• Domenica 14 luglio 2024

Cosa è il garante dei detenuti? E serve?

È un’autorità indipendente con un ruolo soprattutto di monitoraggio e controllo della situazione nei luoghi di privazione della libertà: ogni tanto porta anche qualche cambiamento concreto

di Marco Lo Nardo

Il presidente del Garante nazionale dei detenuti Felice Maurizio D’Ettore e Irma Conti, che fa parte del collegio dell'istituzione, a Roma, 19 febbraio 2024
(Mauro Scrobogna/LaPresse)
Il presidente del Garante nazionale dei detenuti Felice Maurizio D’Ettore e Irma Conti, che fa parte del collegio dell'istituzione, a Roma, 19 febbraio 2024 (Mauro Scrobogna/LaPresse)
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Negli ultimi mesi è cresciuta l’attenzione dei giornali nei confronti delle pessime condizioni delle persone detenute nelle carceri italiane. I dati dimostrano che la situazione è effettivamente critica: nei primi sei mesi del 2024 il numero di suicidi tra i detenuti è stato significativamente maggiore rispetto allo stesso periodo degli scorsi anni. Sono stati 44 contro i 34 del 2023 e i 33 del 2022.

Da tempo le tante associazioni che in Italia si occupano dei diritti dei detenuti sollecitano interventi per garantire il rispetto dei diritti essenziali. Nel 2013 lo Stato ha creato un organo che ha proprio questo compito: il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale o, come è più comunemente chiamato, il Garante nazionale dei detenuti. L’organismo, che è operativo dal 2016, negli ultimi anni è intervenuto in modo determinante in diverse vicende, nonostante abbia poteri pressoché limitati al monitoraggio e alla redazione di report.

Contrariamente a ciò che il nome potrebbe far pensare, il Garante dei detenuti non è una persona unica ma un organo collegiale, composto da un presidente e altri due membri. È un organismo che agisce in maniera indipendente, ma i cui membri sono indicati dal consiglio dei ministri. La nomina avviene con decreto del presidente della Repubblica, ma si tratta di una formalità, dato che la scelta concreta delle persone da incaricare è appunto nelle mani del governo.

Alle dipendenze del Garante c’è un ufficio, in cui possono lavorare un massimo di 25 persone, per la gran parte dipendenti del ministero della Giustizia. Rientra nella lunga lista di organismi indipendenti con poteri di sorveglianza che esistono nel nostro paese insieme, ad esempio, al Garante della privacy e all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (il cosiddetto Antitrust).

Il principale compito del Garante dei detenuti è sorvegliare i luoghi di privazione della libertà, quindi non solo il carcere, ma anche i luoghi dove la polizia trattiene le persone in arresto o in custodia, i CPR (centri di permanenza per il rimpatrio, cioè dove i migranti vengono messi in attesa di essere espulsi dal paese), i reparti dove si effettuano i trattamenti sanitari obbligatori (TSO) e le residenze per persone anziane o con disabilità.

Il problema delle pessime condizioni di vita all’interno delle carceri italiane ha una lunga storia, e infatti si è parlato per moltissimo tempo della necessità di avere un Garante nazionale di questa natura, senza però che accadesse nulla di concreto fino al 2013. Prima di allora, dato lo stallo del dibattito a livello nazionale, diverse amministrazioni si erano organizzate designando delle figure di garanzia a livello locale che esistono ancora oggi, a partire dal Comune di Roma, che istituì il proprio Garante nel 2003.

Il motivo per cui infine si decise di istituire il Garante nazionale dipese più che altro dagli impegni che il nostro paese aveva preso a livello internazionale. Nel 2012, infatti, l’Italia aveva ratificato un protocollo dell’ONU che obbligava gli stati a introdurre strumenti di prevenzione in tutti i luoghi di privazione di libertà, sia di diritto che di fatto. Nel 2013, inoltre, con la decisiva sentenza Torreggiani, l’Italia era stata sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo a causa del sovraffollamento delle sue carceri, e si era quindi reso necessario intervenire per trovare soluzioni concrete al problema.

Quell’anno, prima che il Garante potesse iniziare a funzionare (cosa che sarebbe successa solo nel 2016, con la prima nomina dei membri del suo collegio) ne vennero allargate le competenze per far fronte a un altro impegno che l’Italia aveva preso e che fino ad allora non aveva rispettato. Contrariamente a quanto previsto da una direttiva europea del 2008, infatti, non aveva mai istituito un meccanismo di monitoraggio efficace dei rimpatri forzati, cioè le procedure di espulsione dei migranti irregolari che non collaborano con le autorità dopo che queste gli hanno comunicato che non possono restare in Italia.

Per via di questo mancato recepimento delle norme comunitarie, la Commissione europea nel 2014 aveva aperto una procedura di infrazione, cioè il procedimento che serve a sanzionare gli Stati membri che non rispettano gli impegni presi a livello europeo.
L’indicazione da parte dell’Italia del Garante nazionale come proprio meccanismo di monitoraggio permise la chiusura della procedura di infrazione nel 2017, poco tempo dopo l’inizio dei lavori del Garante sui rimpatri forzati.

