La storica settimana di Biniam Girmay al Tour de France
Il 24enne eritreo è diventato il primo ciclista nero a vincere una tappa al Tour de France, e lui stesso ne ha sottolineato l'importanza: pochi giorni dopo ne ha vinta un'altra
Domenica 7 luglio si è conclusa la prima settimana del Tour de France maschile, la corsa ciclistica più prestigiosa al mondo, che quest’anno per la prima volta è cominciata in Italia e che finirà domenica 21 luglio a Nizza. Il 25enne sloveno Tadej Pogačar, uno dei più attesi e già vincitore quest’anno del Giro d’Italia, per il momento sta rispettando le aspettative: ha vinto la difficile tappa di montagna con il Col du Galibier ed è primo in classifica generale con 33 secondi di vantaggio su Remco Evenepoel e 75 secondi su Jonas Vingegaard. Un corridore di cui si è parlato moltissimo e in modo inaspettato è stato però l’eritreo Biniam Girmay, che ha vinto due tappe ed è diventato il primo ciclista nero a vincere una tappa al Tour de France.
Girmay ha 24 anni, è un velocista (cioè è bravo nelle gare in cui i ciclisti arrivano in volata e devono esprimere la massima potenza in poche centinaia di metri nello sprint finale) e corre per la squadra Intermarché-Wanty, con la quale già due anni fa aveva vinto la sua prima tappa al Giro d’Italia (anche in quel caso era stato il primo ciclista nero a farlo). Quest’anno al Tour ha vinto la volata di Torino, alla terza tappa, e quella di Colombey-les-Deux-Églises all’ottava. Dopo l’arrivo a Torino aveva detto: «Oggi tutti crederanno che i corridori africani possono fare qualsiasi cosa» e sui social ha condiviso una foto con la didascalia «Let me open the door», lasciate che apra la porta.
Si riferiva probabilmente proprio al valore simbolico della sua vittoria in quanto persona nera: nel World Tour, il principale circuito di corse ciclistiche, nel 2023 c’erano solo sei corridori neri su 534 e in questo Tour de France Girmay è l’unico sui 176 iscritti. Questa scarsa presenza di persone nere segnala più che altro la mancanza di opportunità e investimenti in alcune parti del mondo, come l’Eritrea, da cui proviene Girmay, e più in generale i paesi africani. Con quella frase Girmay sembra insomma auspicare che la sua vittoria possa portare maggiori attenzioni al ciclismo in certe zone in cui è meno presente e sviluppato.
Nella sua newsletter quotidiana sul Tour de France, lo scrittore Leonardo Piccione ha scritto che «Girmay è uno di quei campioni che non vincono mai solo per se stessi, che hanno una responsabilità che non si sono scelti e che talvolta li atterrisce, ma che lui abbraccia con una consapevolezza lucida, non per questo distaccata: trattiene a fatica le lacrime mentre ringrazia la sua famiglia, la sua squadra, l’Eritrea, l’Africa intera, un climax che parte da un individuo e arriva a un continente».
In Eritrea il ciclismo è molto popolare, in parte come retaggio del periodo coloniale italiano, durato dall’ultimo decennio dell’Ottocento fino alla Seconda guerra mondiale, anni in cui era uno sport già molto seguito in Italia. Come scrive La Gazzetta dello Sport, il Giro di Eritrea del 1946 fu la prima corsa a tappe organizzata da un paese africano, mentre nel 2015 due ciclisti eritrei parteciparono per la prima volta al Tour de France: Merhawi Kudus e Daniel Teklehaimanot, che diventò il primo corridore nero a indossare la maglia a pois, quella del miglior scalatore, cioè il ciclista che ottiene più punti nelle tappe di montagna. Girmay ha raccontato di aver pensato seriamente di poter correre il Tour de France proprio guardando Teklehaimanot, anche se i corridori a cui si ispirava erano velocisti come Peter Sagan e Mark Cavendish, che proprio l’altro giorno è diventato il ciclista con più tappe vinte nella storia del Tour de France.
In Eritrea Girmay è diventato famosissimo e quando vince una gara importante le persone festeggiano in strada come per una vittoria ai Mondiali di calcio
Il 2018 fu un anno importante per Girmay, perché vinse per la prima volta i campionati africani Juniores (sia la prova in linea sia quella a cronometro) e si trasferì in Svizzera per entrare nel World cycling centre di Aigle, il centro di allenamento in cui l’Uci, l’Unione ciclistica internazionale, allena i giovani ciclisti provenienti dai paesi emergenti. In una delle sue prime gare europee, l’Aubel-Thimister-Stavelot (una gara giovanile di un giorno che si corre in Belgio), arrivò primo battendo Remco Evenepoel in volata. Nel 2021 entrò nella Intermarché e fece il suo esordio nel World Tour mentre nel 2022 si affermò come velocista di buon livello, vincendo la Gent-Wevelgem e la decima tappa del Giro d’Italia, con traguardo a Jesi.
Lo scorso anno è stato più complicato, per via di alcuni infortuni e cadute, ma in questi giorni sta dimostrando di essere un corridore d’élite, perché alle volate di questo Tour de France partecipano molti dei più quotati velocisti al mondo: a Colombey-les-Deux-Églises ha superato per pochissimo il belga Jasper Philipsen, che oggi viene considerato il migliore. «Per la prima volta in carriera ha messo a segno vittorie multiple nello stesso grande giro, compiendo un passo chiave verso l’evoluzione che talora porta i velocisti a diventare accumulatori seriali di desideri realizzati», ha scritto ancora Piccione. Girmay oggi indossa la maglia verde, quella assegnata al leader della classifica a punti (i punti si fanno arrivando nelle prime posizioni al traguardo ma anche in alcuni traguardi intermedi, lungo la corsa).
Nel 2025 per la prima volta i Mondiali di ciclismo si terranno in Africa, in Ruanda (dal 2019 alla principale corsa ciclista del paese, il Tour du Ruanda, partecipano anche squadre del circuito World Tour). Nei paesi africani il ciclismo sta crescendo, ma le scarse possibilità economiche e infrastrutturali sono ancora un ostacolo importante per gli organizzatori di corse e per i ciclisti, molti dei quali scelgono di spostarsi in Europa. «C’è tantissimo talento in Africa e se ai ciclisti viene data un’occasione ottengono buoni risultati. Il problema è avere quell’occasione», ha detto Natnael Tesfatsion, un altro ciclista professionista eritreo.