• Domenica 14 luglio 2024

Il carcere minorile Beccaria di Milano, dopo le indagini sulle violenze

Gli agenti penitenziari indagati sono stati arrestati o sospesi, ma nell’istituto che un tempo era considerato un modello continuano a esserci problemi

di Nicolò Cenetiempo

Polizio fuori dal carcere minorile Beccaria, Milano, 29 maggio 2024
(Stefano Porta/LaPresse)
Polizio fuori dal carcere minorile Beccaria, Milano, 29 maggio 2024 (Stefano Porta/LaPresse)
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Dalla fine di aprile gli arresti e le sospensioni di 21 agenti della Polizia Penitenziaria accusati di violenze nei confronti dei detenuti hanno fatto crescere l’attenzione sulle condizioni all’interno del carcere minorile Beccaria di Milano. Alcuni agenti hanno ammesso le proprie responsabilità e alcuni hanno avuto crolli emotivi di fronte ai magistrati che li stavano interrogando nel corso di un’indagine durata più di un anno. Con il passare delle settimane l’attenzione mediatica è però diminuita e si è parlato poco dei cambiamenti che in seguito si sono verificati al Beccaria. Negli ultimi mesi ci sono state proteste, evasioni e anche alcuni incendi, di cui l’ultimo solo qualche giorno fa.

Il Beccaria ha una capienza di 70 posti: ad aprile, quando è uscita la notizia delle indagini i detenuti erano 81, mentre a giugno sono scesi a 50. Questa diminuzione progressiva non si spiega con l’intenzione da parte dell’amministrazione del Beccaria di risolvere il problema del sovraffollamento. In realtà molti spazi del carcere sono diventati inagibili dopo le proteste dei detenuti, avvenute alcune settimane dopo l’allontanamento dei 21 agenti. Alle due proteste del 6 e del 29 maggio è seguito un incendio il 7 luglio: la capienza effettiva della struttura – cioè il numero di posti disponibili – è stata ridotta e decine di detenuti sono stati trasferiti in altre carceri minorili.

La protesta del 29 maggio è stata quella più grossa, anche perché ha coinvolto la quasi totalità dei detenuti. Come spesso avviene in questi casi, molti giornali hanno dedicato ampio spazio alle dichiarazioni dei portavoce dei sindacati di Polizia Penitenziaria, che hanno parlato di “rivolta”. Questo termine è stato però duramente contestato dall’associazione Antigone, che si occupa della tutela dei diritti delle persone che si trovano in carcere e che ha invece invitato a definire quanto era successo al Beccaria una “protesta”. Secondo Antigone infatti il termine “protesta” sarebbe più appropriato per iniziare un dialogo con i detenuti dell’istituto, in cui, secondo la giudice per le indagini preliminari (GIP) Stefania Donadeo, ci sarebbe stato un «sistema consolidato di violenze reiterate, vessazioni, punizioni corporali, umiliazioni e pestaggi di gruppo». Al contrario l’uso di “rivolta” rafforzerebbe la contrapposizione tra le istituzioni e i detenuti.

Una protesta nel carcere minorile Beccaria, Milano, 29 Maggio 2024 (Stefano Porta/LaPresse)

Il 14 giugno due ragazzi sono evasi dal carcere minorile: uno è stato trovato il giorno successivo, l’altro due giorni dopo. Valeria Verdolini, responsabile di Antigone in Lombardia, dice che queste due evasioni, insieme alle proteste e agli incendi, sono «una spia che mostra come la situazione non sia ancora del tutto rientrata». Secondo Verdolini il Beccaria è un «istituto ancora convalescente» e ci vorrà del tempo per ricostruire un rapporto di fiducia con i detenuti.

Le indagini sul Beccaria sono state condotte dalla procura di Milano e il 22 aprile avevano portato all’arresto di 13 agenti e alla sospensione di altri 8. I possibili reati contestati agli agenti sono diversi, e tutti molto gravi. L’accusa è di aver commesso o coperto le violenze nei confronti dei detenuti tra il 18 novembre 2022 e il 19 marzo 2024. Una settimana dopo gli arresti e le sospensioni, l’agenzia di stampa Ansa aveva inoltre diffuso alcune immagini in bianco e nero che risalivano allo scorso 8 marzo: erano tratte dai filmati delle telecamere di videosorveglianza interne al Beccaria e mostravano l’aggressione di un detenuto di 15 anni da parte di alcuni agenti.

Nell’udienza del 3 maggio la giudice Stefania Donadeo aveva confermato la custodia cautelare in carcere per 10 degli agenti arrestati, mentre gli altri 3 erano stati messi agli arresti domiciliari: in attesa di giudizio potranno quindi stare nelle proprie abitazioni. Nessuno degli 8 agenti che il 22 aprile erano stati sospesi è rientrato in servizio al Beccaria. Valeria Verdolini spiega che il personale di custodia nell’istituto era già sotto organico prima degli arresti e delle sospensioni, ma che presto la carenza di personale dovrebbe essere risolta con l’arrivo di una quarantina di agenti, che prenderanno il posto dei 20 entrati in servizio provvisorio subito dopo l’applicazione delle misure cautelari.

In Italia sono 17 le carceri minorili, o istituti penali minorili (IPM). Si tratta di strutture in cui sono detenute persone tra i 14 e 18 anni, ma che possono ospitare anche giovani adulti fino ai 25 anni se il reato è stato commesso prima della maggiore età. Il Beccaria è l’unico carcere minorile presente in Lombardia, e un tempo veniva considerato un caso virtuoso. Don Gino Rigoldi, che è stato il cappellano dell’istituto per oltre 50 anni, sostiene ad esempio che in passato il Beccaria fosse il carcere minorile «modello a Milano e in Europa». Oggi però le cose sono molto cambiate, e non solo per le indagini o per le proteste più recenti.

Negli ultimi quindici anni il Beccaria ha avuto diversi problemi, tra cui la carenza di personale e i lavori di ristrutturazione mai completati. Per un lungo periodo si sono succeduti alla guida dell’istituto diversi “direttori reggenti”, ovvero incaricati di amministrare più carceri, e si è dovuto aspettare fino al dicembre del 2023 prima di avere un direttore con sole responsabilità sul Beccaria. Inoltre la popolazione del Beccaria è ora principalmente composta da giovani detenuti in custodia cautelare, per la gran parte minori stranieri non accompagnati. Sono minorenni arrivati da soli in Italia, che hanno bisogno di assistenza e con cui costruire un percorso di reinserimento è più complicato.

Negli ultimi anni è poi emerso un altro motivo di preoccupazione: la crescita nel consumo di psicofarmaci da parte delle persone detenute. La rivista Altreconomia ha pubblicato lo scorso maggio un’inchiesta che dimostra come al Beccaria la spesa in psicofarmaci sia aumentata almeno del 219 per cento tra il 2020 e il 2022. Tuttavia, secondo il rapporto dell’associazione Antigone uscito nel gennaio del 2024, al Beccaria solo cinque o sei ragazzi presentavano «una diagnosi psichiatrica certificata». A fronte di un numero così modesto, l’incremento della spesa in psicofarmaci non sembra avere una spiegazione unicamente terapeutica. Da anni, infatti, l’associazione Antigone sostiene che la prescrizione massiva di psicofarmaci sia usata in carcere senza seguire le dovute procedure, per sedare e controllare meglio le persone detenute.

Questo e gli altri articoli della sezione Dentro e intorno al carcere sono un progetto del workshop di giornalismo 2024 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.