In Germania il governo vuole introdurre incentivi fiscali per i lavoratori stranieri
Per trovare una soluzione all'invecchiamento della popolazione: la proposta però è stata criticata da chi la ritiene «discriminatoria» per i cittadini tedeschi
Da una settimana in Germania si discute di una particolare proposta contenuta nel piano per la crescita economica presentato dalla coalizione di governo formata da Socialdemocratici, Verdi e Liberali. La misura prevede incentivi fiscali per i lavoratori stranieri qualificati, cioè che una parte che va dal 10 al 30 per cento del loro stipendio non venga tassata per i primi tre anni dal loro ingresso in Germania. La proposta è stata pensata tra le altre cose per risolvere un problema che riguarda la Germania e molti altri paesi europei, ovvero la mancanza di lavoratori e lavoratrici in settori chiave dell’economia, dovuta principalmente all’invecchiamento della popolazione.
La coalizione di governo ha ricevuto diverse critiche, anche dall’interno degli stessi partiti che la compongono. Quella più comune è che si tratti di una misura discriminatoria nei confronti dei cittadini tedeschi, e che possa essere in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione.
Lo stesso ministro del Lavoro, Hubertus Heil, dei Socialdemocratici, ha detto in un’intervista che la coalizione di governo dovrebbe «rivedere più attentamente» la proposta per evitare «fraintendimenti». Le critiche sono arrivate anche dall’opposizione: il segretario generale dell’Unione Cristiano-Sociale (CSU), Martin Huber, ha definito il piano «scandaloso»; il partito di estrema destra Alternative für Deutschland «uno schiaffo in faccia ai lavoratori tedeschi». In un momento in cui proprio la destra più radicale ha raggiunto livelli di consenso notevoli, anche grazie a una comunicazione molto concentrata sui temi legati all’immigrazione, Yasmin Fahimi, presidente della maggiore confederazione sindacale del paese, ha definito l’idea «socialmente esplosiva».
Il problema della mancanza di lavoratori e lavoratrici qualificate è molto serio per l’economia tedesca, che si trova in un momento di difficoltà che non ha precedenti recenti: nel 2023 per la prima volta dopo anni (eccetto il periodo della pandemia) l’economia del paese si è contratta e secondo l’Istituto di ricerca economica rischia di stagnare nel 2024 (e anche se dovesse crescere, si prevede una crescita molto bassa). Lo stesso ente ha stimato che attualmente in Germania manchino più di 570mila lavoratrici e lavoratori qualificati. Il settore più interessato è quello pubblico: entro il 2027 potrebbero mancare 65mila insegnanti, 34mila educatori e assistenti sociali e 58mila professionisti della sanità. Un impatto considerevole si sentirà anche sul settore delle costruzioni, a cui potrebbero mancare 23mila lavoratori, dell’ingegneria meccanica (21mila) e nel settore informatico (17mila).
Questo fenomeno dipende principalmente da fattori demografici: la popolazione in età da lavoro è sempre di meno perché i nuovi ingressi nel mercato del lavoro non sono sufficienti a sostituire i pensionamenti. Oggi la maggior parte della forza lavoro è costituita da baby boomer, ovvero quelle persone nate tra il 1946 e il 1964, che andrà in pensione entro il 2035: se questi lavoratori non riusciranno a essere sostituiti, ci sarà inevitabilmente una carenza di professionisti in vari settori.
Secondo l’Istituto per la ricerca sull’impiego dell’Agenzia federale per il lavoro, in Germania l’attuale forza lavoro potrebbe rimanere invariata solo con una immigrazione netta di 400mila lavoratori entro il 2035. È una tendenza che interessa la maggior parte delle economie avanzate, in cui il calo della natalità sta portando a un invecchiamento della popolazione, e di cui già si vedono gli effetti.
Diversi altri paesi europei hanno provato a risolvere questo problema con misure simili a quella proposta in questi giorni in Germania. Nel 2018 i Verdi tedeschi (che allora erano all’opposizione) avevano chiesto al governo di stilare una lista dei paesi che avevano introdotto misure simili, tra cui l’Italia, la Francia, la Spagna, i Paesi Bassi, il Regno Unito, ma anche Belgio, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Basi, Austria, Portogallo, Svezia e Cipro.
Un altro aspetto trasversale a molti di questi paesi, e che influisce sulla carenza di lavoratori specializzati, riguarda l’occupazione femminile.
Anche in Germania come altrove è più bassa di quella maschile sia in termini di ore lavorate che in termini di forza lavoro. Secondo l’ente di statistica federale tedesco la metà delle circa 9 milioni di donne impiegate nel paese ha un’occupazione part-time, e la quota aumenta fino a tre quarti se si parla di donne con figli. Un aumento delle ore lavorate dalle donne, se non compensato in altro modo (per esempio, con una riduzione delle ore lavorate dagli uomini) potrebbe contribuire a colmare la carenza di lavoratori qualificati. Nel piano per la crescita presentato dalla “coalizione semaforo” (il modo in cui viene chiamata la coalizione di governo in Germania, per via dei colori dei partiti che la compongono) sono presenti anche misure che vanno in questa direzione, come per esempio un incremento dei servizi per l’infanzia.
A questi aspetti, però, se ne aggiungono anche altri. Secondo l’OCSE per esempio negli ultimi anni la Germania è diventata meno attrattiva per i lavoratori e le lavoratrici straniere: nell’ultima classifica, pubblicata a settembre del 2023, il paese è passato dal 12° al 15° posto rispetto al 2019. Tra le motivazioni principali c’è il fattore della lingua: la burocrazia in Germania è ancora esclusivamente in tedesco, cosa che inevitabilmente pesa sulle possibilità di chi arriva; gli intervistati hanno citato anche la difficoltà di ottenere un permesso di soggiorno, un lavoro, il costo della vita e altre motivazioni personali.
C’è poi un tema di tempi: secondo il giornale tedesco Süddeutsche Zeitung, la carenza di personale negli uffici che devono processare le richieste di riconoscimento dei titoli di studio ottenuti all’estero rende le procedure per ottenere un permesso di soggiorno legato al proprio percorso di lavoratore specializzato molto lente.
Da diversi anni il governo tedesco prova a rimuovere gli ostacoli burocratici che impediscono o rallentano l’accesso al mondo del lavoro delle persone straniere residenti, che comunque continuano a contribuire in modo considerevole alla sostenibilità del sistema. Una delle più recenti risale al giugno scorso, quando era stata introdotta la “Carta delle opportunità”: una specie di permesso di soggiorno provvisorio, offerto alle persone con cittadinanza extraeuropea sulla base di un punteggio legato al titolo di studio, alle competenze linguistiche o alle esperienze passate. La Carta, invece che vincolare il permesso di soggiorno alla firma di un contratto e quindi alla sponsorizzazione da parte di un datore di lavoro, permette di rimanere legalmente in Germania in cerca di un lavoro per un anno.