Una settimana sopra i 40 gradi, in una città da 20 milioni di abitanti
A fine giugno a Karachi, in Pakistan, sono morte centinaia di persone a causa del caldo anomalo, che colpisce soprattutto le persone con meno mezzi per difendersi
A fine giugno a Karachi, la più popolosa città del Pakistan nonché una delle più popolose al mondo, le temperature massime hanno superato i 40 gradi per otto giorni consecutivi, con picchi superiori ai 45 gradi. Non succedeva dal 2015, quando per una simile ondata di calore morirono più di 1.200 persone. Il caldo anomalo così prolungato di quest’anno ha causato centinaia di morti, soprattutto tra le fasce più povere di una città dove abitano circa 20 milioni di persone. A causa del cambiamento climatico il caldo anomalo è e sarà sempre più frequente in Asia nel periodo dell’anno che precede la stagione dei monsoni, che in Pakistan va dalla fine di giugno a settembre.
Karachi è una città portuale che si affaccia sul mar Arabico, ed è in pratica la capitale economica del Pakistan (quella ufficiale e politica è Islamabad). Il New York Times ha pubblicato un reportage in cui spiega che quanto avvenuto «è un brutale promemoria del bilancio delle vittime del cambiamento climatico in una parte del mondo particolarmente vulnerabile ai suoi effetti, in un paese dove un governo inefficiente e grandi disparità economiche hanno ingigantito le sofferenze per i cittadini più poveri».
Oltre al caldo ci si è messa anche l’umidità. L’indice di calore – cioè quella che viene impropriamente chiamata “temperatura percepita”, che combina le misurazioni di temperatura e umidità relativa con altri fattori – ha raggiunto i 55 gradi centigradi. Diverse persone sono svenute o si sono sentite male per strada. Gli ospedali della città si sono riempiti di persone gravemente disidratate, con sintomi come febbre alta, debolezza, nausea, vomito e diarrea.
L’obitorio più grande della città ha ricevuto un numero di corpi tre volte superiore al normale. Tra il 23 e il 30 giugno sono stati portati 700 morti nelle strutture della principale fondazione che gestisce obitori e si occupa di soccorso sanitario.
Non tutte le morti vengono ufficialmente attribuite al caldo. Molte vengono registrate sotto altre cause, che però sono potenzialmente legate a temperature molto alte: è il caso di morti per febbre o infarto. Questo potrebbe «oscurare il vero impatto [del caldo]», secondo Erum Haider, una ricercatrice del College of Wooster, in Ohio, intervistata dal New York Times.
Le persone che rischiano di più un colpo di calore (ipertermia) sono quelle che lavorano all’aperto, e non possono saltare neanche una giornata di lavoro perché vivono in condizioni economiche precarie. Queste persone si spostano in bicicletta o con i mezzi pubblici, perché non possono permettersi un’automobile o in generale un mezzo privato: e quindi sono più esposte di altre alle alte temperature. In una città così grande, estesa su una superficie di 3.780 chilometri quadrati (quasi come il Molise), il tragitto per andare al lavoro può durare ore.
Più del 60 per cento della popolazione di Karachi, inoltre, vive in baraccopoli che si trovano soprattutto lungo i principali canali di scarico dell’acqua piovana. Queste zone della città sono densamente popolate ma prive di accesso a servizi di base: in pratica sono enormi distese di case di bambù con tetti di lamiera. Le forniture di acqua ed elettricità, quando ci sono, vengono frequentemente interrotte.
Nelle baraccopoli poi non esiste l’aria condizionata, ovviamente, e senza corrente elettrica è impossibile far funzionare anche solo un ventilatore. I blackout possono durare da sei a sedici ore al giorno e causano ulteriori problemi: per esempio, quando salta l’elettricità va a male il cibo conservato nei frigoriferi, ma chi vive nei sobborghi è costretto a mangiarlo lo stesso, perché non ha alternative: così sono aumentati i casi di intossicazione alimentare.
«In sostanza, il caldo si abbatte in maniera sproporzionata sui poveri», ha scritto Dawn, il principale quotidiano pakistano in lingua inglese. Le autorità hanno consigliato alle persone di indossare vestiti di colori chiari e bere molto, ma l’acqua è scarsa. Molte persone dipendono dalle forniture di aziende private, che la vendono in taniche, il cui costo è raddoppiato negli ultimi mesi. Per questo, racconta il New York Times, alcuni abitanti delle baraccopoli hanno improvvisato blocchi stradali di protesta.
Le piogge di questi giorni hanno migliorato la situazione, anche se possono causare problemi di un altro tipo. Nel 2022 alluvioni e inondazioni uccisero 1.739 persone, distruggendo le case di due milioni di persone. Secondo l’ONU questa stagione dei monsoni non sarà altrettanto disastrosa, ma avrà comunque conseguenze significative per 200mila persone.
Le temperature massime in Asia durante la stagione dei monsoni sono oggi più alte di 0,85 gradi rispetto a qualche anno fa a causa del cambiamento climatico. «Il Pakistan è il quinto paese al mondo più vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico», ha detto a fine maggio Rubina Khursheed Alam, l’inviata speciale per il Clima del governo pakistano. In Pakistan le piogge sono più intense anche per la presenza dei ghiacciai, a nord del paese, che si stanno sciogliendo sempre per via dell’aumento delle temperature.
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