L’attività di monitoraggio del Garante dei detenuti avviene principalmente tramite visite nei luoghi di detenzione, quasi sempre effettuate senza preavviso, che si concludono con un rapporto contenente delle osservazioni e, se necessario, delle raccomandazioni alle autorità competenti.

Il Garante può svolgere colloqui riservati con tutte le persone ospitate nei luoghi interessati o con chiunque reputi opportuno sentire, accedendo anche alla relativa documentazione, perfino con riferimento a persone detenute al 41-bis, il regime carcerario più duro. Il Garante sceglie liberamente le strutture da visitare, servendosi delle informazioni ricevute dai garanti territoriali, da organizzazioni non governative, da reclami dei detenuti stessi, ma anche desunte dai media.

Una volta redatti, i rapporti vengono inviati riservatamente alle amministrazioni competenti, e vengono poi pubblicati con le eventuali risposte da parte di queste. Il contenuto dei rapporti è una forma di “soft law”: si tratta cioè di indicazioni non vincolanti, ma che assumono importanza in funzione dell’autorevolezza dell’istituzione che le detta. In concreto, quindi, l’effetto principale dell’attività del Garante è quello di segnalare le violazioni ai danni delle persone private della libertà, portandole all’attenzione delle autorità competenti e spesso dei media.

Si tratta, dunque, di un’istituzione il cui compito principale non è adottare soluzioni, ma prevenire le violazioni e identificare i problemi tramite le proprie attività di controllo.

Il Garante nazionale è intervenuto documentando situazioni molto problematiche in diversi casi noti a livello nazionale. Nel 2018 ha visitato la nave Diciotti (una nave di salvataggio con a bordo oltre 170 persone migranti) presentando poi un’informativa alle procure che si occupavano delle indagini. Nel 2021 poi ha presentato un esposto che ha dato il via all’indagine sulle violenze del 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, uno dei casi recenti più eclatanti di violenze da parte di agenti della polizia penitenziaria nelle carceri italiane, che avevano coinvolto oltre 300 persone detenute. Più di recente, il Garante ha seguito con attenzione il caso di Alfredo Cospito, detenuto anarchico che aveva iniziato uno sciopero della fame per protestare contro il regime di detenzione 41-bis. Ma accanto a questi casi più noti, ci sono decine di criticità meno conosciute a cui la rete di garanti nazionale e locali ha portato visibilità.

Il Garante ha anche una funzione di coordinamento con i suoi omologhi a livello internazionale ed europeo. Di recente lo si è visto nella mediazione con il proprio omologo ungherese avvenuta durante la detenzione di Ilaria Salis, italiana arrestata in Ungheria per motivi politici.

Tra i compiti del Garante c’è la presentazione di una relazione annuale sul suo operato al parlamento, spiegando anche le priorità per il futuro. Per il Garante è inoltre possibile intervenire nei procedimenti penali, e presentare opinioni scritte alla Corte europea dei diritti dell’uomo e alla Corte costituzionale.

Nel 2023 il governo di Giorgia Meloni ha nominato i nuovi membri di questo organismo, sostituendo il primo presidente Mauro Palma con Felice Maurizio D’Ettore, esponente di Fratelli d’Italia. Le opposizioni avevano fortemente criticato la nomina, in primo luogo per la presunta inesperienza del nuovo presidente, e soprattutto per la sua appartenenza politica al principale partito di governo, ritenuta incompatibile con la presidenza di un organo indipendente.
D’Ettore era stato parlamentare nella legislatura immediatamente precedente a quella attuale, facendosi eleggere con Forza Italia. Aveva poi aderito al gruppo parlamentare del presidente della regione Liguria Giovanni Toti, salvo passare a Fratelli d’Italia pochi giorni prima delle elezioni del 2022, alle quali non era stato ricandidato.

Le critiche sono continuate recentemente, dopo che l’opposizione ha accusato il nuovo Garante di «inerzia totale» e lo ha invitato a «prendere esempio dai suoi predecessori». Walter Verini del Partito Democratico, segretario della Commissione parlamentare di giustizia del Senato, ha lamentato infatti che da parte del nuovo Garante «non si registrano prese di posizione, atti, moniti, visite».
Effettivamente l’ultimo rapporto pubblicato sul sito ufficiale in seguito a una visita risale al 2023, prima che si insediasse il nuovo collegio, ma risultano comunque diverse visite in istituti carcerari come quelli di Castrovillari e di Reggio Calabria, o l’istituto di Santa Maria Maggiore a Venezia.

Tra le ultime pubblicazioni del Garante nazionale ci sono, oltre al rapporto sui suicidi in carcere, un rapporto sull’indice di sovraffollamento nelle carceri, e delle nuove linee guida sul monitoraggio dei rimpatri forzati.

Questo e gli altri articoli della sezione Dentro e intorno al carcere sono un progetto del workshop di giornalismo 2024 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.