La fine dell’hotel che ha reso Las Vegas quella che è oggi
Tra pochi giorni chiuderà il Mirage, che negli anni Novanta fu il modello per lo sviluppo dei famosi resort della città, anche grazie al suo vulcano
Spesso negli anni Novanta un viaggio a Las Vegas cominciava o finiva con una visita al vulcano dell’hotel Mirage, un’installazione che erutta a intervalli regolari fumo e fiamme, ricordandone uno vero. Il Mirage era stato inaugurato pochi anni prima lungo la Strip, la via su cui si si affacciano i principali hotel della città, ed era uno dei resort più grandi del mondo: ma soprattutto fu il primo a comprendere spazi, allestimenti e amenità che oggi a Las Vegas sono la norma.
Dopo quasi 35 anni di attività il prossimo 17 luglio chiuderà definitivamente, e al suo posto verrà costruito un nuovo albergo della catena Hard Rock, quella celebre per gli Hard Rock Cafe. «Sarà la fine di un’era per una struttura a cui è riconosciuto il merito di aver contribuito a trasformare Sin City in una destinazione con resort extralusso», ha scritto Associated Press. E c’è anche chi ha organizzato un viaggio apposta per andare a vederlo un’ultima volta.
Tra i vari alberghi scenografici e spettacolari di Las Vegas il Mirage si riconosce per la sua forma peculiare, che dall’alto sembra una Y e frontalmente un libro aperto. Ha 29 piani, più di 3mila camere e naturalmente un casinò, oltre a ristoranti, negozi e alla laguna esterna visibile dalla Strip. Nei prossimi tre anni la grande area su cui sorge subirà ampi interventi di ristrutturazione e il suo celebre vulcano verrà smantellato per far spazio a 600 nuove suite e a un’altra piscina. È previsto che nel maggio del 2027 l’albergo riapra come Hard Rock Las Vegas: tra le altre cose avrà una torre alta più di 200 metri a forma di chitarra, simile a quella che ha già l’hotel Hard Rock di Hollywood, in Florida.
Il Mirage Hotel & Casino fu inaugurato nel novembre del 1989, quando il grosso di Las Vegas era fatto di qualche albergo, posti per il gioco d’azzardo e buffet all-you-can-eat. Lo aveva voluto l’imprenditore Steve Wynn, proprietario di moltissimi alberghi e casinò, che gli diede quel nome per trasmettere l’idea di un’oasi nel deserto. All’epoca non era solo il resort più costoso mai realizzato (per costruirlo ci vollero più di 600 milioni di dollari, circa 1 miliardo e mezzo di dollari di oggi), ma anche quello dalle attrazioni più nuove e strabilianti, nonché il primo ad averne una esterna che si potesse vedere dalla strada.
Oltre alla laguna con il vulcano, aveva una cupola trasparente con palme e piante esotiche e un grosso acquario pieno di pesci dietro alla reception. Ma anche vasche per ospitare dei delfini e ambienti per le famose tigri bianche che dal 1990 divennero parte degli spettacoli degli illusionisti Siegfried & Roy.
Diversi esperti di finanza erano convinti che il Mirage sarebbe stato un fallimento, in parte perché fu finanziato con obbligazioni ad alto rischio e in parte perché per coprire i costi avrebbe dovuto incassare almeno un milione di dollari al giorno, e poi ancora perché al tempo la gente era abituata a spendere molto meno nei casinò rispetto a oggi. Tuttavia fu subito un successo. È stato stimato che nel primo weekend di apertura venne visitato da 750mila persone; in un articolo pubblicato in occasione del suo ventennale, Wynn disse inoltre che non solo raccoglieva ogni giorno più di 1 milione e centomila dollari grazie al gioco d’azzardo, ma anche circa altri 800mila per servizi non legati al casinò.
Alan Feldman, che fu dirigente del resort dal 1989 al 2019 ed è membro dell’Istituto internazionale del gioco dell’Università del Nevada, ha spiegato che il Mirage fu il primo resort di Las Vegas a dare la stessa importanza all’attività di hotel e a quella di casinò, così come a ristoranti, negozi, sale per conferenze e spazi per l’intrattenimento. «Cambiò davvero tutto», ha detto al Wall Street Journal l’esperto della storia di Las Vegas David Schwartz: «Funzionò così bene che per circa vent’anni la gran parte della Strip fu modellata a sua immagine».
Nel 1990, su ispirazione del Mirage, fu inaugurato l’Excalibur, che ricorda un castello medievale, e nel 1994 aprì il Treasure Island, sempre di Wynn. Il Caesars Palace, che era aperto dal 1966, avviò imponenti lavori di ristrutturazione, mentre alla fine del decennio il Bellagio e il Venetian imitarono le sue attrazioni all’aperto, costruendo rispettivamente le famosissime fontane e i canali che emulano quelli di Venezia. Nel 1989, al momento dell’inaugurazione del Mirage, Las Vegas aveva attirato 18 milioni di visitatori: nel 2023, anche grazie a “Love”, lo spettacolo del Cirque du Soleil con la musica dei Beatles in scena proprio al Mirage, 41 milioni.
Nel tempo per il Mirage è stato complicato stare al passo con la concorrenza. Nel 2000 il resort era stato comprato dalla MGM Resorts International, che dopo vari interventi di ristrutturazione nel 2022 lo ha venduto a sua volta alla Hard Rock International per quasi 1,1 miliardi di dollari.
L’annuncio della sua imminente chiusura ha provocato qualche protesta da parte dei residenti più affezionati e suscitato anche un po’ di nostalgia. Una persona per esempio ha chiesto di poter stare nella stessa camera d’albergo in cui si era fidanzato, mentre dei visitatori abituali ci sono tornati per festeggiare un’ultima volta un compleanno, ha detto il presidente Joe Lupo. Intanto la direzione di Hard Rock International ha fatto sapere che pagherà più di 80 milioni di dollari per le buonuscite degli oltre 3mila dipendenti che resteranno senza un lavoro, che in base a un accordo raggiunto con i sindacati potranno avere diritto a lavorare nel nuovo albergo quando sarà aperto.
Il Mirage comunque non è l’unico albergo di Las Vegas chiuso per far spazio a nuovi progetti. Ad aprile dopo quasi 70 anni di attività aveva chiuso anche il Tropicana, che era stato inaugurato nel 1957, al posto del quale sarà costruito uno stadio da 30mila posti che dovrebbe diventare la nuova sede degli Oakland Athletics, la squadra di baseball dell’ottava città della California. Fino a qualche anno fa Las Vegas non aveva neanche una squadra nei quattro maggiori campionati sportivi nordamericani, quelli di football, basket, baseball e hockey: da qualche anno invece ha cominciato a mettere a disposizione strutture e soldi pubblici per diventare un nuovo centro dello sport nel Nord America.
– Leggi anche: La gente di Las Vegas contro la Formula 1