Keir Starmer visita un cantiere durante la scorsa campagna elettorale, il 20 giugno a York (Ian Forsyth/Getty Images)

Adesso arriva il difficile per i Laburisti britannici

Le aspettative dei cittadini sono alte, e i problemi strutturali del paese numerosi: il nuovo primo ministro Keir Starmer dovrà provare a risolverli con risorse limitate

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I Laburisti britannici sono appena tornati al governo dopo 14 anni passati all’opposizione. Venerdì nel suo primo discorso ufficiale da primo ministro il leader del partito Keir Starmer ha promesso che «il lavoro per il cambiamento inizierà subito»: la tradizionale pausa estiva del parlamento è infatti stata rimandata di qualche settimana, proprio per permettere al governo, che si insedierà ufficialmente il 18 luglio, di iniziare subito a lavorare. Starmer ha una certa fretta di cominciare perché, per varie ragioni, la fase più complicata per i Laburisti inizia ora, dopo la netta vittoria ottenuta alle elezioni generali del 4 luglio.

Dopo così tanti anni di governi dei Conservatori, le aspettative dei cittadini sono alte su vari problemi che vanno avanti da tempo, e che non sarà semplice risolvere in un paese con una situazione economica complicata. Nel suo primo discorso Starmer ha detto che il Regno Unito va ricostruito «mattone dopo mattone».

Per farlo potrà contare su una larghissima maggioranza. Il Partito Laburista ha ottenuto 412 seggi sui 650 totali della Camera dei Comuni, la camera bassa del parlamento britannico: un risultato solo leggermente inferiore al migliore di sempre, quello del 1997, quando i Laburisti di Tony Blair ottennero 418 seggi. In termini di voti, le proporzioni sono però diverse. Giovedì i Laburisti hanno preso più di 9,6 milioni di voti: meno di quelli ricevuti nel 2017 (12,8 milioni) e nel 2019 (10,2 milioni), quando il partito era guidato da Jeremy Corbyn.

Il primo discorso di Keir Starmer da Downing Street, residenza del primo ministro britannico, il 5 luglio (Leon Neal/Getty Images)

I laburisti hanno quindi stravinto pur senza prendere una fetta enorme di voti. Questo è stato reso possibile un po’ dalla loro strategia, molto efficace nel concentrare la campagna elettorale nei seggi che ritenevano di poter vincere, e un po’ dalle divisioni a destra. Il partito di Nigel Farage, Reform UK, ha infatti sottratto una quota vicina al 20 per cento dei consensi dei Conservatori: con il sistema elettorale uninominale secco, in cui in ogni collegio viene eletto il candidato o la candidata che ha ottenuto anche un solo voto in più degli altri, la presenza di Reform UK è risultata decisiva nel rendere così ampia vittoria dei Laburisti.

L’ultimo discorso da primo ministro di Rishi Sunak, il 5 luglio (AP Photo/Kin Cheung)

In cinque circoscrizioni i Laburisti hanno invece perso contro candidati indipendenti pro Palestina. Il partito, in media, è calato dell’11 per cento nei collegi elettorali con una popolazione musulmana superiore al 10 per cento.

Questa possibile divisione nell’elettorato di sinistra sulla politica estera andrà verificata nei primi atti del governo di Starmer. Riguardo alla guerra nella Striscia di Gaza, aveva causato molte polemiche a sinistra un’intervista radiofonica dello scorso ottobre in cui Starmer aveva detto che Israele aveva il diritto di bloccare le forniture di acqua ed elettricità a Gaza.

Alcuni manifestanti per la Palestina contestano i Laburisti, il 27 giugno, a Stoke-on-Trent (Cameron Smith/Getty Images)

La politica estera è uno dei temi – forse l’unico – su cui Laburisti e Conservatori la pensano allo stesso modo, ed è probabile che le politiche del nuovo governo saranno in continuità con il precedente, soprattutto nel sostegno all’Ucraina e nella fedeltà alla NATO. Starmer ha poi lasciato intendere, in modo però piuttosto vago, di voler riaprire un dialogo con l’Unione Europea per favorire i commerci.

