• Domenica 14 luglio 2024

Raccontare il carcere, dall’interno

Grazie a radio, giornali, podcast e altre iniziative, le persone detenute in alcune carceri hanno la possibilità di raccontare le loro esperienze e le loro condizioni.

di Martina Roberta Bianchi

Uno screenshot dell’homepage di Prison Radio Association
Uno screenshot dell’homepage di Prison Radio Association
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Tendiamo a non parlare di carcere o a parlarne sempre negli stessi termini. Generalmente, la prima cosa che si collega alle persone detenute è il reato per cui sono state condannate, anche se il fine ultimo del carcere è il reinserimento nella società. Per Valentina Calderone, garante dei detenuti di Roma, «c’è una grande lacuna nella trattazione quotidiana» perché si tende a parlare di carcere soprattutto in seguito a fatti di cronaca violenti. Negli anni molte realtà hanno cercato di contrastare questa tendenza, raccontando il carcere in maniera più completa. Queste iniziative sono spesso curate dalle stesse persone detenute, che col tempo hanno prodotto o partecipato a programmi radiofonici e televisivi, video, podcast, periodici e dossier che raccolgono dati su ciò che avviene in carcere e sulle condizioni in cui i detenuti vivono.

Ristretti Orizzonti è il giornale della Casa di Reclusione di Padova e dell’Istituto di Pena Femminile della Giudecca, a Venezia, curato da diverse persone detenute. “Ristretti” nel linguaggio burocratico carcerario significa “detenuti” e da qui il nome del giornale, che ha iniziato le pubblicazioni nel 2013. Ristretti Orizzonti, tra le altre cose, realizza report ripresi da Antigone – una delle maggiori associazioni italiane che si occupano dei diritti e della tutela dei detenuti – che li inserisce nel suo rapporto annuale. Uno dei più importanti riguarda i dati dei suicidi in carcere ed è aggiornato giorno per giorno. Quest’anno questo report ha contribuito a mantenere l’attenzione sul tema: fino a luglio sono stati segnalati 55 suicidi, un numero molto alto se confrontato all’andamento degli ultimi anni.

Un’esperienza simile a quella di Ristretti Orizzonti è Carte Bollate, giornale redatto e in parte finanziato dai detenuti del carcere di Bollate, insieme a quello di San Vittore e Opera, tutti e tre nella zona di Milano. Attualmente sono 25 i detenuti che partecipano al progetto: dal 2002 realizzano un nuovo numero ogni due mesi. La tiratura è di 1200 copie, distribuite a detenuti e operatori del carcere o inviate per posta a giornalisti, magistrati e a quanti ne fanno richiesta a seguito di una donazione.

Carte Bollate è nato dall’iniziativa delle persone detenute: dal 2011 l’editore è l’associazione Amici di carteBollate a cui sono associati anche coloro che fanno parte della redazione. Carte Bollate ha lo scopo di mantenere un dialogo tra l’interno e l’esterno delle strutture detentive, ma allo stesso tempo prova a crearlo all’interno del carcere stesso, portando informazione e opportunità di confronto.

Oltre i confini è invece un inserto del giornale il Cittadino di Monza. L’idea è nata con l’arrivo nella redazione del giornale di Antonetta Carrabs, presidente dell’associazione Zeroconfini, che aveva spesso lavorato con i detenuti di Monza per un laboratorio di narrazione. Le poesie, i racconti, le riflessioni di quella che è diventata “la redazione di Sanquirico”, nome della casa circondariale di Monza, hanno convinto a iniziare questo progetto. I contenuti sono elaborati dalle persone detenute, mentre la redazione del Cittadino cura i particolari, l’impaginazione e la cura editoriale. Tra i contenuti si trovano storie personali, testimonianze, ricette, presentazioni sui corsi che è possibile seguire in carcere oltre a notizie.

Il racconto di ciò che avviene in carcere passa anche attraverso le radio. Uno dei programmi più conosciuti è Jailhouse Rock, condotto da Susanna Marietti e Patrizio Gonnella, e curato dall’associazione Antigone. Jailhouse Rock va in onda su Radio Popolare ogni settimana dal 2010, ma anche su altre radio – in orari diversi – del gruppo Popolare Network, alternando il tema del carcere alla musica, e legando la musica trasmessa a quello di cui i conduttori stanno parlando. La programmazione comprende anche un giornale radio alla cui scrittura collaborano due redazioni: una nel carcere Rebibbia di Roma e l’altra nel carcere milanese di Bollate, insieme ai volontari dell’associazione Antigone.

