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  • Martedì 9 luglio 2024

Perché il Rassemblement National è andato così male, al secondo turno?

Molti citano il sistema elettorale francese e l'accordo fra i partiti di centro e di sinistra: secondo alcuni c'entrano lacune e inadeguatezze interne al partito

Due attivisti del RN delusi dalla sconfitta del partito al secondo turno delle elezioni legislative, fotografati durante il party organizzato dal partito durante lo spoglio, 7 luglio 2024 (Carl Court/Getty Images)
Due attivisti del RN delusi dalla sconfitta del partito al secondo turno delle elezioni legislative, fotografati durante il party organizzato dal partito durante lo spoglio, 7 luglio 2024 (Carl Court/Getty Images)
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Al secondo turno delle elezioni legislative francesi il partito di estrema destra Rassemblement National (RN) e i suoi alleati, che erano stati i più votati al primo turno del 30 giugno, sono arrivati terzi per numero di seggi, dietro alla coalizione di sinistra e a quella centrista del presidente Macron. Nella nuova Assemblea Nazionale RN avrà 143 deputati, molti meno di quanto i leader del partito si aspettavano e anche di quanto indicato dai sondaggi.

Diversi giornali stanno provando a spiegare questo risultato inatteso: si citano molto gli accordi presi fra la sinistra e i centristi per far convergere i voti su un candidato unico al secondo turno, ovviamente, ma anche alcune particolarità del sistema elettorale francese e alcuni problemi interni al partito, emersi con forza negli ultimi giorni.

Subito dopo i deludenti risultati del secondo turno Jordan Bardella, il presidente di RN, ha attribuito la sconfitta alle «alleanze del disonore» tra il campo presidenziale e la sinistra facendo riferimento alla strategia della desistenza e del cosiddetto “fronte repubblicano” che ha portato più di 200 candidati arrivati terzi a ritirarsi dal ballottaggio per concentrare i voti della sinistra e dei moderati contro l’estrema destra. È a causa di questa strategia, secondo Bardella, che il suo partito è arrivato terzo. In questa sua analisi c’è una parte di verità, ma le cose sono più complesse.

Sembra ormai chiaro che il sistema a doppio turno delle elezioni legislative non favorisca i partiti più radicali. I flussi di voto di queste elezioni hanno mostrato, e non sarebbe la prima volta, che gli elettori e le elettrici il cui candidato era stato eliminato al primo turno o si è ritirato in vista del secondo hanno votato per il candidato che sembrava meno lontano dalle proprie idee, rivolgendosi alla parte politica appena contigua alla propria: i francesi sono insomma disposti al cosiddetto “voto utile”, almeno al secondo turno, e predisposti, se non appartengono a partiti radicali, a una certa volatilità. Secondo questa analisi il partito guidato da Bardella avrebbe quindi un ostacolo strutturale che al momento gli impedisce di vincere alle elezioni legislative.

Certo, la sua fama di partito estremo e radicale non nasce ieri, ma è stata costruita negli anni ed è ancora molto diffusa, nonostante i recenti tentativi di istituzionalizzazione. RN viene ancora percepito come un partito fortemente politicizzato a destra: e questo vale non solo per elettori ed elettrici, ma anche per le personalità politiche che è riuscito ad attrarre e a candidare.

Da quando è alla guida del partito Bardella ha ridato slancio a un processo di “normalizzazione” che era già stato avviato da tempo da Marine Le Pen, volto a dare un’immagine più moderata e rassicurante al Rassemblement National per lasciarsi alle spalle, almeno apparentemente, una pesante eredità razzista e antisemita ed espandere la sua base elettorale. Questa operazione è stata chiamata dédiabolisation, “dediavolizzazione”. Inoltre Bardella ha più volte affermato di voler costruire una maggioranza che sia «la più ampia possibile». Ma mentre questa operazione era ad esempio riuscita nel 2017 al movimento di Emmanuel Macron, che aveva attirato esponenti politici e candidati sia di sinistra che di destra, negli ultimi anni RN ha sostanzialmente sottratto candidati solo ai partiti della destra o dell’estrema destra.

