali o sconvenienti si aggiungono vari episodi di inefficienze, soprattutto a partire dal 2011.
Nel novembre di quell’anno un uomo di 21 anni, Oscar Ortega-Hernandez, sparò con un fucile semiautomatico verso la Casa Bianca, colpendola sette volte. Per tre giorni il Secret Service negò che i colpi fossero diretti verso la residenza della famiglia del presidente Obama, rendendosene conto e ammettendolo solo al quarto giorno, quando una dipendente di un’impresa di pulizie trovò vetri rotti e polvere di mattoni al secondo piano. Nel 2014 a settembre una guardia giurata dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie di Atlanta fu fatta salire in ascensore con Obama nonostante fosse armata, e nello stesso mese la Casa Bianca subì due intrusioni.
Nella prima un uomo con un cappello da Pikachu, personaggio dei Pokemon, scavalcò la cancellata e fu fermato solo all’ingresso dell’ala Nord. Alcuni giorni dopo, il 19 settembre 2014, Omar Gonzalez entrò con un coltello nel giardino della Casa Bianca, sempre scavalcando un cancello, e poi dentro l’edificio, muovendosi in tre diverse sale e avvicinandosi agli appartamenti della famiglia di Obama prima di essere fermato. Era un veterano di guerra, aveva qualche problema fisico e indossava delle ciabatte ai piedi, ma riuscì comunque a ingannare il servizio di guardia di vari agenti del Secret Service.
Nel 2023 un uomo ubriaco entrò nella casa di Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale dell’amministrazione del presidente Joe Biden: lo fece probabilmente per sbaglio, fu convinto da Sullivan ad andarsene, ma gli agenti del Secret Service che avrebbero dovuto sorvegliare la casa non si accorsero di nulla.
Un caso ancora diverso riguarda l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, in cui centinaia di sostenitori del presidente Donald Trump occuparono il Campidoglio a Washington per interrompere la ratifica della vittoria di Joe Biden alle presidenziali del 2020.
La commissione d’inchiesta della Camera statunitense che indagava sull’attacco chiese ufficialmente che il Secret Service rendesse disponibili i messaggi scambiati il 5 e il 6 gennaio: si riteneva potessero aiutare a capire meglio cosa successe prima e durante l’attacco. Ma quei messaggi non si trovarono più: il dipartimento di Sicurezza nazionale, che supervisiona il Secret Service, accusò l’agenzia di averli cancellati dopo aver ricevuto la richiesta di renderli pubblici. Secondo il Secret Service, invece, i messaggi andarono persi solo in parte, e durante una “sostituzione di dispositivi programmata” – cioè dopo aver rimpiazzato gli smartphone dove erano archiviati.
Dopo quel caso Biden cambiò i vertici dell’agenzia, affidandone la direzione a Kimberly Cheatle, che dopo quasi trent’anni di carriera nel Secret Service aveva cambiato settore, accettando un incarico dirigenziale nell’azienda di bevande Pepsi.
Domenica Cheatle ha inviato una lettera interna ai dipendenti all’agenzia, a cui il Washington Post ha avuto accesso, lodando l’intervento e difendendo le decisioni prese dagli agenti. Oltre che per il fatto di non avere individuato l’attentatore per tempo, il Secret Service è stato criticato anche per i tempi piuttosto lunghi che sono stati necessari per evacuare Trump: gli agenti che lo hanno circondato per proteggerlo hanno atteso che si rimettesse una scarpa, che si era sfilata mentre si metteva al riparo, e che mostrasse ripetutamente il pugno alla folla per rassicurare sulle sue condizioni.