Negli Stati Uniti gli attentati a presidenti e candidati alla presidenza sono piuttosto comuni
Molti di loro hanno subito attentati simili a quello contro Donald Trump: quattro presidenti e un candidato sono stati uccisi, mentre Gerald Ford è sopravvissuto a ben due attacchi
Nella notte italiana tra sabato e domenica un uomo ha sparato contro il candidato Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, nonché ex presidente, Donald Trump, che stava tenendo un comizio a Butler, in Pennsylvania. Trump è stato lievemente ferito all’orecchio ed è stato dimesso dall’ospedale poche ore dopo essere stato ricoverato.
Fin dalle prime ore di domenica in molti hanno ricordato che l’attentato a Trump è stato solo l’ultimo di una lunga serie di attacchi, più o meno riusciti, ai presidenti e ai candidati alla presidenza degli Stati Uniti, nella pur breve storia politica del paese: le spiegazioni più citate sono una massiccia e normalizzata presenza di armi nella società, oltre che la proliferazione di gruppi armati e associazioni estremiste.
Su 45 presidenti statunitensi ne sono stati uccisi quattro, l’ultimo dei quali è stato John F. Kennedy, mentre due, Theodore Roosevelt e Ronald Reagan, sono stati feriti gravemente. Quasi tutti i presidenti sono stati inoltre oggetto di attacchi pianificati e mai eseguiti o di attentati falliti. Lo stesso è successo ad alcuni candidati alla presidenza, fra cui il Democratico Robert F. Kennedy, ucciso meno di cinque anni dopo l’assassinio del fratello maggiore John. Ma i primi attentati risalgono ai decenni iniziali della democrazia statunitense.
Il primo presidente a subire un attentato fu Abraham Lincoln, che fu ucciso il 14 aprile 1865 a Washington mentre assisteva a uno spettacolo teatrale. Il suo assassino, l’attore John Wilkes Booth, fu trovato e ucciso 12 giorni dopo in un fienile in Virginia, dove si era nascosto. Negli anni successivi furono uccisi altri due presidenti: James Garfield, nel 1881, dallo scrittore e avvocato Charles Guiteau, e William McKinley, nel 1901, dall’anarchico Leon Czolgosz. Entrambi gli attentatori furono condannati a morte e uccisi.
L’uccisione di tre presidenti nell’arco di 36 anni portò il Congresso degli Stati Uniti ad assegnare il compito di occuparsi della sicurezza del presidente, del vice e degli ex presidenti a un’agenzia specifica, chiamata Secret Service. Prima di allora quell’agenzia governativa, creata da Lincoln proprio nell’anno della sua morte, si occupava di contrastare la contraffazione del dollaro. Da allora è stato ucciso un solo altro presidente mentre era in carica, cioè Kennedy: ma spesso si è parlato di come molti attacchi, fra cui quello a Trump, non siano stati mortali per circostanze fortuite, più che per una reale protezione offerta dal Secret Service, un’agenzia la cui storia è piena di scandali e inefficienze.
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Nel 1912 Theodore Roosevelt, che come Trump era un ex presidente Repubblicano che si era ricandidato alla Casa Bianca, fu colpito da un proiettile prima di tenere un discorso a Milwaukee, in Wisconsin, che riuscì comunque a fare nonostante fosse stato ferito. Sopravvisse perché fu parzialmente protetto dalle 50 pagine che contenevano il testo del suo discorso e da una custodia per gli occhiali, ma il proiettile rimase nel suo corpo fino alla sua morte. Il suo attentatore, John Schrank, fu ricoverato in un istituto psichiatrico, dove morì 31 anni dopo.
Nel 1933 il presidente eletto Franklin Roosevelt, Democratico, che sarebbe entrato in carica nel giro di poche settimane, subì un attentato a Miami da parte di Giuseppe Zangara, un immigrato italiano con posizioni anarchiche, che gli sparò cinque colpi di pistola. Roosevelt però non si fece nulla. Al posto suo morì invece l’allora sindaco di Chicago, Anton Cermak. Zangara fu condannato a morte e ucciso due settimane dopo l’attentato.
