Si suicidano anche gli agenti di polizia penitenziaria

In sei si sono uccisi dall'inizio dell'anno, oltre a più di 50 detenuti, ma ci sono poche informazioni e dati pubblici: secondo i sindacati incidono molto le pessime condizioni degli istituti e la carenza di personale

La Casa Circondariale di Civitavecchia, a Roma
(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
La Casa Circondariale di Civitavecchia, a Roma (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
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Il 7 luglio si è ucciso un agente di polizia penitenziaria che da qualche mese era in servizio presso la Centrale nazionale operativa di Roma. Aveva 36 anni, ed era originario della provincia di Reggio Calabria: un passante l’ha visto accasciato nella sua auto nel quartiere di Pietralata, nella periferia nordest della capitale. Una settimana prima, il 30 giugno, si era suicidato un sovrintendente del corpo di polizia penitenziaria di 55 anni in servizio nel carcere di Favignana, in Sicilia. Nei giorni precedenti si era assentato dal lavoro, mettendosi in malattia. In tutto sei agenti si sono uccisi dall’inizio dell’anno, oltre ad almeno 53 detenuti.

Non sono disponibili dati ufficiali e pubblici riguardo al numero di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria: le notizie dei singoli casi vengono diffuse dai sindacati di categoria, dai giornali locali e nazionali. Esistono anche database indipendenti che tengono conto dei vari casi, che però non sempre sono aggiornati e in alcuni casi sono un po’ discordanti tra loro.

Uno è l’Osservatorio nazionale sul fenomeno del suicidio tra gli appartenenti alle forze dell’ordine, gestito dall’associazione Cerchio Blu, che fino a qualche anno fa era attiva nel settore dell’assistenza psicologica ai membri delle forze dell’ordine. Secondo i dati di Cerchio Blu, dal 2014 al 2022 si sono suicidati 57 agenti, con picchi di 11 agenti nel 2014 e nel 2019. Il numero di aprile 2024 della rivista del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe) ha aggiunto anche il dato del 2023, anno nel quale si è suicidato un agente, il numero più basso almeno degli ultimi dieci anni. Ci sono anche alcuni gruppi Facebook, come l’Osservatorio suicidi in divisa, che tengono conto dei casi di suicidio tra il personale delle forze dell’ordine.

La rivista del carcere di Padova Ristretti Orizzonti ha curato un database che mostra i suicidi tra gli agenti tra il 1997 e il 2018. Per alcuni anni i dati sono leggermente diversi rispetto a quelli di Cerchio Blu e del Sappe (per esempio, per il 2015 Ristretti Orizzonti ha contato tre suicidi, e Cerchio blu due), probabilmente a causa di differenze nei metodi con cui questi vengono raccolti. Secondo Ristretti Orizzonti, nell’arco di tempo considerato si sono uccisi 143 agenti di polizia penitenziaria.

Il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo, e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, durante il 207esimo anniversario del corpo di polizia penitenziaria (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Anche se i dati sono pochi e raccolti in modo autonomo l’incidenza dei casi è piuttosto evidente: gli studi specifici sulle cause e su come affrontarle però sono molto rari e spesso datati. I sindacati di polizia fanno spesso notare che l’incidenza di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria è assai più alta che nel resto della popolazione (così come lo è ovviamente quella tra i detenuti). Lo scorso giugno il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, di competenza del ministero della Giustizia, ha annunciato l’avvio di una collaborazione con l’università LUMSA di Roma per «analizzare in profondità» i fattori che possono causare disagio nel personale penitenziario.

«Il suicidio è innanzitutto un gesto profondamente individuale, legato alle vicende di ciascuno», dice Alessio Scandurra, coordinatore dell’Osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione degli adulti per Antigone. Al di là delle esperienze individuali, che sono decisive e su cui non si possono fare ipotesi, chi si occupa stabilmente di carceri e i sindacati di polizia ritengono che l’alto tasso di suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria sia fortemente influenzato dalle pessime condizioni degli istituti carcerari italiani, quasi sempre sovraffollati, sporchi e privi dei servizi basilari che dovrebbero essere garantiti ai detenuti, come l’assistenza medica e psicologica. «Sono contesti di lavoro pesantissimi, estremamente logoranti e usuranti», dice Scandurra. «Si lavora a stretto contatto con una popolazione detenuta che presenta multiple fragilità e bisogni», ai quali la polizia penitenziaria non sempre ha gli strumenti per rispondere adeguatamente.

«Le condizioni di lavoro degli agenti sono assolutamente proibitive», dice anche Gennarino De Fazio, Segretario generale del sindacato UIL Polizia penitenziaria. «I turni sono massacranti, arrivano a 24 ore ininterrotte, a causa anche dell’inadeguatezza dell’organico». Oggi infatti ci sono molti meno agenti carcerari di quelli che servirebbero: secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone, aggiornato al 2024, nelle carceri sono presenti 31.068 agenti, il 16 per cento in meno di quanti dovrebbero essere. In media ci sono 1,96 detenuti per ogni agente, a fronte degli 1,5 che sarebbero previsti. La situazione è particolarmente problematica in Lombardia, dove ci sono 2,5 detenuti per agente, e nel Lazio, con un rapporto di 2,2. Le regioni con i dati migliori sono invece Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta, con una media di 1,2 detenuti per agente.

La Casa Circondariale di Civitavecchia (ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

Le carceri più grandi sono anche quelle con meno agenti rispetto al numero di detenuti: a Poggioreale (Napoli) il rapporto è di 2,9, e al Regina Coeli di Roma ci sono 3 detenuti per ogni agente. Al carcere Giuseppe Panzera di Reggio Calabria ci sono 3,39 detenuti per ogni agente, un valore più che doppio rispetto a quello previsto.

– Leggi anche: 80 persone detenute in condizioni invivibili nel carcere di Sollicciano sono state trasferite

Come detto, dall’inizio dell’anno nelle carceri italiane si sono uccisi anche più di 50 detenuti: l’ultimo era un uomo di nazionalità tunisina che si è suicidato il 4 luglio nel carcere di Sollicciano, a Firenze, causando una protesta da parte di 80 detenuti. La maggior parte di queste persone è poi stata trasferita in altre carceri, dopo che le sezioni nelle quali vivevano sono state dichiarate inagibili a causa della presenza di topi, cimici, piccioni, muffa e gravi infiltrazioni d’acqua, oltre a un caldo insopportabile nei mesi estivi e al forte freddo durante l’inverno.

Secondo De Fazio, il numero altissimo di suicidi tra persone che hanno a che fare quotidianamente con l’ambiente carcerario rischia di creare un generale senso di «assuefazione». «Il suicidio è un gesto estremo, ma nelle prigioni si verifica con frequenza quotidiana. Superata una certa soglia non se ne avverte più l’eccezionalità», dice.

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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.