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  • Venerdì 12 luglio 2024

Cosa significa riconoscere i diritti giuridici di un fiume

In Ecuador un tribunale ha stabilito che il comune di Quito ha violato quelli del Machángara, inquinandolo eccessivamente

Le anse di un fiume dell'Ecuador in mezzo alla foresta, viste da un aereo
Il fiume Bobonaza nella foresta amazzonica dell'Ecuador, il 14 maggio 2021 (Franklin Jacome/Getty Images)
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Il 5 luglio un tribunale dell’Ecuador, in America del Sud, ha riconosciuto i diritti giuridici di un fiume del paese, il Machángara, stabilendo che il comune di Quito li ha violati permettendo che venisse pesantemente inquinato e deve ripulirlo. La capitale dell’Ecuador si trova a 2.880 metri di altitudine in mezzo alle montagne ed è attraversata da decine di fiumi che si formano ad alta quota: il Machángara è uno di questi e scorre per 22 chilometri prima di congiungersi a un fiume più grande, il Guayllabamba. Nell’attraversare la città, che ha 2,6 milioni di abitanti, viene sfruttato come scarico fognario e dato che le sue acque non sono praticamente trattate hanno un livello di ossigeno molto basso, che rende molto difficile la vita di organismi acquatici.

La sentenza in favore del Machángara è stata possibile perché dal 2008 la Costituzione dell’Ecuador riconosce i diritti della natura: il paese è stato il primo a introdurli. L’articolo 71 della Costituzione ecuadoriana dice che la natura, o «Pacha Mama», l’espressione per “Madre Terra” in lingua quechua, ha diritto di esistere, di essere conservata e di essere rigenerata e che ogni cittadino o comunità ecuadoriana può chiedere alle autorità pubbliche di rispettare i suoi diritti.

Da quando sono stati stabiliti questi diritti i tribunali dell’Ecuador hanno applicato l’articolo 71 in decine di sentenze su casi riguardanti questioni ambientali, riconoscendo a entità naturali lo status di “persone” in senso giuridico, cosa che comporta la garanzia di certi diritti secondo la legge – almeno in teoria: non sempre le sentenze sono state fatte rispettare dalle autorità pubbliche. In genere sono persone per la legge le persone vere e proprie, ma anche le società. Attribuire la personalità giuridica a un fiume (o a una montagna, o a un lago) non è quindi un atto simbolico, ma una decisione che può avere ripercussioni concrete: una persona giuridica, come una persona fisica, può essere una parte in un contratto, fare debiti e fare causa ad altri esseri umani o società.

La prima volta in cui erano stati riconosciuti i diritti di un fiume in Ecuador era stata nel 2011, quando un tribunale aveva deliberato in favore del Vilcabamba, il cui flusso e le cui rive erano state modificate dalla costruzione di una strada. Per la prima volta nel 2022, l’articolo 71 è stato usato per riconoscere i diritti di un animale selvatico.

Nel caso del Machángara a fare causa al comune di Quito per i suoi problemi di inquinamento alla fine di maggio sono stati i Kitu Kara, una comunità indigena, insieme all’organizzazione ambientalista internazionale Global Alliance for the Rights of Nature (GARN). Il comune di Quito ha detto che presenterà ricorso contro la sentenza sul caso, ma in attesa dell’appello deve preparare un piano per la decontaminazione del fiume.

Dal 2008 anche in altri paesi del mondo sono stati introdotti diritti costituzionali per le entità naturali. È successo in modo simile all’Ecuador in altri paesi americani: Bolivia, Messico e Colombia. In altre parti del mondo invece sono state fatte delle leggi appositamente per i fiumi: Nuova Zelanda, Australia e Bangladesh. Sia nell’America del Sud che in Oceania sono state soprattutto le comunità indigene a promuovere questo nuovo approccio.

Nelle società cosiddette occidentali l’idea di considerare le entità naturali come persone giuridiche e non più come proprietà da sfruttare era stata proposta per la prima volta nel 1972 dal giurista statunitense Christopher Stone, ma solo di recente se ne è cominciato a discutere maggiormente sia nell’ambito dell’ambientalismo che in quello del diritto, per la maggiore consapevolezza dei danni all’ambiente causati dalle attività umane e della maggiore sensibilità sulle loro conseguenze.

Secondo un articolo di tre studiose di economia dell’ambiente pubblicato recentemente sulla rivista scientifica Ecological Economics, l’attribuzione di nuovi diritti a entità naturali ha lo scopo di permettere ai cittadini di intentare azioni legali in difesa degli ecosistemi anche quando un danno ambientale non causa danni alle persone, e dunque di proteggere più facilmente gli ambienti naturali dai danni causati da attività di sfruttamento economico. Ci sono comunque delle differenze da paese a paese.

In Ecuador, dove l’articolo 71 della Costituzione è stato scritto dopo decenni di contrasto ai progetti di espansione delle aziende minerarie, ogni cittadino può fare causa a una società in nome di un’entità naturale. Anche il territorio neozelandese chiamato Te Urewera è considerato una persona giuridica, ma può essere rappresentato solo da membri del gruppo etnico indigeno dei Tuhoe, che ne sono i “tutori”.

Non esiste però una scuola di pensiero davvero condivisa a livello internazionale a proposito di come dovrebbero essere introdotti e difesi i diritti delle entità naturali. Nel caso dei fiumi peraltro c’è anche un problema di definizione: un fiume è costituito dall’acqua che vi scorre, e che però cambia continuamente, o dal letto e dalle rive del fiume?

Anche nei paesi che hanno introdotto il riconoscimento della personalità giuridica per alcune entità naturali i confini non sono chiarissimi – non è chiaro ad esempio se a un fiume riconosciuto come persona si possa tecnicamente fare causa per un’alluvione – ed è probabile che servirebbero grossi cambiamenti per coniugare i sistemi legali attuali, molto basati sul concetto di proprietà, con il riconoscimento della personalità giuridica delle entità naturali.