Gli hamburger si sono appiattiti
Gli “smash burger”, con la loro classica “crosticina”, da qualche anno hanno rimpiazzato quelli “gourmet” saturando il mercato
C’è stato un periodo, una decina di anni fa, in cui le città italiane si riempirono nel giro di poco di hamburgerie, locali in cui si servono prevalentemente hamburger, spesso definiti “gourmet” e promossi con una certa insistenza sulla qualità delle materie prime. Quegli hamburger erano ricchi di ingredienti, spesso insoliti e accostati con creatività, e piuttosto alti: gli strati erano diversi e la carne stessa era spessa, cotta in modo da lasciare rosa la parte interna, tanto che mangiarli con le mani era spesso un’operazione di una certa difficoltà.
Da un po’ di tempo le cose sono cambiate. Specialmente nelle grandi città, i locali che propongono hamburger seguono un approccio totalmente diverso alla preparazione del panino e alla cottura della carne. Fanno perlopiù “smash burger”, panini molto più essenziali e compatti, a cui sono esplicitamente dedicati nuovi locali e nuove catene. In questi hamburger il patty (il medaglione di carne) è pressato con vigore sulla piastra rovente attraverso uno strumento apposito, in modo tale da appiattirlo e aumentare la superficie sulla quale avviene la cosiddetta “reazione di Maillard”, quella che crea una crosticina marrone e piacevole al gusto attraverso l’abbrustolimento, insieme a un profumo invitante.
È una moda che è partita, prevedibilmente, dagli Stati Uniti. Secondo dati del Wall Street Journal, le ricerche relative agli smash burger sul sito di recensioni di ristoranti Yelp sono più che raddoppiate tra il 2019 e il 2023, e le ricerche su Google della parola smash burger sono aumentate di dieci volte dall’inizio del 2020. Anche i locali di lusso stanno realizzando delle loro versioni sfarzose degli smash burger, utilizzando carni molto costose come il manzo wagyu, e nell’ultimo anno chef stellati hanno aperto locali specializzati in questa preparazione.
Gli smash burger stanno avendo un grande successo anche in Italia. Giacomo Ballarini, fondatore dell’hamburgeria Buns e autore del libro
I cosiddetti “smash burger” cominciarono a diffondersi negli Stati Uniti tra gli anni Venti e Trenta dello scorso secolo. Secondo George Motz, storico dell’alimentazione statunitense e autore di diversi libri dedicati alla storia degli hamburger, lo smash burger «è l’hamburger che ha dato inizio a tutto» e «l’originale hamburger americano». Come accade con tutte le pietanze che diventano molto popolari, si è creata tutta una mitologia attorno alla loro nascita.
Secondo un aneddoto ripreso da diverse riviste americane che si occupano di cibo e ristorazione, questa modalità di cottura sarebbe nata una cinquantina d’anni fa ad Ashland, nello stato americano del Kentucky, da Bill Culverston, proprietario del ristorante locale Dairy Cheer, avrebbe iniziato a utilizzare il metodo dopo aver visto un cuoco che schiacciava un hamburger con una lattina di birra. Altri fanno risalire l’origine degli smash burger a un panino tipico dell’Oklahoma, l’OKC Burger, in cui un patty di carne e cipolle veniva schiacciato fino a creare un disco sottilissimo. Un altro locale che ha legato la sua fama agli smash burger è il Miner Dunn di Highland, in Indiana, che li prepara da più di un secolo.
Intervistato dalla rivista Slate, Motz ha raccontato che in realtà l’origine degli smash burger è molto più antica: cominciarono a diffondersi negli Stati Uniti verso la fine dell’Ottocento ed erano molto diffusi soprattutto tra i ceti meno abbienti e tra i frequentatori delle fiere, perché economici e veloci da cuocere.
