L’operazione nella Striscia di Gaza con cui Israele ha provato a uccidere Mohammed Deif
Cioè il leader del braccio armato di Hamas, che l’esercito israeliano cerca di colpire da decenni e che anche questa volta potrebbe averla scampata
Da diverse settimane l’esercito israeliano teneva sotto controllo l’area di Al Mawasi, la cittadina della Striscia di Gaza che aveva precedentemente indicato come luogo sicuro e che ha poi bombardato lo scorso sabato uccidendo decine di civili palestinesi. In particolare teneva sotto controllo una villa di proprietà della famiglia di Rafa Salameh, un comandante della Brigata Khan Yunis, una delle brigate che compongono al Qassam, il braccio armato di Hamas. Salameh è ritenuto una delle pochissime persone che hanno contatti con Mohammed Deif, leader di al Qassam ricercato da decenni da Israele.
Tre funzionari dell’esercito israeliano hanno detto al New York Times che il bombardamento è stato ordinato proprio quando si pensava che dentro alla villa ci fosse Deif, che è spesso stato descritto come un «fantasma» per la sua capacità di sfuggire ai tentativi di Israele di ucciderlo.
Non si conoscono le sorti di Deif e il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto in una conferenza stampa di non avere certezze rispetto alla sua morte. Khalil al Hayya, vice del leader Yahya Sinwar (il capo politico di Hamas dentro la Striscia) ha detto in un’intervista ad Al Jazeera Arabic che Deif è ancora vivo. Salameh è invece morto, secondo quanto detto dall’esercito israeliano.
Negli ultimi mesi Salameh e la sua famiglia avevano passato sempre più tempo nella villa: un po’ per sfuggire alle condizioni di vita precarie nei tunnel sotto la Striscia, e un po’ perché diversi altri centri di comando di Hamas erano stati distrutti dai bombardamenti di Israele. In base alle informazioni in possesso dell’esercito israeliano, anche Deif ultimamente sarebbe stato costretto a passare sempre più tempo fuori dai tunnel per via delle sue condizioni di salute.
Alcuni funzionari che hanno parlato con il New York Times hanno detto che l’esercito aveva saputo della presenza di Deif nella villa di Al Mawasi venerdì, e aveva comunicato subito la notizia al primo ministro Netanyahu, che aveva autorizzato l’operazione. Alle 10.00 del mattino del giorno seguente l’esercito aveva fatto partire i jet che hanno colpito la villa di Salameh con almeno cinque missili di precisione. Subito dopo ha lanciato un altro missile, più piccolo, a un centinaio di metri dall’ingresso dell’edificio, che è esploso molto vicino a due veicoli della protezione civile, riempiendoli di schegge che hanno ferito e probabilmente anche ucciso alcuni dei soccorritori.
Secondo un’analisi condotta dal New York Times sulle immagini aeree del bombardamento, il cratere generato dai bombardamenti è compatibile con l’uso delle cosiddette “2.000-pound bombs”, ossia bombe da duemila libbre (pari a circa 900 chilogrammi), che fanno parte dell’arsenale militare di molti paesi occidentali, ma che a causa del loro effetto particolarmente devastante vengono usate raramente in aree densamente popolate da civili. La scorsa primavera gli Stati Uniti avevano bloccato l’invio in Israele di un rifornimento di armi che conteneva anche questo tipo di bombe, per timore che fossero utilizzate per colpire civili.
L’esercito israeliano ha ricevuto diverse critiche perché l’attacco alla villa di Salameh è stato compiuto nonostante l’area di Al Mawasi fosse stata designata come sicura, e quindi sarebbe dovuto essere un luogo dove i civili potevano rifugiarsi ed essere raggiunti dagli aiuti umanitari.
«Gli attacchi di Israele ad Al Mawasi, una zona designata a fini umanitari, violano il diritto internazionale secondo diversi principi giuridici. Se c’è un obiettivo militare all’interno di una zona sicura, l’azione deve essere proporzionale al vantaggio militare che verrà ottenuto» ha detto Francesca Albanese, Relatrice delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati. L’esercito israeliano ha difeso l’operazione sostenendo che fosse legittima, dicendo che il rischio per i civili nell’area era ridotto dal fatto che il bombardamento fosse mirato verso l’interno dell’edificio, dove si sarebbero trovati i due uomini.
Nell’attacco sono stati uccisi però 90 civili, di cui la metà donne e bambini, secondo il ministero della Salute di Gaza (controllato da Hamas).
Gli Stati Uniti considerano Mohammed Deif, il cui vero nome è Mohammed Diab Ibrahim al Masri, un terrorista. A maggio il procuratore capo della Corte penale internazionale aveva richiesto un mandato di arresto per Deif per crimini di guerra e crimini contro l’umanità in relazione agli attacchi del 7 ottobre 2023, di cui è considerato uno dei principali organizzatori. Negli ultimi vent’anni è sopravvissuto ad almeno sette tentativi di omicidio da parte dell’esercito israeliano: in uno di questi rimasero uccisi la moglie e il figlio, in un altro il fratello e la sua famiglia, mentre lui è rimasto mutilato (si ritiene abbia perso uno o più arti e forse anche un occhio).
Il nome di Deif, che in arabo significa “ospite”, in riferimento alla sua abitudine di spostarsi spesso di casa in casa per nascondersi, è il secondo sulla lista delle persone che Israele considera minacce alla sua sicurezza. Il primo è quello di Yahya Sinwar, capo politico di Hamas dentro la Striscia.
Riuscire a eliminarlo sarebbe un importante successo per il governo di Netanyahu, sia da un punto di vista della comunicazione che da quello strategico: non solo Deif è considerato uno degli organizzatori degli attacchi del 7 ottobre, ma a lui viene anche riconosciuto un ruolo fondamentale nella guida strategica delle Brigate al Qassam. Michael Milshtein, un ex funzionario dell’intelligence israeliana, lo ha definito «il cuore pulsante del braccio armato di Hamas», in grado di renderlo una forza quasi al pari di un esercito.