Sono però i problemi relativi alla politica interna quelli su cui c’è più aspettativa tra i cittadini, secondo i sondaggi fatti prima delle elezioni.

Una delle questioni più sentite è come rimettere in sesto il sistema sanitario nazionale (NHS), da sempre un vanto del Regno Unito e oggi in declino, con lunghissime liste di attesa per i pazienti e carenza di personale medico e paramedico.

Il nuovo primo ministro ha detto più volte di non ritenere che la soluzione alla crisi dell’NHS, aggravata dagli anni della pandemia, sia aumentare i finanziamenti. L’idea dei Laburisti è piuttosto quella di riformarlo per arrivare a ridurre le liste d’attesa, in cui al momento ci sono più di 7,5 milioni di persone. Il piano prevede nuove assunzioni, soprattutto nel settore dei dentisti, e retribuzioni più alte per far lavorare lo staff medico dell’NHS anche nei weekend e in orari serali. I Laburisti hanno poi promesso una riforma del sistema di prenotazioni degli appuntamenti per visite con medici di famiglia, che oggi funzionano accettando ogni giorno prenotazioni sulla base dell’ordine di chiamata, causando un enorme caos alle 8 della mattina e non tenendo in conto le reali esigenze dei pazienti.

Su un altro tema che è stato considerato centrale dai Conservatori, il contrasto all’immigrazione irregolare, Starmer ha indicato un cambio radicale rispetto alle misure messe in atto o proposte dai precedenti governi (partendo dalla rinuncia al controverso piano dei Conservatori per deportare in Ruanda le persone migranti) ma ha detto di voler comunque procedere ai rimpatri dei migranti irregolari e perseguire più attivamente i datori di lavoro che danno loro impiego. Il programma dei Laburisti prevede poi di creare una “Unità di controllo” delle frontiere con poteri simili alle unità antiterrorismo del passato per limitare gli sbarchi.

Keir Starmer durante un evento della campagna elettorale a Londra, il 29 giugno (Alishia Abodunde/Getty Images)

La situazione economica è molto difficile. In termini reali, i salari sono praticamente fermi ai livelli di prima della crisi economica del 2008. Ci sono quasi tre milioni di disoccupati a causa di malattie croniche; 6,7 milioni di persone ricevono lo Universal Credit, un sussidio statale, e in molti casi hanno un lavoro, che però non gli basta per vivere. In più ci sono gli effetti di Brexit: secondo le stime del governo britannico sul lungo periodo il PIL del paese crescerà in media il 4 per cento in meno rispetto a uno scenario in cui il Regno Unito fosse rimasto all’interno dell’Unione Europea.

In campagna elettorale Starmer aveva promesso che con le misure economiche del nuovo governo non sarebbero state introdotte nuove tasse; che le tasse per le aziende avrebbero avuto come massimo il 25 per cento attuale; che sarebbe aumentato il salario minimo per renderlo più congruo con il costo della vita; e che sarebbe stato istituito un sistema di rivalutazione delle pensioni. Per aiutare le famiglie i Laburisti vogliono costruire 3.000 nuovi asili e scuole primarie e fornire ai bambini delle famiglie più povere una colazione gratuita nelle scuole (il progetto “Free breakfast club”). Sono tutte misure molto costose, che dovrebbero essere finanziate con una razionalizzazione delle spese in altri settori e con un rilancio dell’economia: non sarà facile.

Sono ambiziose anche le misure a sostegno dell’ambiente, per esempio il progetto di indipendenza energetica del Regno Unito, da raggiungere con fonti rinnovabili entro il 2030. Per la stessa data il nuovo governo si propone di mettere fine alla vendita di auto a benzina o diesel, favorendo il passaggio ad auto elettriche.

Nel campo dei trasporti la misura più importante è il progetto di nazionalizzare la rete ferroviaria passeggeri alla scadenza delle attuali licenze dei privati. Riguardo all’emergenza abitativa, che interessa molte città del Regno Unito con prezzi molto alti delle case in vendita o in affitto, è stato proposto un piano per costruire 1,5 milioni di nuove case nei prossimi cinque anni: molti osservatori lo ritengono poco realistico, come scrive Bloomberg.

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