La loro popolarità aumentò a partire dal 1921, quando White Castle, una catena di fast food fondata all’inizio di quell’anno a Wichita in Kansas, applicò questo metodo di cottura a tutti i panini del suo menù. Dato che White Castle è una delle più antiche catene statunitensi, secondo Motz gli smash burger «sono stati i primi veri hamburger da fast food». Negli anni Quaranta questo tipo di cottura cominciò a essere abbandonato, anche perché i ristoranti cominciarono a fare largo utilizzo di carne surgelata, e questa circostanza indusse le principali catene a preferire metodi diversi e più convenzionali.
Il ritorno di moda di questa pietanza iniziò nel 2017 a Los Angeles (California), grazie al passaparola che si creò attorno agli smash burger preparati da Shawn Nee, un cuoco amatoriale che li vendeva nel cortile di casa sua, a East Hollywood. Come ha raccontato la rivista Eater, in pochi mesi quell’attività amatoriale e «clandestina» diventò un ristorante vero e proprio: Burgers Never Say Die, il locale che «ha dato inizio alla scena degli smash burger in questa città». Seguendo l’esempio di Nee, diversi ristoratori losangelini hanno aperto locali specializzati in smash burger come Chris N Eddy’s, Burger She Wrote e Easy Street Burgers. Oggi Los Angeles è la città a cui gli smash burger sono maggiormente associati, con decine di ristoranti specializzati nella loro preparazione.
A partire dal 2021 gli smash burger sono diventati popolari anche a New York, una città in cui storicamente questo metodo di cottura era stato poco utilizzato. Jamie Chester, fondatore del ristorante Smashed, ha raccontato a Eater che nel 2021, quando decise di aprire l’attività, in città «non c’era ancora niente del genere». Aprì Smashed nell’aprile di quell’anno, e gli affari andarono subito bene: appena un mese dopo l’apertura il New Yorker, una delle più importanti riviste americane, definì uno dei panini del suo menù, il Big Shmacc (un nome che fa il verso al Big Mac, il panino più famoso del McDonald’s), «l’hamburger dell’estate».
Secondo Motz, il successo che gli smash burger hanno avuto a New York è dipeso anche dal fatto che questi panini si adattano molto bene allo stile di vita frenetico e veloce tipico della città: molte persone mangiano di fretta, spesso mentre camminano, e da questo punto di vista gli smash burger sono molto comodi e funzionali.
Grazie alla popolarità di questi locali, è aumentata anche la fama di una catena di fast food californiana che adopera questo metodo di cottura da molti anni: In-N-Out, famosa per il suo menù essenziale e replicato da moltissime catene (prevede solo tre panini: l’hamburger, il cheeseburger e il cosiddetto Double-Double, con doppia carne e doppio formaggio). Nel 2022 In-N-Out fu definito il fast food più popolare in California, ed è spesso in cima alle classifiche dei migliori fast food del paese.
In Italia la popolarità degli smash burger è associata principalmente a Burgez, fondata nel 2016 e modellata sullo stile delle principali catene di fast food americane, come Five Guys e per l’appunto In-N-Out, da cui riprende l’arredamento delle sale e l’estetica del packaging. Negli ultimi cinque anni in tutte le principali città italiane sono stati fondati locali che richiamano gli smash burger a partire dal nome, come Smash Tag a Roma e Smashy a Torino.
Secondo Ballarini, una parte del successo degli smash burger è dovuta alla loro estetica. «Sono hamburger molto golosi: per favorire la formazione della crosticina bisogna usare una carne molto grassa, e di solito sono conditi con tanto formaggio. Il risultato è molto invitante, ruba l’occhio e funziona», dice.
L’altro elemento che ha favorito l’ascesa degli smash burger è quello tecnico: «La tecnica nella cucina è sempre un elemento centrale, ma nel caso degli smash burger l’attenzione a questo aspetto sfiora in certi casi il fanatismo. Ci sono centinaia di video che spiegano come smashare un hamburger nel modo corretto e lo fanno con un piglio quasi matematico, enfatizzando tutte le fasi del procedimento e mostrando fieramente la crosticina che riescono a ottenere». Ballarini dice di rimanere stupito dal successo di questi contenuti, perché «non fanno altro che reiterare un gesto tecnico; un gesto bello eh, per carità, ma sempre uguale».