Il punto di non ritorno
Joe Biden non può tirarsi fuori da questo guaio, spiega Francesco Costa nella newsletter Da Costa a Costa di questa settimana
di Francesco Costa
Non vedo come Joe Biden possa restare candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Non è impossibile che lo rimanga, sia chiaro. Lui ci sta provando e ormai avrete capito che non si può escludere niente. Ma non sarei onesto se oggi vi raccontassi qualcosa di diverso da quello che mi sembra di osservare. Posso sbagliarmi, correrò il rischio: ma posso anche spiegarmi. E non è solo il dibattito.
La storia dei dibattiti è costellata di errori. Ma non era mai accaduto che un candidato si mostrasse dal primo all’ultimo minuto incapace di articolare le parole, a tratti addirittura privo di lucidità. Se ne parlerà per decenni. Da allora è come se si fosse crepato un argine, dal quale stanno sgocciolando sondaggi sempre peggiori, voci incontrollate dalla Casa Bianca, richieste di ritiro dal suo partito, freddezza dai pezzi grossi, panico e depressione tra elettori e finanziatori. E poi c’è la cosa peggiore di tutte: quello che Biden non ha fatto, da quel disastroso giovedì sera.
Come disse Harvey Dent, o muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo. Una cosa che ha fatto il comitato Biden dopo il dibattito: applicare al presidente del bronzer, dopo che al dibattito aveva un colorito cadaverico. Quindi ora abbiamo due candidati arancioni.
Joe Biden non ha organizzato una conferenza stampa – lunga, tosta, rispondendo a ogni domanda – per dimostrare di essere in grado di fare quello che ci si aspetta da un candidato o da un presidente. Fino a metà della settimana non aveva parlato con i governatori, con i parlamentari del suo partito o con lo staff della Casa Bianca. Ha dato un’intervista alla radio, nessuno ha capito cosa ha detto e si è di nuovo impappinato cercando di dire tre cose diverse contemporaneamente.
Stanotte ha dato un’intervista televisiva, la cosa più grande messa in piedi dal suo comitato per cercare di invertire la rotta. È durata in tutto 22 minuti. Trasmessa in differita, anche se senza tagli. Condotta da un giornalista amico. E comunque non è andata bene. La voce era impastata, l’impostazione delle frasi caotica, è capitato ancora che Biden si perdesse a metà risposta. Meglio del dibattito, ma niente che rassicuri nessuno.
Col senno di poi, questo comizio è esattamente il tipo di operazione con cui il comitato Biden era riuscito fin qui a mascherare le più grosse difficoltà del presidente. Biden qui se la cava dignitosamente: ma era pomeriggio, stava leggendo da un gobbo elettronico, il contesto era prevedibile e attorno aveva un pubblico che lo osannava.
Esistono precedenti e saperi consolidati a cui si ispirano i candidati quando devono gestire una storiaccia: bisogna fare qualcosa per chiudere il caso e spostare l’attenzione dell’opinione pubblica. Possiamo solo ipotizzare le ragioni per cui Biden e i suoi non ci abbiano nemmeno provato. Anche perché questa storia non è nuova. Se non mettiamo questo punto fermo, non capiamo perché le cose sono precipitate in questo modo.
Già nella prima puntata di questa stagione di Da Costa a Costa, all’inizio di gennaio, vi avevo scritto di come Biden fosse a un solo momento «Presidente? Presidente?» dalla fine della propria carriera. A febbraio vi avevo raccontato di come Biden fosse troppo stanco per prendere impegni serali e di come la Casa Bianca stesse facendo di tutto «per ridurre il più possibile il tempo che trascorre davanti alle telecamere», di come nessun presidente avesse dato meno interviste di lui, di come secondo l’86 per cento degli americani fosse troppo anziano per fare il presidente.
Nel 2008 un famoso spot di Hillary Clinton chiedeva agli americani chi avrebbero voluto rispondesse a una «telefonata delle 3 del mattino», cioè un’emergenza che minacci la sicurezza nazionale: voleva criticare Barack Obama per la sua inesperienza, senza nominarlo. Cosa ha detto Biden pochi giorni fa per rassicurare i suoi? Che non lavorerà più dopo le otto di sera. Ok.
Il dibattito doveva servire a Biden proprio a dimostrare il contrario – era stato anticipato per questo! – e quindi rassicurare tutti sulle sue condizioni e fare di questa campagna elettorale un referendum su Trump. Era questa l’intera strategia del suo comitato: per quanto Biden possa essere anziano, pensavano, le persone non preferiranno quel delinquente a lui. Ma Biden è stato così inadeguato che ora la campagna è diventata un referendum su di lui. L’intera strategia della sua campagna è saltata.
E quindi proviamo con ogni prudenza a ricostruire cosa è successo in questi giorni e ipotizzare gli scenari più realistici da qui in poi: cosa è successo e poi non cosa vorremmo che accada, ma cosa pensiamo che accada. I sondaggi svolti subito dopo il dibattito mostravano… (continua)
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