Riccardo Arena conduce un’altra tra le più longeve esperienze che parlano di carcere: Radio Carcere. È una rubrica radiofonica andata in onda per la prima volta nel 2001 e tratta in modo critico le problematiche di chi è in prigione. Radio Carcere è parte del palinsesto di Radio Radicale, che da sempre dà attenzione ai temi dei diritti. Arena analizza e denuncia le problematiche del sistema carcerario italiano, sia da un punto di vista politico e legislativo sia guardando alle difficoltà che affronta chi vive in carcere: dalla salute mentale ai suicidi, passando per le cause dei numerosi casi di recidiva.

I programmi radio dedicati al carcere si ispirano spesso a iniziative simili avviate da tempo all’estero. Una delle più citate è National Prison Radio (NPR), che nel Regno Unito coinvolge più di cento persone in carcere che collaborano alla produzione dei programmi. La radio è ascoltata da più di 85mila detenuti tra Inghilterra e Galles. NPR è nata formalmente nel 2009, ma l’idea era venuta già nel 1994 a Mark Robinson e Roma Hooper, che vivevano nella zona della prigione di Feltham, a ovest di Londra, che in quel periodo registrava diversi atti di autolesionismo tra i detenuti. Dal 2005 BBC ha avuto un ruolo fondamentale nella gestione della radio, che si è trasformata nel tempo, anche se sono state mantenute alcune forme di collaborazione.

Nella televisione, oltre che nei programmi crime, il carcere compare spesso in documentari o fiction. Serie televisive come Mare Fuori – produzione RAI che segue le storie di alcuni minori detenuti all’Istituto penitenziario minorile (IPM) di Napoli – hanno generato spesso un ampio dibattito sulla rappresentazione della situazione carceraria italiana: se nella maggior parte dei casi non si va oltre il collegamento tra carcere e reato, per Mare Fuori il problema è che la realtà mostrata, molto sfaccettata e “quotidiana”, non rappresenta la vera situazione dei centri di detenzione minorile, ma ha comunque il merito di avvicinare i giovani al tema.

Chicoria, rapper italiano, ha portato sulle piattaforme social molte storie personali sul carcere: il format Dietro le barre – nato su Instagram e continuato su YouTube, che dalla seconda stagione è stato prodotto in collaborazione con Antigone – permette a ogni ex-detenuto di raccontare a fondo la propria esperienza, quello che è successo prima, ma soprattutto dopo il periodo di detenzione. Dai video traspaiono spesso un certo sentimento di rivalsa da parte dei protagonisti e l’intenzione di raccontare la complessità delle loro vicende.

Il carcere può essere anche un punto di partenza: tanti dei protagonisti di Dietro le barre hanno trovato in prigione la loro strada e da lì hanno sviluppato un percorso lavorativo. Inoltre è spesso trattato il tema delle dipendenze, sia come causa della detenzione sia come un problema ricorrente che si presenta durante la permanenza in carcere.

Molti podcast si sono occupati di detenuti e carceri, come Cara Bianca della giornalista e documentarista Marzia Coronati. Le voci del podcast sono quelle dei detenuti della casa circondariale di Orvieto. Bianca Cerri, da cui il podcast prende il nome, era una giornalista che nel 1994 aveva iniziato a scambiare lettere con alcuni detenuti nel “braccio della morte” statunitense, ovvero in attesa di esecuzione della pena di morte. Dopo la morte di Cerri, nel 2022, la famiglia aveva consegnato a Coronati intere buste di lettere – frutto della corrispondenza portata avanti con quei detenuti – diventate il materiale con cui è stato prodotto il podcast.

Queste e le numerose altre iniziative di questo tipo non hanno sempre una grande visibilità. Ciò porta a continuare a credere che le persone detenute – secondo gran parte della società – non siano in grado di parlare per sé, di portare avanti le proprie idee e denunciare i problemi che le toccano da vicino, come ricorda Calderone: «Dal punto di vista comunicativo, una delle cose che bisogna sostenere sempre di più è proprio il fatto che le persone detenute hanno una voce: bisogna solo trovare il modo di farla uscire».

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.

Questo e gli altri articoli della sezione Dentro e intorno al carcere sono un progetto del workshop di giornalismo 2024 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.