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Nel 2022, quando Bardella era diventato presidente di RN, aveva fissato alcune priorità per il suo partito: aprire il movimento a un nuovo elettorato, quello deluso dalla destra e da altri partiti di estrema destra; formare «una nuova élite» pronta a governare e rinnovare i dirigenti interni, e migliorare il percorso verso le future elezioni. Solo il primo obiettivo, dice Le Monde, è stato realizzato: e la campagna per le legislative ha mostrato diverse altre lacune interne.

In diversi casi il partito è sembrato mancare di un certo coordinamento al vertice. RN è innanzitutto un partito con due leader, quindi con una struttura gerarchica inedita per un grande partito occidentale: Bardella e Marine Le Pen, fino a poco tempo fa unico volto pubblico di RN. In alcune occasioni Bardella si è allontanato da alcune linee del partito, esprimendosi ad esempio contro i prezzi minimi per i prodotti agricoli dopo la protesta degli agricoltori ampiamente sostenuta da RN, costringendo Le Pen a intervenire per chiarire quale fosse la loro posizione ufficiale. Nonostante Le Pen non abbia mai rivolto una critica diretta a Bardella, queste divergenze sono state ampiamente notate e sottolineate. E non sono state le uniche: durante la campagna elettorale per le legislative diversi altri esponenti del partito hanno fatto dichiarazioni tra loro contraddittorie sul programma.

Un altro problema di RN ha a che fare con l’assenza di meritocrazia interna e con i candidati e le candidate che ha selezionato. Ce n’erano diversi che avevano, innanzitutto, legami familiari con alcuni importanti dirigenti del partito e ce n’erano molti altri piuttosto controversi: alcuni accusati di antisemitismo, di razzismo, di violenza domestica, o complottisti di vario genere.

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Infine c’erano decine di candidati e candidate senza alcuna esperienza politica, spesso giovani e che avrebbero dovuto incarnare il nuovo volto di RN e contribuire ad ampliare la sua base elettorale. Ma quella che i giornali francesi definiscono «generazione Bardella» non ha raggiunto l’obiettivo. Per il sociologo Erwan Lecœur, l’insistenza su candidati “normali” è stata solo in parte il risultato di una strategia elettorale: «L’idea era quella di presentare candidati normali, che fossero come voi e come me. Un po’ come ha fatto La République en Marche (il primo nome del partito di Emmanuel Macron, ndr) nel 2017», ha detto a Le Monde. Ma queste candidature, dall’altra parte, riflettono anche una debolezza del partito: «Ancora oggi in RN mancano personalità presentabili e affidabili».

I dibattiti tra i due turni, organizzati su giornali e televisioni locali, sono stati l’occasione in cui è emersa l’impreparazione di buona parte dei candidati. Dylan Lemoine, dell’Ille-et-Vilaine, ha denunciato ad esempio con forza l’aumento dell’insicurezza avvertita dai residenti del collegio dove lui era candidato dopo l’apertura di un centro di accoglienza per minori non accompagnati. Il problema è che il centro in questione non era ancora stato aperto. Il video con le sue dichiarazioni è diventato virale, così come molti altri.

Per esempio quello di un’altra candidata, Cyline Humblot-Cornille, che alla domanda su come RN avrebbe finanziato le proposte presenti nel programma ha risposto con la lotta all’immigrazione. Ha fatto parlare di sé anche Paule Veyre de Soras, candidata della Mayenne, che in un’intervista alla rivista LeGlob ha dichiarato di avere «un ebreo come oculista e un musulmano come dentista», per respingere ogni accusa di razzismo.

Queste uscite hanno finito per pesare sulla campagna elettorale e sul voto degli elettori, come riconosciuto da alcuni dirigenti di RN: «La credibilità dei candidati è un elemento molto importante. Dobbiamo rassicurare l’elettorato, ma abbiamo avuto candidati estremamente divisivi, a volte anche preoccupanti», ha detto ad esempio Bruno Bilde, deputato di RN eletto a Pas-de-Calais.

Subito dopo il risultato delle legislative Bardella si è assunto alcune responsabilità dicendo che «si commettono sempre degli errori» e che lui «alcuni» ne ha fatti: «Mi assumo la mia parte di responsabilità sia per la vittoria alle elezioni europee che per la sconfitta alle legislative». Ma finora a pagare il peso di questi errori non è stato lui, bensì il direttore generale del partito: Gilles Pennelle, molto vicino a Philippe Olivier, principale consigliere di Marine Le Pen, che ha presentato le proprie dimissioni.