In Russia sta bruciando una quantità di foreste grande come l’Abruzzo
Sembra che siano stati provocati da una siccità più acuta del solito: la regione più colpita è la Siberia
In Russia sono attualmente in corso decine di incendi di foreste: secondo le informazioni fornite dalle autorità russe sta bruciando circa un milione di ettari di foreste, cioè circa 10mila chilometri quadrati di terreno (è più o meno l’estensione della regione italiana dell’Abruzzo). La situazione per ora non sembra migliorare: la Russia ha un territorio immenso ma è anche uno stato relativamente povero, quindi non in grado realisticamente di spegnere tutti gli incendi di queste settimane. I territori più interessati sono la Siberia centro-meridionale e orientale e le ultime regioni ad aver dichiarato lo stato di emergenza sono quelle della Sacha e della Tuva, rispettivamente nel nordest e nel sud del paese.
Ieri il ministro per le Emergenze russo, Alexander Kurenkov, durante una conferenza stampa con il presidente Vladimir Putin trasmessa in televisione ha detto che attualmente «ci sono più di 500 focolai di incendi boschivi nel paese», su una superficie che copre appunto almeno 10mila chilometri quadrati. Kurenkov ha anche detto che dall’inizio dell’anno i focolai sono stati quasi 6mila su una superficie di oltre 35 mila chilometri quadrati. Il numero degli incendi è diminuito rispetto all’anno scorso, ma «la superficie dei terreni bruciati si è invece moltiplicata» di una volta e mezza rispetto allo scorso anno. Kurenkov sostiene che per combattere gli incendi siano state mobilitate più di 6mila persone (la Russia è un regime autoritario che mente regolarmente all’opinione pubblica interna, e verificare queste cifre è praticamente impossibile).
Gli incendi boschivi coinvolgono ogni anno vaste aree di foreste in Russia, in regioni che sono spesso remote e scarsamente popolate. Ma una quindicina di incendi, ora, sono attivi vicino ad aree popolate.
Il gran numero di incendi boschivi e la loro estensione sono legati alle condizioni meteorologiche di questa estate. La siccità particolarmente acuta delle ultime settimane, unita alle alte temperature, ha contribuito a favorirli: quando la vegetazione è molto secca il fuoco, infatti, si propaga meglio. Sia la siccità che le ondate di calore estive sono eventi estremi la cui maggiore frequenza è determinata dal cambiamento climatico. Secondo il ministro dell’Ambiente Alexander Kozlov quest’anno gli incendi sono iniziati un mese prima del solito «a causa di un’ondata di caldo anomala».
Una delle conseguenze dell’aumento del numero degli incendi e della loro ampiezza è inoltre un incremento delle emissioni di gas serra, che peggiorano la qualità dell’aria. Il consorzio Copernicus, il programma dell’Unione Europea per l’osservazione delle condizioni del pianeta, ha preso in considerazione le emissioni di incendi boschivi con il conseguente trasporto di fumo nella zona della Russia vicina al circolo polare artico nel mese di giugno e ha stabilito che le emissioni di anidride carbonica derivate dagli incendi di giugno sono le terze più alte in un mese degli ultimi due decenni (dopo quelle rilevate nel 2019 e 2020).
Secondo Gail Whiteman, docente dell’Università di Exeter, in Inghilterra e fondatrice dell’organizzazione scientifica Arctic Basecamp, «l’Artico è il punto di partenza dei cambiamenti climatici e l’aumento degli incendi in Siberia è un chiaro segnale d’allarme del fatto che questo sistema essenziale si sta avvicinando a pericolosi punti di svolta climatici. Ciò che accade nell’Artico non rimane lì: il cambiamento artico amplifica i rischi a livello globale per tutti noi. Questi incendi sono un grido d’allarme che richiede un’azione urgente». In Russia gli ambientalisti hanno comunque criticato come il governo sta intervenendo per far fronte alla situazione degli incendi, spesso ignorandola se il costo per spegnerli supera il danno stimato.