Nel 1963 il presidente John F. Kennedy, anche lui Democratico, fu ucciso mentre attraversava in auto il centro di Dallas insieme a sua moglie Jackie, al governatore del Texas John Connally Jr. e a sua moglie Nellie Connally. A sparargli fu Lee Harvey Oswald, che fu subito arrestato. Due giorni dopo Oswald fu a sua volta ucciso da Jack Ruby, proprietario di una discoteca di Dallas, che gli sparò al petto durante il trasferimento in un’altra prigione. L’assassinio di Kennedy è stato uno degli avvenimenti più rilevanti nella storia contemporanea degli Stati Uniti, raccontato in decine di libri e film e citato in altre migliaia. Il modo poco trasparente con cui furono condotte le indagini successive ha permesso che intorno alla vicenda si sviluppassero moltissime teorie cospirazioniste.
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Cinque anni dopo, nel 1968, morì in un attentato anche il fratello minore di Kennedy, Robert F. Kennedy. In quel momento era uno dei candidati alle primarie del Partito Democratico alla presidenza degli Stati Uniti. Fu ucciso subito dopo aver pronunciato il discorso di vittoria per le primarie in California da Sirhan Sirhan, un uomo giordano-palestinese che era contrario al sostegno di Robert Kennedy nei confronti di Israele. Sirhan fu inizialmente condannato a morte, ma la sua pena fu commutata in ergastolo e ancora oggi si trova in carcere.
Il 38esimo presidente degli Stati Uniti Gerald Ford, Repubblicano, è l’unico a essere sopravvissuto non solo a uno, ma a ben due attentati, avvenuti nell’arco di tre settimane in California ed entrambi commessi da donne. Il 5 settembre 1975 Ford stava andando a incontrare il governatore della California a Sacramento quando Lynette “Squeaky” Fromme, che faceva parte del culto della famiglia Manson, si avvicinò per stringergli la mano. Invece cercò di sparargli alcuni colpi di pistola a distanza ravvicinata. Il caricatore conteneva però solo quattro cartucce e nessuna di queste era nella canna, quindi Fromme sparò a vuoto e fu poi velocemente allontanata dal Secret Service. Il 22 settembre a tentare di uccidere Ford fu Sara Jane Moore, a San Francisco: Moore sparò un colpo che mancò Ford e fu subito immobilizzata da un passante. Anni dopo disse che aveva cercato di uccidere il presidente sperando così di avviare una rivoluzione nel paese. Entrambe sono state condannate all’ergastolo e sono state rilasciate rispettivamente nel 2007 e nel 2009.
L’ultimo presidente a essere stato ferito gravemente in un attentato è stato Ronald Reagan, Repubblicano. Il 30 marzo 1981 Reagan stava tornando alla sua macchina dopo un comizio a Washington DC quando John Hinckley Jr. gli sparò sei colpi, colpendo lui e altre tre persone, che sopravvissero: Reagan fu raggiunto da un solo proiettile che gli perforò un polmone, mancando di poco il cuore. Hinckley fu dichiarato non colpevole per infermità mentale: ha sempre giustificato l’attacco dicendo di volere attirare l’attenzione dell’attrice Jodie Foster, che perseguitava da tempo. Fu ricoverato in un ospedale psichiatrico fino al 2016; oggi è libero e gestisce un canale YouTube dove pubblica dei video in cui suona e canta delle canzoni con la chitarra.
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Negli ultimi anni altri presidenti hanno subito attacchi simili, ma sono rimasti illesi. Nel 1994 un uomo di nome Francisco Martin Duran sparò contro un edificio usando un fucile semiautomatico pensando, erroneamente, di aver intravisto da una finestra il presidente Bill Clinton, che in effetti si trovava dentro l’edificio ma in un altro posto. Nessuno rimase ferito ma Duran fu comunque condannato a 40 anni di carcere per aver tentato di uccidere un presidente.
Nel 2005 il presidente Repubblicano George W. Bush stava partecipando a un comizio a Tbilisi insieme al presidente georgiano Mikheil Saakashvili quando il cittadino georgiano Vladimir Arutyunian lanciò una bomba a mano verso il podio: la bomba però non esplose e un agente della sicurezza georgiana la tolse velocemente dal palco. Bush e Saakashvili non si accorsero di niente, mentre Arutyunian fu condannato all’ergastolo.
Alcuni attentati contro diversi presidenti, fra cui il Repubblicano Richard Nixon, fallirono o non vennero mai portati a compimento, mentre altri furono bloccati per tempo dagli agenti del Secret Service, come nel caso dei presidenti William Howard Taft e Harry Truman.